"Scelta soggettiva, vale l'interpretazione dell'arbitro". Gianluca Rocchi, designatore arbitrale, ha chiuso così le polemiche per l'episodio che al tramonto del primo tempo di Sassuolo-Inter ha visto Samir Handanovic scontrarsi con Gregoire Defrel senza conseguenze per il portiere. Luca Pairetto, l'arbitro di campo, e Luigi Nasca, responsabile al VAR, hanno scelto di non intervenire e lasciar morire così la prima frazione.
La spiegazione di Rocchi è chiaramente una supercazzola per sollevare pubblicamente Pairetto da ogni responsabilità, ribadendo con forza la discrezionalità garantita al fischietto in casi in cui non c'è una verità oggettiva, come per esempio la goal line technology o il fuorigioco. Concetto comunque già emerso settimane fa, quando il designatore aveva annunciato le linee guida arbitrali che avrebbero restituito loro il potere della scelta sul campo, salvo errori evidenti da correggere al video.
L'episodio in questione è stato interpretato da Pairetto e da Nasca come un contatto di gioco normale. E siccome il calcio è uno sport di contatto e non tutti sono automaticamente fallo (c'è chi ogni tanto dimentica...), al fischietto torinese è sembrato opportuno non intervenire alla luce della dinamica. Handanovic, infatti, consapevole del rischio corso cerca di evitare Defrel e lo fa in modo plateale, alzando le braccia onde fugare ogni legittimo dubbio. Dal canto suo l'attaccante francese trovandosi di fronte un armadio color giallo ha come reazione istintiva quella di lanciarsi per tentare di evitarlo. Impresa fallita, perché nel reciproco movimento il volto di Defrel va a sbattere contro il gomito di Handanovic. Doloroso sicuramente, involontario anche. Ma irregolare?
Il fatto che ci siano tutt'oggi pareri discordanti tra giustizialisti e garantisti certifica la zona grigia dell'episodio e la sua assoluta mancanza di oggettività. Tradotto, l'arbitro ha interpretato quanto accaduto e ha preso una decisione di campo, confermata dal collega al VAR. Decisione che può starci, anche se trova in profondo disaccordo una parte di opinione pubblica convinta che il portiere andasse espulso per aver interrotto, per danno procurato, una chiarissima occasione da gol. E altrettanto convinta che l'Inter, sotto di una rete e con l'uomo in meno, non sarebbe riuscita a ribaltare il risultato come poi è accaduto. Posto che in tema arbitrale chi si occupa di Inter ne avrebbe di rimostranze, anche in questa stagione, e che in questo caso la scelta soggettiva dell'arbitro non ha punito i nerazzurri (sorpresona!), lascia parecchio perplessi l'onda emotiva scatenatasi al fischio finale.
Già prima dei titoli dei giornali, il focus su Sassuolo-Inter è stato indirizzato sull'episodio incriminato, con j'accuse pesanti nei confronti di Pairetto, additato come responsabile della sconfitta del Sassuolo. Ecco, questo è inaccettabile. Perché in primis, come dimostrato, si tratta di un fatto di gioco privo di oggettività; in secundis, anche fosse stato un errore accertato, quante volte accade che il fischietto di turno venga sbattuto in prima pagina, idealmente con foto segnaletica, per giustificare un risultato finale? Una rarità. Una rarità che in qualche modo va spiegata: senso di giustizia? Partigianeria per il Sassuolo? No, piuttosto insofferenza nei confronti dell'Inter, allergia all'idea che possa godere di un vantaggio come accade in realtà un po' a tutte senza cotanta rilevanza. Come se fosse inammissibile che i nerazzurri possano godere di una svista o un'interpretazione che penda dalla loro parte. Una blasfemia, insomma.
Fa quasi comodo ridurre Sassuolo-Inter, partita ricchissima di contenuti, a quell'episodio. Invece entrambe le squadre hanno giocato una partita gradevole, a tratti divertente, con molte emozioni. Il problema è che alla fine è stata l'Inter a prevalere, perché se Andrea Consigli non avesse atterrato Edin Dzeko a meno di 15 minuti dal 90' e la squadra di Simone Inzaghi avesse lasciato per strada 2 punti, è altamente probabile che nessuno si sarebbe ricordato dello scontro Handanovic-Defrel, relegato ad argomento da boxino della Moviola. Invece no, l'Inter ha vinto e bisogna depauperare questo successo attribuendolo all'errore di Pairetto. Il perfetto caprio espiatorio per giustificare chissà quale nefandezza, ben oltre i limiti del buon senso.
