In un mazzo di carte nessuna ha il significato, il pericolo e il potenziale di un asso. Può rappresentare la carta più alta. O la più bassa. O entrambe, come nel blackjack. Di meglio c'è solo il jolly. Averlo in mano significa avere ampie possibilità ma a patto di conoscere il gioco, sapere quando rischiare, quando scoprirlo o tenerlo nascosto. A patto, insomma, di saper giocare. Perché, ad esempio nella briscola, l'asso può essere quello che vince su tutto ma anche un carico mal gestito che costa punti sanguinosi.
Il primo asso dell'Inter, facciamo quello di spade, è Antonio Conte perché chiunque riconosce in lui un valore aggiunto, una presenza che, da sola, basta ad innalzare il livello di rendimento di una squadra e, di conseguenza, l'asticella dei suoi obiettivi. Uno che rende il suo gruppo, spada in mano, combattivo, aggressivo, resistente e indomito. Fin qui ha lucidato e messo in vetrina un'Inter interessante, capace di portare a casa punti difficili in campionato ma anche di provare a far vedere trame di gioco e palleggi di una bellezza rara.
Ma ora arriva il difficile. Le sconfitte contro Barcellona e Juve hanno avuto ampia giustificazione, quel pareggino con lo Slavia Praga no. Dal Sassuolo in poi ricomincia un altro mini-ciclo che probabilmente offrirà l'esatta misura del valore del suo progetto. In Champions arrivano le due sfide al Borussia per vedere se l'Inter può dirsi ancora viva e in lotta o se saluterà le nobili d'Europa molto prima di quanto non abbia fatto Spalletti; in Serie A arrivano sfide che, se si vuole davvero tenere il passo della Juve, devono combaciare col bottino pieno. Se fin qui ha in parte stupito, ora deve dare continuità: la cosa più complicata.
Il secondo asso, facciamo quello di bastoni, è, appunto, Alessandro Bastoni. Simbolo di una nuova Inter dove i giovani come Sensi e Barella, indipendentemente dall'età e dal curriculum, si sono presi spazio e riflettori mostrando giocate e carisma che l'anagrafe non sa spiegare. Il difensore ha esordito con la Samp in una gara tostissima e ha sostituito Godin con la Juve in una di quelle gare che possono far tremare le gambe e confondere la mente. Conte avrà bisogno di lui, del suo coraggio e dell'aria nuova che porta sulle spalle alte ma ancora da rafforzare.
Lui, come Barella, Biraghi o Esposito, non ha a che fare con quell'Inter che ha n el Sassuolo un'avversario inospitale, spesso indigesto. Dopo lo 0-7 nella prima gara in assoluto al Mapei contro i neroverdi, infatti, l'Inter è riuscita a strappare sul campo di Reggio Emilia una sola vittoria a fronte di quattro sconfitte. E il Sassuolo non lo batte da cinque incontri (solo con la Juve esiste una striscia aperta senza successi più lunga). Servono altre carte, altre giocate. La spregiudicatezza di chi non teme il futuro ma non è nemmeno legato ai fantasmi del passato.
Un altro asso ancora, facciamo questa volta di denari, è Bobo Vieri. Immagine dell'Inter di Moratti che faceva felici i tifosi spendendo vecchi miliardi pur di vestire di nerazzurro i migliori giocatori in circolazione, ha recentemente parlato, con sapienza, della squadra di Conte. "Lui è uno che non ti fa mollare mai ma è sbagliato dire che deve vincere lo scudetto perché la Juve, che ha una panchina incredibile, è nettamente la più forte". Questo per chiarire come stanno le cose. "Ma i nerazzurri possono e devono lottare fino alla fine". Logico. E in controtendenza con quel gioco, che in molti non vedevano l'ora di giocare, di trovare a tutti costi un'anti-Juve da celebrare dopo ogni vittoria ma poi da massacrare alla prima caduta. L'Inter non deve vincere lo scudetto. L'Inter deve dimostrarsi credibile e all'altezza. E tenere la scia fino all'ultimo. Vedere se ci riesce, dopo tanti anni.
L'ultimo asso, inevitabilmente di coppe, è Zlatan Ibrahimovic. Suggestione di mercato di gennaio, intervistato dalla Gazzetta dello Sport in quel di Los Angeles, rappresenta un passato glorioso fatto di vittorie e successi. Ha parlato di Conte e di Lukaku. E di quanto gli manchi la Serie A. Detto che pensare ora ai rinforzi di mercato è ingenuo, sbagliato e ingeneroso, muoversi nell'ombra per cercare il margine in una simile trattativa dovrebbe rientrare tra le priorità della società. Perché simili giocatori bastano da soli a portare mentalità, entusiasmo, voglia di credere nell'impossibile. Ibra ha 38 anni ma è un vincente. E ha un fisico tirato a lucido oltre che la voglia di dimostrarsi determinante al di fuori dei confini della Mls statunitense. Resta un valore aggiunto come pochi altri. Sarebbe il segnale che quest'Inter non scherza. Sarebbe una giocata d'azzardo, come il blackjack. Dove l'asso può valere 1 o 11. Tutto o niente.
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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