L'Inter tremebonda e malaticcia che ha affrontato il Cesena è riuscita a uscire con tre punti, nonostante un insano masochismo e un'atavica propensione a complicarsi la vita, spegnendo l'interruttore quando era il momento di tenerlo acceso. Nonostante questa premessa la squadra ha vinto una partita importantissima. Se ci fosse stato l'ennesimo passo falso avremmo prolungato l'agonia con conseguenze che molti sottovalutano.

L'Inter ha giocato una partita dignitosa per mezz'ora, con la consueta idiosincrasia per i tiri in porta e, pur tuttavia, gestendo il possesso palla con sicurezza. Una manovra banale ma almeno avvolgente nel tentativo di fiaccare la resistenza del Cesena. Alla fine, al minuto 32 è arrivato il rigore e persino l'espulsione. Icardi ha segnato e all'Inter è venuto un male tennistico: il braccino. Nel giro di soli due minuti gli uomini di Bisoli hanno graziato la difesa nerazzurra schierata, eppure del tutto impreparata nella gestione dei calci da fermo. L'assenza di Vidic si è sentita soprattutto qui.
Il resto della partita è stato un timoroso tentativo di amministrazione del match, rovinato da un Cesena più disponibile a giocare la partita e vicino, in almeno tre occasioni, al pareggio. A quindici dalla fine i romagnoli hanno lasciato più spazi, l'Inter ha colto l'omaggio con delle ripartenze accademiche culminate da chiusure formato allenamento, senza cattiveria, senza malizia. 

Ricapitolando le buone notizie sono le seguenti: tre punti ottenuti in trasferta, un ottimo Handanovic che ha conservato il risultato, un Ranocchia che ha svolto più che diligentemente il suo compito senza Vidic e soprattutto la conferma, dopo giovedì, del ritorno di Hernanes. Il centrocampista brasiliano ha fatto cose non eccelse ma corrette e finalizzate al gioco di squadra. Kovacic, in ultimo, ha disputato un buon compito e ha palesato quella qualità che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe restare anche solo questa. Dunque confermare di essere un buon giocatore senza diventare il fenomeno in cui confidiamo. Nella migliore delle ipotesi potrebbe invece fare un ulteriore salto di qualità in termini di personalità nei prossimi tre anni. Un'eventualità nella quale sono disposto a scommettere.

Le brutte notizie sono la permanente latitanza di un leader in campo, l'assenza di carisma che gli avversari percepiscono come animali in cerca di cibo, il profilo ancora basso di Palacio, un Icardi che, rigore a parte, non si sbatte troppo, un Obi fuori ruolo e non all'altezza di questa squadra, che già di per se non è ricca di talento. Senza contare la notevole serie di infortuni. Il problema è che mercoledì arriva la Sampdoria di Mihajlović e l'Inter ha bisogno di tornare ad avere un piglio da grande squadra, un'autorevolezza che non svanisca al primo soffio di vento, come accaduto a Cesena.

Il resto di questo editoriale lo spendo per riassumere un paio di riflessioni su quanto accaduto questa settimana. 
Quello che sta avvenendo è anomalo, oltre che sgradevole. In termini di gestione siamo passati da un estremo all'altro. da un presidente munifico e generoso, appassionato e vulnerabile, fallibile ma ambizioso, barocco e inadatto a gestire la crisi e la moderna gestione che il fair play finanziario ha prepotentemente reso necessaria. Ora l'altro estremo è un presidente organizzato e progettuale, sorridente nei modi ma gelido nelle decisioni. Gli attuali vertici dell'Inter sono quanto di più lontano dall'identità interista ma le strategie vincolate al pareggio di bilancio e agli investimenti che dovrebbero far tornare l'Inter una delle squadre più importanti al mondo hanno suscitato sogni, legittimando l'avvicendamento con Moratti. L'ex patron è stato salutato da parecchi tifosi interisti con un disprezzo imbarazzante per i modi e le argomentazioni trancianti.

Ora che Moratti ha lasciato la presidenza onoraria polemicamente e con spiegazioni per certi versi sinistre, un piccolo brivido lungo la schiena lo si prova. Specie a sentire certe voci. La nuova dirigenza non commetterebbe peccato se trovasse un modo diretto per riportare la gente allo stadio. E di pubblico ce ne sarebbe tanto bisogno. Thohir non sottovaluti lo stadio vuoto, è un segnale che l'entusiasmo dei tifosi si sta spegnendo. 

Sezione: Editoriale / Data: Lun 27 ottobre 2014 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo
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