Posto che gli arbitri continueranno a sbagliare, inutile illudersi, infastidisce e non poco la reazione dei media che invece di raccontare e analizzare le partite per 90 e passa minuti ne estrapolano un frame per giustificare i propri atti di accusa e tutto ciò accade random, in base alla squadra che subisce o si avvantaggia di un episodio. Parrucca bianca e toga indossati in base al tifo o alla simpatia, non mirando a quella che dovrebbe essere una valutazione oggettiva e democratica. In altre parole: ha ricevuto più critiche Pairetto per una decisione pro Inter alla fine del primo tempo di una partita della settima giornata di campionato rispetto al famigerato Gianpaolo Calvarese che, in coppia con il VAR Massimiliano Irrati, ha indirizzato Juventus-Inter dello scorso 15 maggio con decisioni inqualificabili, con il culmine del rigore ai bianconeri per fallo di Juan Cuadrado su Ivan Perisic, non viceversa. Vittoria last minute dei padroni di casa che hanno tenuto in vita le speranze Champions, portando a casa una settimana dopo quarto posto e i conseguenti, fondamentali, 40 milioni per l'accesso alla competizione. Nella fattispecie, titoloni dedicati all'efficacia del colombiano e al carattere della Juventus, con scarsi riferimenti 'agli errori' della squadra arbitrale, senza evidenziarne la palese direzione. Un modo elegante per non focalizzarsi su ciò che hanno visto tutti.
Il sistema mediatico che ruota attorno al pallone ormai da anni è viziato da interessi economici, simpatie e approssimazione. Raccontare il gioco per quello che è non è una priorità, assecondare l'emotività di certe tifoserie a discapito di altre è prassi. Si sottolinea e si insabbia in base alle proprie necessità, a costo di drogare la verità. Mandare alla gogna un arbitro per aver avvantaggiato una certa squadra e redimerne un altro per aver graziato altri colori non è più un problema, anzi. Non si sente più il bisogno di fare i conti con la propria coscienza o professionalità, l'informazione è diventata una caramella che incontra il gusto solo di una platea selezionata. Captatio benevolentiae.
La spiegazione di Rocchi è chiaramente una supercazzola per sollevare pubblicamente Pairetto da ogni responsabilità, ribadendo con forza la discrezionalità garantita al fischietto in casi in cui non c'è una verità oggettiva, come per esempio la goal line technology o il fuorigioco. Concetto comunque già emerso settimane fa, quando il designatore aveva annunciato le linee guida arbitrali che avrebbero restituito loro il potere della scelta sul campo, salvo errori evidenti da correggere al video.
L'episodio in questione è stato interpretato da Pairetto e da Nasca come un contatto di gioco normale. E siccome il calcio è uno sport di contatto e non tutti sono automaticamente fallo (c'è chi ogni tanto dimentica...), al fischietto torinese è sembrato opportuno non intervenire alla luce della dinamica. Handanovic, infatti, consapevole del rischio corso cerca di evitare Defrel e lo fa in modo plateale, alzando le braccia onde fugare ogni legittimo dubbio. Dal canto suo l'attaccante francese trovandosi di fronte un armadio color giallo ha come reazione istintiva quella di lanciarsi per tentare di evitarlo. Impresa fallita, perché nel reciproco movimento il volto di Defrel va a sbattere contro il gomito di Handanovic. Doloroso sicuramente, involontario anche. Ma irregolare?
Il fatto che ci siano tutt'oggi pareri discordanti tra giustizialisti e garantisti certifica la zona grigia dell'episodio e la sua assoluta mancanza di oggettività. Tradotto, l'arbitro ha interpretato quanto accaduto e ha preso una decisione di campo, confermata dal collega al VAR. Decisione che può starci, anche se trova in profondo disaccordo una parte di opinione pubblica convinta che il portiere andasse espulso per aver interrotto, per danno procurato, una chiarissima occasione da gol. E altrettanto convinta che l'Inter, sotto di una rete e con l'uomo in meno, non sarebbe riuscita a ribaltare il risultato come poi è accaduto. Posto che in tema arbitrale chi si occupa di Inter ne avrebbe di rimostranze, anche in questa stagione, e che in questo caso la scelta soggettiva dell'arbitro non ha punito i nerazzurri (sorpresona!), lascia parecchio perplessi l'onda emotiva scatenatasi al fischio finale.
