Cinque gol fatti, zero subìti, gioco spumeggiante e tanti ottimi segnali. Chiunque avrebbe messo la firma per una prima di campionato del genere, soprattutto dopo il deludente finale di stagione della passata stagione. L'Inter passa dalla (negativamente) storica manita incassata a Monaco nella finale di Champions League a quella rifilata al Torino nella prima recita di Cristian Chivu da allenatore nerazzurro in Serie A. Quanti immaginavano una serata del genere? Non ci prendiamo in giro: nessuno. 

Perché dal momento in cui Beppe Marotta & Co. hanno ufficializzato la separazione con Simone Inzaghi e deciso di abbandonare l'affascinante opzione Cesc Fabregas, gran parte dell'opinione pubblica e dei tifosi hanno iniziato a storcere il naso per l'arrivo in panchina del classe '80 di Reșița. Anche perché ritenuto troppo acerbo e inesperto per la massima serie, complice la sola - anche se positiva - esperienza nel settore giovanile nerazzurro e le appena 13 apparizioni nella categoria alla guida del Parma. Che alla fine, anche con risultati di prestigio, è stato comunque condotto alla salvezza, obiettivo dichiarato dei gialloblu da inizio stagione. 

Chivu si è tappato le orecchie, ha messo da parte le opinioni degli scettici e ha dato priorità ad una sola cosa: il lavoro. Quello svolto (anche se solo in parte, visto il gran numero di infortunati, la condizione fisica non ottimale, le scorie di Monaco da smaltire e i continui spostamenti) negli Stati Uniti durante il Mondiale per Club prima e, soprattutto, nel ritiro di Appiano Gentile poi. Perché per lui allenare l'Inter, specie dopo l'indimenticabile pagina di storia scritta da calciatore, "è una grande e bella responsabilità" per uno che adesso vuole "dare qualcosa indietro a questa società", come ammesso a più riprese dal diretto interessato. A livello comunicativo, Chivu dimostra di aver appreso quelli che sono stati gli insegnamenti di un top della materia come José Mourinho; sul piano tattico, invece, ha dimostrato di avere dei princìpi chiari e specifici: possesso, aggressione, pressing alto e calcio verticale. E ovviamente mentalità. Perché, come spiegato a Sky Sport nel post partita di San Siro, "non è solo una questione di gambe, ma anche mentale". Se non altro perché "la mentalità ti dà sempre qualcosina in più". 

I primi segnali non sono buoni, sono ottimi. L'Inter c'è, l'ha dimostrato e dovrà continuare a farlo: niente esaltazioni e giudizi affrettati, siamo solo all'inizio. Chivu deve avere il tempo di lavorare tranquillo, senza eccessive pressioni. E senza che si inizi a parlare forzatamente (e precocemente) di Chivuismo, come aveva ordinato lo stesso rumeno ("Non iniziamo con queste cose, manca solo iniziare a parlare di Chivuismo...") dopo la prima vittoria da allenatore dell'Inter contro il River Plate negli USA. 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 27 agosto 2025 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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