È un cambiamento lento e graduale quello che Cristian Chivu ha immaginato dal giorno zero a proposito dell'Inter che gli era stata appena consegnata. Una squadra che il tecnico romeno ha accolto, oltre che raccolto, all'indomani del terremoto di Monaco prima e della 'fuga' di Inzaghi dopo. Ceneri e macerie dalle quali toccava ri-edificare e magari sperare, tanto, in una mitica resurrezione di una fenice in quel momento esanime. Pazienza, determinazione, coraggio e tanta, tantissima empatia sono stati gli ingredienti basilari della cura che il tecnico romeno ha instillato, goccia dopo goccia, a partire dal Mondiale per Club dove l'esplosione di Lautaro, che ha scoperchiato un vaso che diversamente sarebbe probabilmente imploso, ha funto da stappata obbligata di una bottiglia che necessitava rilasciare pressione e tossine. Soprattutto tossine. Sfogo avvenuto e inevitabili conseguenze che sulle prime davano l'impressione di essere il preludio di uno sconquasso e che, al contrario, è servito per chiarire e chiarirsi e di sicuro per spianare montagne e stanare tensioni che diversamente avrebbero minato la serenità della stagione all'orizzonte ancor prima di cominciarla.

Tutto con i propri tempi perché come ci tiene a ribadire l'allenatore classe 1980 è importante capire i momenti... Di una partita, ma anche di una stagione e di un gruppo che necessitava di elaborare un lutto che probabilmente non avevano mai neppure immaginato. E il fulmine dell'Allianz Arena che ha atterrito, a dir poco, gli interisti andava piano piano archiviato senza la presunzione di cancellarlo: i buoni segnali mandati dai lontani Stati Uniti non sono passati inosservati all'ex terzino di Mourinho che senza fretta e con encomiabile calma ha registrato tutti i segni '+' che i suoi ragazzi pian piano tornavano a tirar fuori e ad esprimere, fino ad oggi, giornata di vigilia del secondo euro-match stagionale in programma per domani al Meazza contro lo Slavia Praga. Una partita che arriva dopo la vittoria d'esordio in Champions in casa dell'Ajax e dopo le due vittorie in campionato ottenute contro Sassuolo e Cagliari. Tre gare con un solo gol subito, un dato confortevole per Chivu e i suoi che hanno lavorato molto, anche se non ancora risolto, sul problema delle tanti reti subite, un merito che l'ex Parma si prende ma con la giusta mitezza: "Abbiamo dato continuità ai risultati ultimamente. Come? Abbiamo fatto meglio la pressione, la riaggressione, messo maggior voglia di tornare velocemente sulle seconde palle e maggiore attenzione..." ha ammesso in conferenza stampa della vigilia, dove ha anche chiarito: "Poi certo, il gol lo puoi subire perché c'è sempre anche l'avversario, ma dipende da come ti metti in campo, la pressione sulla loro costruzione e quella individuale sul portatore... Ma siamo più attenti e più determinati nel fare quello, che è sempre stata una nostra richiesta".

Una richiesta dello staff arrivata già da tempo ma mai forzata e, con le giuste tempistiche e motivazioni, tirata fuori praticamente da sola perché se da un lato c'è sì, la mano dell'allenatore, dall'altra c'è "l'orgoglio del campione" perché come Chivu ci tiene a sottolineare la sua è una squadra fatta "di campioni che prima o poi tirano fuori quello che hanno e fanno sempre la differenza". Meriti propri ma anche e soprattutto dei suoi giocatori che con umiltà, parola che piace più e più volte citare nelle descrizioni dei suoi ragazzi, si sono messi a disposizione di un nuovo staff e sistema di lavoro che ha sì tante idee ma anche tante consapevolezze. Non è un caso che "i cambiamenti sono sempre stati fatti in maniera mirata" e non solo arrivati come "giusto premio per ciò che i giocatori che sono, ma anche per meritocrazia, come premio ai valori", pur sapendo "di non dover mai perdere equilibrio, struttura e obiettivo", che equivale a dire: novità sì, ma graduali e senza snaturare all'improvviso una squadra dall'ossatura e la personalità forte. Non è un caso che la leggenda del Triplete parla di ventidue titolari, attirando - da buon mourinhano - su sé stesso attenzione ed eventuali colpe: "Se pensassi diversamente mi metterei il bastone tra le ruote. Se non possono giocare tutti sono io scarso come allenatore. Parto sempre dai ventidue e tutti meritano di essere titolari, se poi qualcuno dà più o meno mi prendo le responsabilità perché significherebbe che li alleno male e che non so trasmettergli ciò che vorrei". 

Problema che non sembra però porsi, a giudicare dai sorrisi, dalle parole distese e dai meccanismi in campo che stanno cominciando a ingranare: le responsabilità Chivu se l'è prese e tutt'ora le ha ma, diversamente, da ciò che voleva lasciar intendere sono quasi tutte da applausi, quantomeno fino a questo momento. 

Sezione: In Primo Piano / Data: Lun 29 settembre 2025 alle 16:45
Autore: Egle Patanè
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