La Serie A valorizza davvero i giovani talenti italiani? A questo e ad altri quesiti risponde, negli studi di Sky Sport 24, il responsabile del settore giovanile dell'Inter, e vicepresidente del settore scolastico della Figc, Roberto Samaden, da sempre tra i più apprezzati gestori delle cantere nostrane. Samaden analizza in primo luogo i dati sull'impiego dei prodotti dei vivai in Europa, in una classifica dove l'Inter è 14esima, prima italiana ma molto distante da realtà come quelle spagnole: "Cosa ci manca per arrivare al livello di Barça o Real Madrid? Siamo stati fortunati all'Inter a trovare proprietà, da Massimo Moratti ai nuovi di Suning, che hanno dato continuità al nostro lavoro. Quello delle giovanili è un lavoro di medio-lungo periodo, all'estero è una prassi credere e investire nel settore giovanile. Il successo passa dagli investimenti in primo luogo nelle strutture, cosa che in Italia magari difetta. Serve poi un ponte con le prime squadre, che in Italia manca: i miei colleghi sono concordi con me nel dire che questo progetto potrebbe aiutare molti giovani a non perdersi ed arrivare tra i professionisti".

Si introduce pertanto il tema delle squadre B, un sistema che esiste in molte altre nazioni: "Se tutti i Paesi europei hanno fatto questo ponte, o siamo avanti o ci manca qualcosa. Ogni Paese ha un modello diverso, forse il modello inglese col campionato Under 21 non funzionerebbe in Italia per questioni di agonismo e intensità. Ma penso che sia necessario, visti i dati sui minutaggi che vedono scarso impiego per i ragazzi, garantire soprattutto la continuità in fase iniziale che fa la differenza, perché magari possano cominciare a giocare due-tre partite e ingranare. Per noi è più difficile trovare ragazzi pronti, per questo penso che non avere il ponte sia penalizzante per i ragazzi che rischiano di perdersi in campionati minori quando potrebbero diventare delle risorse importanti". Ma in Italia c'è poco talento o non si sa più coltivarlo? "C'è sempre meno qualità tra i ragazzi, le selezioni giovanili trovano molte difficoltà non solo nel trovare risultati; il confronto con altre nazioni è impietoso. Da noi ci sono grossi problemi sul piano dell'allenamento: da noi si allenano meno che negli altri Paesi, e le ore che fanno magari a scuola non sono orientate al gioco del calcio. C'è un impoverimento quantitativo, però penso a gente come Federico Bonazzoli e Alberto Cerri che stanno giocando in B quando in altri Paesi avrebbero giocato in campionati maggiori. Allunghiamo spesso il loro cammino e rischiamo di perderli, quando altrove si possono confrontare subito coi grandi e quindi il loro valore aumenta". 

La Serie A è ultima tra le grandi leghe nei guadagni da cessioni di canterani, staccatissima dalla Ligue 1 prima: "Secondo me è il frutto di un lavoro partito anni fa in Francia con i centri di formazione. Anche noi abbiamo tanti esempi di giocatori che hanno sfondato nel calcio giovanile francese, come Jonathan Biabiany o Gravillon; molti nostri scout vanno in Francia in cerca di talenti. Fra poco arriverà il Belgio, chi semina raccoglie. L'Inter negli ultimi 10 anni abbiamo prodotto 150 milioni di plusvalenze, con anni più o meno fortunati e l'auspicio di avere qualche giocatore in prima squadra, visto che la proprietà è sensibile al tema, Erick Thohir ci sprona a farlo e la connessione con Piero Ausilio è stretta. Certo, con una seconda squadra gente come Marco Benassi e Alfred Duncan ora sarebbe la coppia di centrocampisti titolari dell'Inter, perché avrebbero avuto il ponte ideale e non li avremmo persi. Comunque - conclude - la Figc si è accorta che è necessario investire nei giovani, a regime saranno creati 200 centri di formazione. Ora tocca ai club investire in progetti a medio-lungo livello. La tradizione ci vede sempre ad alti livelli, se saremo sostenuti potremo continuare ad esserlo". 

Sezione: In Primo Piano / Data: Sab 08 ottobre 2016 alle 18:03
Autore: Redazione FcInterNews.it
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