Giorni cupi questi per i tifosi dell’Inter. Giorni foschi, densi di lugubri profezie di sventura. Stanno vendendo tutti, non si salverà nessuno. Forse Pandev, che si è incatenato agli spogliatoi della Pinetina. Forse Zanetti, che giocherà fino al 2032. Anche Orlandoni vedrà rinnovato, di anno in anno, il suo contratto di portiere. Non è detto che giocherà, ma sicuramente potrebbe aprire e chiudere gli impianti di Appiano Gentile. Gli altri tutti via. Eto’o in Siberia, dove morirà di stenti e di freddo, ma pagato a peso d’oro. Sneijder a Manchester, dove scoppieranno incidenti come nel quartiere di Tottenham (in realtà stanno già scoppiano). Maicon non tornerà neppure a Milano, non si sa dove sia. Nagatomo tornerà in Giappone, prima o poi. Di Pazzini si sono perse le tracce, nessuno se lo fila più. Ranocchia dicono già che è un bidone. Coutinho non è mai esistito. Insomma, una tragedia senza limiti. L’Inter non esiste più. Dobbiamo farcene una ragione. Il fair play finanziario ci ha condotto a questa situazione. Moratti ha deciso correttamente. Parola d’ordine: risanare il bilancio. Gli ha scritto anche Trichet, un comunicato congiunto della Merkel e di Sarkozy apprezza, in queste ore, la scelta di vendere mezza squadra e di puntare, finalmente, sui giovani della Primavera: Natalino (cognome beneaugurante), Caldirola, Bianchetti, Faraoni, Alibec, e gli altri talenti in erba sono pronti a scendere in campo con la prima squadra. La chiamano già la “Canterina”. Roba fatta in casa, ma usando molta salsa catalana, il sapore dovrebbe essere eccellente.

Temete forse che con questa formazione non vinceremo nulla? E allora? Mica si può sempre vincere, ragazzi. Questa idea fissa delle Coppe, degli scudetti, dei trofei, è roba vecchia, sa tanto di Milan e di Juventus. Noi ci siamo lasciati contagiare. Solo perché abbiamo vinto cinque scudetti di fila, una Champions, una Coppa del Mondo, un paio di supercoppe. Ora basta, austerità, basso profilo, obiettivi più consoni alla situazione generale del Paese. Puntiamo al massimo a un dignitoso terzo posto, poi magari viene fuori qualcosa di meglio, chi può dirlo.

Dite che sto scherzando? Non saprei. A leggere tanti commenti e sfoghi dei tifosi, in questi giorni, ho solo caricato un po’ i toni. Ma l’ansia, l’angoscia, sono di questo tenore. Ho individuato a spanne queste categorie. I nostalgici: a loro manca Mourinho. Tutto li riporta a Mou, lo sognano, lo citano, lo rimpiangono, lo pregano, e piangono. I flagellanti: autoironici fino al sarcasmo, riescono a stroncare con battute salaci qualsiasi timido tentativo di ottimismo, o quantomeno, di fiducia nel futuro della squadra. Gli Orialisti: non sopportano Branca (e magari anche Paolillo, Tronchetti Provera e altri) e vorrebbero indietro Oriali con gli arretrati. I manciniani: genere in via di estinzione, ha tratto nuova linfa dalla mirabolante vittoria del City sulle nostre riserve, nella fantasmagorica finale dell’arcinota Dublin Cup. I masochisti: si esaltano con le sconfitte, dimenticano le vittorie che non li fanno godere. I romantici: vorrebbero che i nostri campioni del 2010 continuassero a vita a giocare insieme, con la stessa formazione, con lo stesso modulo, possibilmente sempre la stessa partita (il dubbio è tra Inter-Barcellona 3-1 o Inter-Bayern 2-0).

I superesperti: sanno tutto di tattica, schemi, trequattrotre, quattroduetreuno, quattroquattrodue, ma non disdegnano il cinquecinquecinque di Oronzo Canà. Le carpe: abboccano a qualsiasi esca dei giornali (sic!) e dei programmi televisivi, sono privi di anticorpi, e subiscono lesioni emotive tremende ogni sera (e ogni mattina). I furbi: quelli che dichiarano che quest’anno Moratti non li frega più e loro l’abbonamento non lo rinnovano fino a quando non si capisce chi arriva. Gli intertristi: mugugnano e si lamentano, esaltano le dirigenze degli altri, sono arcisicuri che saremo fregati non solo nel calciomercato ma soprattutto nel campionato e in champions che tanto non la rivinceremo per i prossimi quarantanni.


E poi ci sono gli altri: i normali. Specie difficile da individuare, si aggira nelle città e nei villaggi senza dare nell’occhio. Sono tifosi da sempre, sanno che a volte si vince e a volte si perde. Sanno che l’Inter è un po’ matta e non cambierà proprio adesso, ma è sicuramente la migliore squadra al mondo, quella più autentica, davvero internazionale, davvero umana e unica, quella di Facchetti, ad esempio. I “normali” non alzano la voce, non ribattono di fronte alla ribalderie e alle smargiassate delle cravattegialle e dei monocigli, ma semplicemente si fidano, almeno un po’, della nostra storia, dei nostri sentimenti, di questa maglia nerazzurra.

La mia modesta proposta per sopravvivere è proprio questa. Cercate un interista normale e adottatelo, prima che scompaia con le brume d’autunno. Siamo ancora in tempo. Salvate il soldato Ryan.

*Franco Bomprezzi, nato a Firenze, 58 anni, giornalista e scrittore. Vive e lavora in sedia a rotelle per gli esiti di una malattia genetica. Professionista dal 1984, ha lavorato in quotidiani, agenzie di stampa, portali internet. Attualmente free lance a Milano, esperto di comunicazione sociale. Editorialista del magazine “Vita”, modera il forum “Ditelo a noi” di corriere.it, è direttore responsabile di DM, periodico della Uildm, unione italiana lotta alla distrofia muscolare, e del portale Superando.it. Ha scritto “La contea dei ruotanti” (1999) e “Io sono così” (2003). Membro del comitato scientifico della Fondazione Vodafone, è portavoce di Ledha, Lega dei diritti delle persone con disabilità, è stato nominato Cavaliere della Repubblica il 3 dicembre 2007 dal presidente Napolitano in occasione della giornata internazionale delle persone con disabilità.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 10 agosto 2011 alle 00:01
Autore: Franco Bomprezzi
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