L'Inter non ingrana. Ed è nei momenti di crisi che ci si dovrebbe fermare a riflettere sui motivi che hanno condotto a una situazione così delicata. La squadra nerazzurra ha tanti problemi, indubbiamente: uno su tutti la fatica enorme che fa per arrivare a concludere in porta con pericolosità. Perché se è vero che rispetto al recente passato è aumentata la gestione del pallone e la presenza nella metà campo avversaria, è anche vero che si segna pochissimo e si calcia verso il portiere avversario con evidente difficoltà.

RARISSIMI I GOL SU AZIONE - Al di là degli infortuni e della scarsa scelta a disposizione di Mazzarri, il dato che risalta in queste prime dieci giornate è inquietante. Solo 15 gol segnati. E se escludiamo la vendemmia con il Sassuolo, restano 8 gol in 9 partite. Di questi 8, soltanto 2 sono arrivati su azione (Kovacic a Palermo ed Hernanes col Napoli). Per il resto, le marcature nerazzurre sono state frutto di punizioni o calci di rigore. Che alla fine contano tanto quanto un gol su azione, intendiamoci, però vale senza dubbio la pena analizzare la fatica enorme che fa l'Inter per andare a rete.

ATTACCO MONOTONO - Il gioco di Mazzarri, si è detto e ripetuto, si basa sugli esterni. Ebbene, l'Inter in questa stagione sembra aver capovolto l'indole del proprio allenatore. Per vie laterali si va sempre di meno, preferendo un fraseggio spesso sterile in mezzo al campo. Complici gli infortuni di D'Ambrosio, Jonathan e Nagatomo, il tecnico nerazzurro si è adattato alla meno peggio ed è chiaro che questa è un'attenuante da tenere in considerazione. Però la filosofia di una squadra dovrebbe restare immutata al di là degli interpreti o, quantomeno, non essere snaturata. Invece si vede un'Inter che traccheggia col pallone sulle zolle del centrocampo, tessendo una ragnatela di sterili passaggi orizzontali. Il più delle volte, poi, Hernanes e Kovacic sono costretti a portar palla più per il mancato movimento dei compagni che per propria volontà. Quindi, l'azione risulta stagnante e prevedibile al di là delle caratteristiche peculiari degli interpreti in campo.

MANCA LA PROFONDITÀ - L'unico in grado di garantire un minimo di profondità resta Rodrigo Palacio, sebbene sia l'ombra del cecchino ammirato nelle ultime due stagioni. E il problema non è affatto Medel, come qualcuno sostiene. L'Inter non avrà un regista “alla Pirlo”, ma non è detto che sia un male. In una mediana a tre, puoi avere un regista basso e due interni “di gamba” oppure un recuperatore di palloni davanti la difesa e due cervelli ai suoi lati. Medel fa quello che deve: distrugge e delega. Semmai quello che manca è lo step successivo, ovvero l'input che trasforma l'azione embrionale in occasione da gol. Il problema, quindi, va rintracciato in particolare negli attaccanti che non dettano il passaggio in verticale e negli esterni che non si gettano nello spazio. E quando Kovacic o Hernanes forzano la giocata, spesso e volentieri arriva la ribattuta della difesa.

ZERO ALTERNATIVE - A ciò si aggiunge un dettaglio non da poco: pur volendo cambiare modulo, non si potrebbe. O meglio: non si potrebbe con risultati accettabili assicurati. Se da un lato il mercato ad hoc torna utilissimo quando l'idea di gioco funziona, dall'altro toglie risorse in caso contrario. Per esempio, pur volendo passare a quattro dietro, Mazzarri avrebbe il problema di disporre di terzini non adatti (forse il solo D'Ambrosio garantirebbe un rendimento decente). E la cosa è diventata palese ogni qual volta l'allenatore toscano ha tentato di mutare in corsa il canovaccio tattico. Anche a Parma, Ranocchia adattato terzino ha fatto quello che ha potuto e Dodò non si è visto più affondare dopo aver arretrato la posizione di partenza. Senza contare che in rosa non si dispone di alcun attaccante esterno (figura inutile per un 3-5-2) e mancano pure interni da schierare in un rombo di centrocampo (al massimo ci sono elementi adattabili).

Sezione: In Primo Piano / Data: Lun 03 novembre 2014 alle 11:44
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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