Concede una lunga intervista al settimanale della Gazzetta dello Sport, Sportweek, il difensore dell'Inter Rolando. Il giocatore ex Porto parla a 360° della sua vita, delle sue origini e delle sue abitudini. La spigliatezza e la franchezza con cui il difensore si racconta, fa apparire l'intervista una vera e propria chiacchierata.
Perché non ha quasi mai visto il campo, arrivato a Napoli?
"Perché ero fermo da sei mesi. Dopo cinque anni al Porto avevo voglia di una nuova esperienza, l'ho fatto presente ai dirigenti e per tutta risposta mi sono trovato ai margini della squadra. Fino al 31 gennaio, quando mi sono trasferito al Napoli, in campionato avevo messo insieme cinque minuti appena. Ho dovuto rifare la preparazione e intanto la stagione se n'è andata".
Però Mazzarri l'ha voluta ancora.
"A lui sono piaciuto le poche volte che ho giocato. Mi disse che ho delle qualità come giocatore e come persona, che in partita sono capace di fare quello che lui chiede ad un difensore, per questo mi considera importante e aggiunse: 'Farò di tutto per portarti con me'. E così è stato".
Nell'Inter, adesso è uno di quelli che più ha convinto, a parte lo scivolone che ha permesso al Bologna di agguantare il pari a San Siro sabato scorso.
"Non devo rispondere io. Posso dire che mi sento sempre meglio, dentro e fuori dal campo. Conosco meglio la lingua e questo è un grosso vantaggio".
Ha preso lezioni?
"No. Ho imparato parlando coi compagni, ascoltando i discorsi per strada e da mio figlio Rhyan che ha cinque anni e vuole imparare assolutamente l'italiano".
Così giovane, quanti figli ha?
"Raffaella, 11 anni, è rimasta a Capo Verde coi nonni materni per studiare. La vedo due volte l'anno, a Natale e in estate, o quando lei è in vacanza dalla scuola. Qui insieme a mia moglie, vivo con Rhyan e Rafael, 3 anni".
Per lei il denaro che valore ha?
"Per fare quello che vuoi hai sempre bisogno di denaro. Ma ceto da voi si pensa in un modo differente dal nostro: a Capo Verde si lavora per vivere, qui si vive per lavorare".
Chi l'ha accolta meglio all'Inter?
"Primi fra tutti Pereira e Guarin, coi quali avevo già giocato nel Porto. Ma anche Cordoba e qualcuno della società".
E' figlia delle sue origini anche la tranquillità che dimostra in campo, dove ha raccolto appena 3 ammonizioni in 24 partite di campionato?
"Certamente ho imparato ad avere pazienza da mio nonno pescatore. Io e mio zio lo accompagnavamo quando usciva in barca, ma solo nelle occasioni in cui non si stava fuori tanto: quasi sempre andava per mare per giorni. Mi piaceva guardarlo rimanere in silenzio mentre aspettava che il pesce abboccasse. Una grande lezione di pazienza e di vita".
Che lei applica in ogni situazione?
"Magari. Quando ho problemi sul lavoro torno a casa un po' nervoso. E se i bambini fanno troppo casino non mi riesce sempre di mantenere la calma. Soprattutto quelle volte che resto solo con loro per due o tre giorni perché mia moglie è partita".
Ha sempre e solo giocato a calcio?
"No, da ragazzino facevo pure basket. Ero un 3, un'ala piccola. Giocavo con un mio amico. Una volta lui mi disse: 'Vieni a provare con la mia squadra, sono sicuro che conquisterai un posto'. Mi presento alla partita, ma mi fermano subito: 'Prima vieni a fare un allenamento', mi dicono. Io non capisco quello che succede. Chiedo spiegazioni e quelli insistono: 'Oggi non giochi'. 'Ma come', rispondo, 'Mi avete invitato voi'. Alla fine me ne vado".
E non è più tornato?
"No. Non mi piacciono le bugie. Se mi avessero detto: 'Non hai abbastanza qualità per giocare con noi', lo avrei accettato. Ma non mi stava bene non aver avuto nemmeno la possibilità di essere messo alla prova sul campo. Oggi guardo la NBA alla televisione e ogni tanto gioco qui ad Appiano con Handanovic e Palacio: bravini...".
Ma era più forte a basket o a calcio?
(serio) "Allo stesso modo in entrambi. Ma il calcio mi è sempre piaciuto di più".
Quanto più della scuola?
"Ho sempre voluto fare il calciatore, ma c'è stato un momento in cui ho provato a tenere insieme le due cose, volevo laurearmi. Ero già in Portogallo e giocavo nel Belenenses, a Lisbona. Avevo decciso di iscrivermi ad Ingegneria come mio cugino, ma l'università stava ad Oporto. Troppo lontana".
Quindi ha lasciata Capo Verde da giovane...
"Ero poco più di un bambino. Il destino della metà della popolazione delle nostre isole è partire. Da noi c'è poco lavoro, ci sono poche occasioni per diventare davvero padroni del proprio destino. Conosce Chiquinho? E' il romanzo più famoso di uno dei più grandi scrittori della mia terra, Baltasar Lopes da Silva. Racconta la storia di un ragazzino che si stacca da Capo Verde per trovare fortuna altrove. E' un po' la mia storia. La storia di un emigrante in cerca di una vita migliore. Leggendola, mi è sembrato che parlasse di me. E mi sono commosso".
L'Europa le ha dato il lavoro dei sogni e il benessere economico. Che cosa le ha tolto?
"Non ci avevo mai pensato. Ho perso il modo di essere figlio della mia terra. Ho perso uno stile di vita semplice e rilassato. Più meditativo. Non sono più Rolando e basta, sono diventato Rolando il calciatore".
Si sente diverso rispetto ai suoi colleghi? Non pare un esponente tipico della sua categoria, quello attratto da belle ragazze e belle macchine.
"E' un'idea sbagliata. La gente dimentica che la maggior parte di noi lascia la propria casa da bambino, un bambino spesso solo ed è costretto a crescere in fretta. Tutti ci guardano e non possiamo sbagliare mai".
Non vogliamo farla sembrare una mosca bianca, perciò confessi: quante volte va in discoteca?
"Zero".
Auto di lusso?
"Ho la macchina aziendale dell'Inter e mi sono portato dal Portogallo la mia".
Un SUV?
"Una macchina sportiva".
L'abbigliamento, almeno: è vero che ha la fissa per la moda?
"E' mia moglie che ogni tanto mi compra vestiti eleganti, poi dipende dalle occasioni. Fosse per me sarei sempre in T-shirt. E a Capo Verde giro in ciabatte e pantaloncini".
Di che cosa parla con i suoi compagni?
"Con alcuni di loro di cose che qui non posso dire se no a casa mi ammazzano..." (ride).
Ha deciso cosa farà dopo il calcio?
"Tornerò a casa a guardare il mare. Quando ho problemi, mi basta sentirne il rumore per stare bene. Soprattutto tornerò ad essere Rolando e basta".
Autore: Gianluca Scudieri / Twitter: @JeNjiScu
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