Josè Mourinho, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, è rimasto ancora legato all'Inter, ma non gli interessa il futuro di Benitez: "Non lo so e non voglio saperlo. A me interessa l'Inter, il mio amico presidente, i miei amici giocatori e i tifosi che in due anni mi hanno dato tutto. Voglio che vincano dovunque tranne in Champions dove c'è il Real. Chiunque sia il tecnico". Non usa parole dolci nei confronti del suo successore, anche se ha vinto il Mondiale per club, che è stato "una gioia infinita, come la musica del nostro inno. E' stato un orgoglio indescrivibile esser stato l'allenatore di questi giocatori che, al 99 per cento, sono stati gli stessi che hanno cominciato la strada verso il Mondiale". Successo, a suo modo di vedere, rovinato dalle parole di Benitez: "Quel che ha detto non merita commenti. Mi aspettavo almeno un "grazie" per il successo che gli ho regalato. Chiedete agli interisti che cosa pensano di me e di lui" -dice ripetendo le sue dichiarazioni in conferenza stampa.

Mourinho è arrivato dopo i due scudetti vinti sul campo da Mancini: "Anche arrivare dopo Roberto non era facile. Soprattutto nella dimensione italiana, dopo che ha vinto due scudetti più uno... In questi casi devi presentarti senza ossessioni, senza la voglia di cancellare per forza quel che ha fatto il tuo predecessore. E neanche cercare giustificazioni nel passato per i problemi del presente. Io non mi sono mai preoccupato di come allenava, pensava, giocava Roberto. Eppure arrivavo ad Appiano e vedevo la sua foto, di fianco al mio ufficio. E andando verso il parcheggio c'era la gigantografia della Gazzetta che celebrava la sua prima coppa. Per me non è mai stato un problema: ho costruito la mia Inter senza pensare al passato. E questo non vale solo per l'inter, la storia recente non può essere un fattore di pressione: devi pensare con rispetto". Benitez invece "si è trovato nella situazione ideale! Aveva la possibilità di vincere tre tornei con quattro partite. Una situazione che tutti gli allenatori del mondo vorrebbero. Invece, vista da lontano, sembra che quest'Inter stia vivendo un periodo problematico. Spero possa finire con il successo e, da domani, l'Inter torni quella dell'anno scorso, senza pressioni. Quella che ho lasciato prima di andare al Real: felice, allegra, fiduciosa". L'Inter che vorrebbe di nuovo Moratti, che Mourinho definisce così: "Moratti è un fenomeno. Mi piace sempre di più. Ho imparato a vivere con lui, lui ha imparato ad essere il mio allenatore e vi assicuro che non è facile. Io sono diventato un tecnico più bravo, lui un presidente migliore. Siamo cresciuti assieme. Lui mi chiama dopo i momenti belli del Real, io faccio lo stesso. Prima della fine di Inter-Mazembe gli ho mandato un sms di congratulazioni".

Sulle possibilità di un ritorno, non chiude le porte a prescindere: "Nella mia carriera non è mai successo: c'erano altre porte da aprire e nuove esperienze da fare. Se vogliamo, però, adesso potrei ricominciare: nel curriculum manca solo una nazionale. Non posso dire che non tornerò mai -continua Mourinho, riferendosi all'Inter- ma non posso neanche dire che non andrò in un'altra squadra: sono un professionista. Solo una cosa: l'Inter sarebbe sempre davanti. Ma spero che non abbia mai bisogno di me: vuol dire che avrebbe imbroccato la strada sbagliata".

Il sorteggio ha messo contro Inter e Bayern, "una partita che è entrata nella storia: spero di vedere una grande Inter, spero che Robben sia finalmente a posto, spero nello spettacolo. Nessuno dei due ha cambiato molto, sono in pratica gli stessi della finale. E che vinca l'Inter. Mi piacerebbe esserci. Quando guardo il Chelsea in tv, dopo tre anni, lo faccio ormai con emozione controllata: anche se c'è la stessa gente e gli stessi giocatori dei miei tempi. Con l'Inter non riesco ancora a farlo, è troppo presto".

Alcuni dicono che a Madrid non stia vivendo un momento facile, ma lui non è d'accordo: "Non ho mai difficoltà: forse perché so creare empatia con la gente e coi giocatori. Arrivato all'Inter c'era felicità, sorrisi e qualche piccolo problema come in ogni famiglia. Al massimo, dovevo far sì che i giocatori avessero motivazioni per vincere ancora in Italia. Come si fa? Spiegando che cinque scudetti è meglio di quattro, e sei meglio di cinque. E facendogli credere che era ancora possibile".

Nel suo futuro vede una nazionale, soprattutto quella portoghese: "Sarebbe un'esperienza più emozionale che professionale. Perchè il c.t. non è il lavoro per cui sono nato: non si possono fare dieci partite e fare venti allenamenti l'anno. Non fa per me. Sarebbe come far guidare un'auto da rally ad Alonso o la formula uno a Sainz. Sono un allenatore da club, tutti i giorni, undici mesi all'anno, anzi dodici. Con tre partite a settimana: se c'è un mercoledì libero sono un po' triste. Ma credo che un giorno farò il c.t. E' una soddisfazione che mi manca, una cosa che voglio fare per me. Ma prima ci sono i club e ci sarà tempo per tornare in Italia e in Inghilterra".

Al momento però, è ancora l'allenatore del Real e vuole esserlo ancora per un po': "Ho un contratto di quattro anni con il Real Madrid e voglio restare a lungo. Al Real c'è tanto da fare, non è soltanto lavoro di campo. Un ruolo alla Ferguson? Non è proprio la stessa cosa, la struttura economico-organizzativa del Real Madrid è superiore a quella del Manchester United, forse non ha eguali. Però al Real faccio più che all'Inter, entro in altre aree della gestione sportiva".

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 22 dicembre 2010 alle 07:40 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Guglielmo Cannavale
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