Marco Travaglio non ci sta e continua la sua battaglia contro i revisionisti di Calciopoli. Dopo il pezzo di accusa contro la Juventus di Moggi di qualche giorno fa, la risposta dell'avvocato dell'ex dg bianconero non si è fatta attendere. Puntuale, però, la risposta dettagliata di Travaglio, che mette nuovamente spalle al muro tutti i protagonisti juventini della vicenda.
Questa la lettera di Maurilio Prioreschi, avvocato difensore di Luciano Moggi, a Il Fatto Quotidiano:
"Egregio Direttore, il quotidiano da Lei diretto ha pubblicato in prima pagina un articolo di Marco Travaglio dal titolo "Pallonari e pallisti", dedicato alla vicenda "Calciopoli". Sono rimasto francamente sorpreso, essendo nota la dimestichezza con la quale il Dott. Travaglio si muove tra atti processuali e pandette, nel leggere circostanze e fatti oggettivamente falsi che l'articolista ha cercato di spacciare come essere accaduti.
Mi riferisco anzitutto all'affermazione "secondo cui non basta telefonare ai designatori per commettere illecito: occorre che le pressioni arrivino agli arbitri e li condizionino. La qual cosa Palazzi non è riuscito a provare per nessun club, eccetto la Juve". So di dare una delusione allo "juventino" Travaglio, ma né il dott. Palazzi né altri hanno mai accertato la circostanza che lui ha riferito. Anzi, la giustizia sportiva che nel 2006 si è occupata della vicenda, ha ritenuto responsabili Moggi e Giraudo di una serie di violazioni dell'articolo 1 ("slealtà sportiva"), ma ha escluso l'illecito sportivo che pure era stato contestato da Palazzi.
Mi rendo conto che il Dott. Travaglio è più avvezzo con il diritto penale che con quello sportivo, ma spero che finalmente anche lui riesca a comprendere che Luciano Moggi non è stato sanzionato dalla giustizia sportiva per aver truccato incontri di calcio. La seconda delusione che sono costretto a dare al Suo vicedirettore è la seguente: se avesse letto con più attenzione la richiesta di archiviazione del Dott. Palazzi, avrebbe notato che per l'Inter il procuratore federale ha contestato proprio l'illecito sportivo e il condizionamento diretto sugli arbitri da parte della società.
Sul punto, è sufficiente ricordare la visita di Facchetti all'arbitro Bertini prima della partita di Coppa Italia Cagliari-Inter del 12 maggio 2005, quando l'allora presidente dell'Inter, prima dell'incontro, è entrato nello spogliatoio per ricordare all'arbitro il suo score di quattro pareggi, quattro vittorie e quattro sconfitte nelle gare arbitrate della squadra nerazzurra, e l'imbarazzo di Bertini per tale condotta del Facchetti, come emerge da una intercettazione telefonica. Una delle tante "sfuggite" agli inquirenti.
Per non parlare poi dei rapporti di Facchetti con l'arbitro Nucini (il famoso "cavallo di Troia"), arbitro in attività, a favore del quale l'allora dirigente dell'Inter si è prodigato per trovare un posto di lavoro, anche con chi poi ha assunto l'incarico di amministratore delegato della società.
Sarebbe quindi opportuno che il Dott. Travaglio, evitasse di fare pronostici di proscioglimento che, alla luce di una attenta e competente lettura delle carte, sono alquanto azzardati. Faccio presente infine che: contrariamente a quanto scritto non ci sono nel processo intercettazioni di Moggi e Giraudo del tenore di quelle di Facchetti. Ricordo, che gli inquirenti napoletani ignoravano persino l'esistenza delle telefonate degli altri dirigenti calcistici, ed è solo per questo motivo che non è stata fatta alcuna valutazione sotto il profilo della rilevanza penale.
Sarebbe quindi il caso che il giornalista, si documentasse meglio (...). Dimenticavo: meglio avvocati e giornalisti à la carte che un giornalista a menu turistico. Ovviamente, conoscendo la Sua correttezza, non ritengo di dover richiamare l'art. 8 della legge 47 dell'8 febbraio 1948 per far pubblicare questa risposta avendo la certezza che Lei lo farà".
Puntuale la risposta di Marco Travaglio, sempre su "Il Fatto Quotidiano".
"Sono felice che anche l'ennesimo avvocato di Moggi, come i suoi numerosi predecessori,non abbia perduto il buon umore, nonostante le scoppole che il suo assistito continua a rimediare dinanzi alla giustizia sportiva e ordinaria (radiazione dal mondo del calcio, condanna a Roma in appello per violenza privata, rinvio a giudizio a Napoli per associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva).
