Inter-Juventus è sempre Inter-Juventus, che si tratti di Champions League, campionato o di una semplice amichevole. Questa sera l’appuntamento è a San Siro e in palio c’è la finale di Coppa Italia, trofeo alzato dai nerazzurri nella passata stagione sotto il cielo dell’Olimpico di Roma proprio dopo aver schiantato i bianconeri con un sonoro 4-2, epilogo di una gara infinita arrivata fino ai tempi supplementari. Questo Inter-Juventus, però, va ben oltre una semplice finale.

La rivalità tra le due squadre è ormai nota, datata e raccolta nei libri di storia del calcio, con quanto avvenuto nel match d’andata all’Allianz Stadium a rappresentare solo l’ultima dose di veleno che lega il Biscione e la Signora. I ‘buu’ e gli “scimmia di merda” usciti dalla bocca di qualche bianconero seduto in curva, il rigore del definitivo 1-1 realizzato da Lukaku, l’esultanza con indice sulla bocca accompagnato da un “muti, muti” nei confronti degli ignoranti razzisti, le espulsioni di Cuadrado e Handanovic. E poi le polemiche e i pasticci di AIA, Lega Calcio e FIGC su giudizi, referti e ricorsi discutibilmente accettati (curva juventina aperta contro il Napoli) ed altri clamorosamente respinti (quello per la squalifica di Big Rom). Fino ad arrivare alla storica decisione del numero uno della Federcalcio Gabriele Gravina di concedere la grazia al belga e di annullare la squalifica della “vittima” che era “diventata l'unico colpevole” (per dirla con le taglienti parole utilizzate nel comunicato del club nerazzurro), rimettendolo a disposizione di Inzaghi per la semifinale di ritorno di questa sera. Un importante segnale al mondo dello sport contro il delicato del razzismo, arrivato però solo dopo la grande risonanza mediatica rimbalzata dall’Italia al resto del mondo, con il Belpaese che non ha rinunciato al sottrarsi dall’apparire ancora una volta colpevolemente indietro su un problema grave che va condannato sempre e comunque. Specie in questo momento storico, specie con questo tipo di Governo alla guida del Paese. Perché in questo caso la toppa è stata peggio del buco. In queste situazioni non ci sono bandiere, non ci devono essere divisioni. Tutti devono agire compatti.

Proprio come l’Inter, chiamata a diventare un tutt’uno e semplicemente a non scegliere tra una partita e l'altra, da qui fino al termine della stagione. Dopo la Supercoppa Italiana messa in bacheca contro il Milan sono fissati sul calendario il doppio Euroderby di Champions League, il tour de force in campionato che vale un quarto posto vitale e una Coppa Italia che passa dalla semifinale di questa sera. Contro i nemici (sportivi) di sempre, in quelle sfide che spesso possono aiutare a compattare l’ambiente, ritrovando le giuste convinzioni e la giusta mentalità per andare avanti. Più di dieci anni fa José Mourinho parlava di 'rumore dei nemici', oggi Danilo D’Ambrosio (protagonista dell'acceso scontro con Paredes nell'ultimo Inter-Juve di campionato) prova a rispolverare lo stesso concetto nel periodo più delicato ed infuocato della stagione: "Se devo dire la verità penso che l'Inter sia sempre troppo poco protetta sotto tutti i punti di vista, sono dieci anni che sono qua e ne ho visti di tutti i colori - le parole rilasciata a Rai Sport dopo il 3-0 di Empoli -. Ci sono sempre motivi per attaccare la squadra, la società e l'allenatore. Chi è qui da poco tempo ha già capito com'è l'ambiente dell'inter, c'è solo da tenere la testa bassa e pedalare". A partire da un Derby d’Italia da vincere, per dare slancio ad una stagione mai così in bilico tra la storia e il fallimento.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 26 aprile 2023 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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