Ricky Alvarez è probabilmente la a migliore notizia di fine 2011 per l’Inter. La sua prestazione contro il Lecce rappresenta un buon proposito per l’anno nuovo, proprio mentre la società sta lavorando sul mercato al fine di rinforzare la rosa a disposizione di Ranieri. Se le indicazioni positive mostrate contro i salentini troveranno conferma anche nei prossimi impegni, l’argentino potrà tranquillamente essere considerato uno dei migliori acquisti nel mercato di riparazione nerazzurro.
AVVIO COMPLICATO - Non è un mistero, infatti, che pur essendo sbarcato in Italia con squilli di tromba, con l’etichetta di gran colpo estivo della dirigenza interista (il principale investimento economico del club, ndr), Ricardo abbia zoppicato non poco per ritagliarsi un proprio spazio, sin dalle amichevoli sotto la gestione Gasperini. Da importante arrivo rapidamente è diventato un punto interrogativo e le prestazioni negative dell’Inter hanno influenzato rapidamente il giudizio negativo della critica nei suoi confronti. Con l’arrivo di Ranieri la musica per lui è leggermente mutata, anche se le prove troppo altalenanti hanno alimentato il disappunto della tifoseria, che lo ha inquadrato a simbolo della gestione di mercato contestata della società. Insomma, non certo un avvio facile per Alvarez, supportato dalla colonia argentina (sponsorizzato addirittura da Zanetti) ma rapidamente bocciato da media e tifosi nerazzurri.
IL CHIP MODIFICATO - Giudizi ingenerosi per un 23enne alla prima esperienza all’estero, dall’altra parte del mondo a lui nota. Troppo facilmente si è ignorato, nel valutarlo, il fatto che per lui come per chiunque altro è necessario un periodo di ambientamento non solo al nostro calcio, ma alla nostra vita di europei. Inoltre, un fisico non certo brevilineo ha richiesto una fase più lunga di preparazione atletica rispetto ad altri giocatori, e questo lo ha portato a essere etichettato come troppo lento per il nostro calcio. Ovviamente, Ranieri e il suo staff hanno portato pazienza e lo hanno preparato al meglio, consapevoli che ci sarebbe voluto del tempo prima di vederlo al meglio. Inoltre, Alvarez si trascinava dietro aspetti più tecnico-tattici inadatti al calcio italiano e tipici di quello argentino. Il tecnico di Testaccio ha in tal senso spesso parlato di ‘chip’ da modificare: “Rallenta troppo il gioco, non punta l’avversario e tiene il pallone più del dovuto”. Limiti che, con il tempo, stanno svanendo.
LA SVOLTA TURCA - Contro il Lecce, dopo qualche assaggio, si è intravisto probabilmente il giocatore che ha portato l’Inter ha ingaggiare un duello di mercato con Roma e Arsenal. Dribbling, assist, conclusioni e difesa del pallone, un arsenale di giocate da applausi che hanno sorpreso il pubblico di San Siro, ancora diffidente verso di lui. Anche contro il Cagliari Alvarez aveva mostrato parte del suo talento, contribuendo a cambiare tatticamente la partita e a indirizzarla verso i colori nerazzurri. In precedenza, qualche presenza dal primo minuto o a partita in corso, con pochi squilli e troppe perplessità a corredo, soprattutto nel periodo più nero per l’Inter. Poi, la svolta, anche personale: il gol contro il Trabzonspor in Champions League, che ha in parte sbloccato mentalmente il ragazzo.
EDUCAZIONE TATTICA - Una delle serate peggiori per l’ex Velez è stata forse quella del match contro l’Udinese del 3 dicembre, perso dopo un finale rocambolesco a San Siro. Nella fattispecie fu protagonista di un primo tempo incolore, piazzato da centrocampista esterno a sinistra ma assai di rado in grado di soddisfare le necessità tattiche di Ranieri rispettando i compiti assegnatigli. Il tecnico, stizzito (lo ammetterà anche in conferenza stampa), decise di sostituirlo all’intervallo preferendogli Nagatomo. La questione tattica è forse uno dei problemi principali per Alvarez. Con l’allenatore romano ha sovente agito a destra, soprattutto da centrocampista. Ultimamente però è stato piazzato a sinistra. In entrambi i casi, comunque, l’istinto (e le indicazioni della panchina) lo hanno portato spesso ad accentrarsi per cercare altre soluzioni. Contro il Lecce è andata così: partito a sinistra, talvolta lo si è visto addirittura a destra nella fase più calda offensivamente parlando. Poi, eccolo in posizione centrale dietro le punte (da lì l’assist a Milito per il 2-1), infine ancora a destra per segnare il gol del 4-1 pur se claudicante.
PERO’ C’E’ SNEIJDER - Da ciò si evince che Alvarez non è quel tipo di giocatore che ‘sta al suo posto’. È un talento che ha bisogno di libertà per esprimersi al meglio, deve svariare su tutto il fronte offensivo per sprigionare la sua classe. È il suo chip a imporlo e Ranieri, pur cercando di dargli un’educazione tattica (al Velez godeva di tanta libertà), ha capito come va gestito per farlo rendere al massimo. Buona notizia, dunque, l’enigma Alvarez forse è stato risolto. Peccato però che d’ora in avanti ci sarà da considerare un’altra questione: il rientro di Wesley Sneijder. È l’olandese, infatti, il titolare del ruolo di trequartista, colui che ha la facoltà di muoversi a piacimento per alimentare le punte. Un diritto di prelazione intoccabile per Sneijder, che rischia di costare qualche panchina di troppo ad Alvarez. L’argentino, infatti, non può essere libero di agire come preferisce se in campo c’è già Sneijder, deve necessariamente rispettare le consegne tattiche dell’allenatore. Il che, ed è stato appurato, lo limita non poco. Toccherà a Ranieri, dunque, trovare una soluzione affinché i due possano giocare contemporaneamente e assicurare alla squadra un equilibrio imprescindibile. In un 4-2-3-1 l’ex Velez potrebbe agire da esterno, ma non avrebbe la libertà di accentrarsi quando l’istinto lo invita a farlo, a meno di non trovare i giusti sincronismi con l’olandese. Chiaramente, c’è di peggio nella vita di dover gestire due talenti, ma sarebbe un peccato dover sacrificare di volta in volta uno di loro all’altare del tatticismo.
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