Tralascio le ironie sulla mia juventinità (proprio perché sono juventino maledico il giorno in cui Umberto Agnelli chiamò a dirigere la società un signore che era stato appena ritenuto responsabile di aver fornito prostitute alle terne arbitrali nelle partite Uefa del Toro e 11 anni dopo riuscì a trascinare la mia squadra nel fango e in serie B per la prima volta nella storia) e le definizioni di "giornalista da menu turistico" (diversamente da molti "colleghi" , non mi sono seduto a tavola con Moggi). E vengo ai fatti.
La Juventus di Moggi fu retrocessa e penalizzata per violazione sia dell'art. 1 ("slealtà sportiva") sia dell'art. 6 ("illecito sportivo") perché Moggi & C. non truccavano singoli incontri di calcio: truccavano direttamente interi campionati. Cito dalla sentenza della Caf (primo grado) depositata il 14.7.2006: Moggi e Giraudo "sono stati ritenuti responsabili di un solo episodio di illecito sportivo; tuttavia l'illecito è caratterizzato dall'attuazione di una condotta continuativa nel corso di tutto il campionato, programmata alfine di realizzare l'intento di procurare alla Juventus un vantaggio in classifica, mediante il controllo diretto o indiretto della classe arbitrale...e costituisce, quindi, fatto disciplinarmente più grave di quello che si realizza mediante la condotta diretta alla alterazione di una singola partita".
Cito dalla sentenza della Corte federale (secondo grado) depositata il 4.8.2006, che conferma quella della Caf con uno sconto sulla penalizzazione: a Moggi "era necessario inchinarsi per sopravvivere nel mondo della Serie A". Lo dimostrano "una serie di reticoli all'interno di un'atmosfera inquinata" da cui si desume che Moggi e Giraudo avevano "piena e concreta attitudine a falsare la classifica attraverso una continua opera di condizionamento del settore arbitrale" vista "la natura, l'intensità, l'ambiguità e la non trasparenza" dei loro rapporti con i designatori arbitrali.
In particolare, Moggi è colpevole "alla luce sia dell'affermata responsabilità per gravi episodi di illecito sportivo, sia della protrazione nel tempo - sostanzialmente corrispondente allo svolgimento del campionato 2004/2005 - della sua condotta strutturalmente rivolta al conseguimento dello scopo di alterazione della competizione per effetto del condizionamento della classe arbitrale, sia, infine e con particolare rilievo, alla luce della completa realizzazione in termini effettuali dell'illecito disegno, che ha incrinato la pubblica fiducia nella lealtà delle competizioni sportive".
Già, perché "il condizionamento del settore arbitrale costituisce sistema comportamentale idoneo all'alterazione del campionato", con condotte "stabili e durature" che fanno della Juventus un caso a parte fra tutti i club sanzionati per Calciopoli: le condotte di Giraudo e Moggi "sicuramente possiedono il carattere altamente inquinante della sistematicità e della stabilità organizzativa: l'aggregazione di tutti questi disdicevoli elementi è addebitabile, tra tutti gli incolpati, solo alla Juventus, il ne rende incomparabile, in negativo, la posizione rispetto a ogni altro".
In attesa di leggermi gli scritti di Bartolo da Sassoferrato Lucerna juris, ho preferito dare un'occhiata alla sentenza del 15 giugno scorso, con cui la Commissione Disciplinare della Federcalcio ha radiato Moggi, Giraudo e l'ex vicepresidente Figc Innocenzo Mazzini: i loro comportamenti furono di "intrinseca gravità" ed ebbero "conseguenze aberranti" suscitando "un rilevante allarme sociale". Quanto alla brillante idea di Moggi di difendersi accusando di "condotte analoghe altri tesserati, in ipotesi tuttora da accertare", non fa venir meno la gravità dei suoi.
Casomai ciò non bastasse, ecco la sentenza del gup di Napoli Eduardo De Gregorio che nel 2009 ha condannato Giraudo con rito abbreviato a 3 anni di reclusione per associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva (in combutta con Moggi e altri).
Nelle motivazioni depositate il 26 aprile 2010, si legge che la Juventus di Moggi e Giraudo truccò i campionati avendo "a disposizione più arbitri", tra i quali Pieri e Dondarini: "La compagine esercitò uno stringente potere sulla categoria, influendo sulla progressione di carriera dei singoli, con la designazione a partite di prestigio o al contrario con la sospensione dall'attività o l'affidamento prevalente di incontri di poco rilievo... L'altra faccia della medaglia era costituito dal potere di interdizione espresso in più occasioni da Moggi".