Già prima dei titoli dei giornali, il focus su Sassuolo-Inter è stato indirizzato sull'episodio incriminato, con j'accuse pesanti nei confronti di Pairetto, additato come responsabile della sconfitta del Sassuolo. Ecco, questo è inaccettabile. Perché in primis, come dimostrato, si tratta di un fatto di gioco privo di oggettività; in secundis, anche fosse stato un errore accertato, quante volte accade che il fischietto di turno venga sbattuto in prima pagina, idealmente con foto segnaletica, per giustificare un risultato finale? Una rarità. Una rarità che in qualche modo va spiegata: senso di giustizia? Partigianeria per il Sassuolo? No, piuttosto insofferenza nei confronti dell'Inter, allergia all'idea che possa godere di un vantaggio come accade in realtà un po' a tutte senza cotanta rilevanza. Come se fosse inammissibile che i nerazzurri possano godere di una svista o un'interpretazione che penda dalla loro parte. Una blasfemia, insomma.
Fa quasi comodo ridurre Sassuolo-Inter, partita ricchissima di contenuti, a quell'episodio. Invece entrambe le squadre hanno giocato una partita gradevole, a tratti divertente, con molte emozioni. Il problema è che alla fine è stata l'Inter a prevalere, perché se Andrea Consigli non avesse atterrato Edin Dzeko a meno di 15 minuti dal 90' e la squadra di Simone Inzaghi avesse lasciato per strada 2 punti, è altamente probabile che nessuno si sarebbe ricordato dello scontro Handanovic-Defrel, relegato ad argomento da boxino della Moviola. Invece no, l'Inter ha vinto e bisogna depauperare questo successo attribuendolo all'errore di Pairetto. Il perfetto caprio espiatorio per giustificare chissà quale nefandezza, ben oltre i limiti del buon senso.
Posto che gli arbitri continueranno a sbagliare, inutile illudersi, infastidisce e non poco la reazione dei media che invece di raccontare e analizzare le partite per 90 e passa minuti ne estrapolano un frame per giustificare i propri atti di accusa e tutto ciò accade random, in base alla squadra che subisce o si avvantaggia di un episodio. Parrucca bianca e toga indossati in base al tifo o alla simpatia, non mirando a quella che dovrebbe essere una valutazione oggettiva e democratica. In altre parole: ha ricevuto più critiche Pairetto per una decisione pro Inter alla fine del primo tempo di una partita della settima giornata di campionato rispetto al famigerato Gianpaolo Calvarese che, in coppia con il VAR Massimiliano Irrati, ha indirizzato Juventus-Inter dello scorso 15 maggio con decisioni inqualificabili, con il culmine del rigore ai bianconeri per fallo di Juan Cuadrado su Ivan Perisic, non viceversa. Vittoria last minute dei padroni di casa che hanno tenuto in vita le speranze Champions, portando a casa una settimana dopo quarto posto e i conseguenti, fondamentali, 40 milioni per l'accesso alla competizione. Nella fattispecie, titoloni dedicati all'efficacia del colombiano e al carattere della Juventus, con scarsi riferimenti 'agli errori' della squadra arbitrale, senza evidenziarne la palese direzione. Un modo elegante per non focalizzarsi su ciò che hanno visto tutti.
Il sistema mediatico che ruota attorno al pallone ormai da anni è viziato da interessi economici, simpatie e approssimazione. Raccontare il gioco per quello che è non è una priorità, assecondare l'emotività di certe tifoserie a discapito di altre è prassi. Si sottolinea e si insabbia in base alle proprie necessità, a costo di drogare la verità. Mandare alla gogna un arbitro per aver avvantaggiato una certa squadra e redimerne un altro per aver graziato altri colori non è più un problema, anzi. Non si sente più il bisogno di fare i conti con la propria coscienza o professionalità, l'informazione è diventata una caramella che incontra il gusto solo di una platea selezionata. Captatio benevolentiae.
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