Per esempio per punire l'arbitro Morganti,"responsabile, ai suoi occhi, di aver applicato la regola sulla sospensione per impraticabilità di campo di un incontro in cui la squadra del Messina (sotto l'ala protettrice di Moggi, secondo l'imputazione) era in vantaggio". O Collina e Rosetti, "esclusi per un turno per concorde volontà punitiva di Moggi e Bergamo durante il dialogo notturno del 9febbraio". O ancora gli assistenti di Reggina-Juve del 6.11.2004,"che da quel giorno e per motivi largamente spiegati non parteciparono più a gare dei bianconeri". Senza dimenticare gli assistenti Babini e Coppola "che non furono mai scelti per dirigere partite della Juventus".
Una delle prove decisive a carico di Moggi (e dunque anche di Giraudo) è, per il giudice, la fornitura su vasta scala a designatori e arbitri di schede Sim estere, dunque "criptate", che "costituivano il mezzo necessario agli imputati per colloquiare in modo sicuro con riguardo , in special modo, alle griglie arbitrali nonché, in prossimità di partite di calcio, con gli arbitri che dovevano dirigerle.
Nel periodo in cui fu in vita l'associazione a delinquere, fu accertata la disponibilità e l'uso di 29 schede straniere da parte di alcuni dei coimputati...Il possesso e il conseguente uso di schede segrete deve essere considerato... come sintomo, assieme ai precedenti, di appartenenza all'associazione e del vincolo associativo tra i possessori e gli usuari". Sia Paparesta sia Bergamo ebbero a disposizione quelle Sim, come han dichiarato il padre dell'arbitro e il designatore.
E - ricorda il giudice - "lo stesso Moggi, nel suo pur lungo interrogatorio, non ha trovato elementi ed argomenti per negare il fatto di aver parlato di rilevanti cose calcistiche con più coimputati e con grande frequenza usando schede non identificabili. Quale fosse il contenuto dei colloqui tra imputati facendo uso delle utenze riservate non è dato, ovviamente, sapere a causa di detta caratteristica.
Tuttavia è molto utile segnalare il discorso tra Moggi e Bergamo avvenuto nella notte del 9 febbraio 2005 ed ascoltato dalla polizia giudiziaria solo per l'imprudenza di quest'ultimo che chiamò il primo dal suo telefono casalingo senza sapere che fosse sotto controllo.
In questa conversazione i due parlarono con chiarezza e senza problemi della composizione delle griglie e delle scelte arbitrali che i designatori dovevano fare dopo due giorni. Dunque in una delle pochissime occasioni in cui fu disvelato l'argomento dei dialoghi avvenuti tramite telefoni ‘coperti', fu palese che i conversanti parlarono di temi che, nel rispetto dei reciproci ruoli, non avrebbero dovuto condividere, concordando le ‘fasce' entro cui effettuare il sorteggio e le scelte stesse degli arbitri per le partite del turno successivo di campionato".
Millanterie? Parole in libertà? Tutt'altro: "Quanto all'efficienza del sodalizio, va sottolineato che esso raggiunse tutti gli scopi già programmati e quelli che, nel corso degli eventi, si propose di conseguire". Scopi anche estranei alle sorti della Juve, vedi campionato 2004-2005: "Attraverso diversificate attività illecite, la compagine riuscì a determinare l'esito del campionato sia con riguardo all'assegnazione della vittoria finale della Juventus (scopo principale), sia con riguardo alla retrocessione cui illecitamente fu sottratta perlomeno la Fiorentina", dopo che i "ribelli" Della Valle si erano prostrati a Moggi: così in serie B fu spedito il Bologna.
"I componenti del gruppo che amministrava di comune accordo il campionato di calcio - conclude il gup - ebbero lo scopo comune di programmare e compiere una serie indeterminata di delitti... Essi organizzarono le frodi sportive non solo con riguardo a incontri della società juventina, ma furono aperti a ogni altra occasione illecita, come durante l'impresa di salvataggio della Fiorentina, cui parteciparono Giraudo e Moggi in modo determinante. L'iniziativa, in sé illecita, poiché realizzata con le attività fraudolente, a sua volta ebbe per voluta conseguenza l'aumento del prestigio e della forza del gruppo nei confronti dell'intero settore e in specie degli esponenti di quella società che in precedenza erano ad essi contrari".
Davvero Moggi e il suo avvocato pensano di poter paragonare questo po' po' di prove con le telefonate di Moratti e Facchetti? Ma ci prendono tutti per fessi?".
Autore: Alessandro Cavasinni
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