Possiamo dirlo? Sì, e senza timore di smentite alcune: la stagione 2012-2013 va in archivio nella maniera peggiore, con l’Inter che fallisce anche l’ultimo obiettivo plausibile, la finale di Coppa Italia. Ma francamente, era forse ingiusto e impossibile pensare che sarebbe andata diversamente. Anzi, forse i ragazzi, almeno quelli scesi in campo ieri sera, hanno comunque dato il massimo, rispondendo anche all’ultima iattura capitata loro addosso, l’infortunio di Esteban Cambiasso a pochi minuti dal fischio d’inizio, roba che in certe condizioni manderebbe per le terre anche un toro. A scanso di equivoci: hanno dato tutti il massimo, come ha sottolineato anche il presidente Massimo Moratti. In una serata nata male, che si stava raddrizzando in maniera addirittura clamorosa, ma che poi ha seguito la prevedibile piega degli eventi.
Vanno nonostante tutto applauditi i nostri ragazzi, come giustamente ha fatto chi non è uscito prima dallo stadio di San Siro (e sono stati tanti, purtroppo): perché finché hanno potuto ci hanno creduto, trovando anche il gol che in quel momento voleva dire finale ad opera dell’eroe a sorpresa, quel Jonathan troppo spesso fatto oggetto di ironie anche pesanti per certe sue grossolane performances, e che invece ieri ha inventato un gol d’autore. Ma alla fine, è venuto fuori tutto il divario tecnico e di uomini tra le due squadre: e a firmare la condanna dell’Inter ci ha pensato, ironia della sorte, quel Mattia Destro che, invocato anche dal tecnico Aurelio Andreazzoli, ha tirato fuori la voglia di rivalsa da ex sedotto e abbandonato segnando una doppietta micidiale. Era forse tutto già scritto, l’errore di posizione di Handanovic sulla rete di Torosidis pesa poco, così come il gol di un Alvarez che ha fatto vedere in queste ultime gare una grinta inusitata. Poteva essere una favola, è diventata l’ennesima notte buia: ma eravamo tutti preparati.
Comunque, applausi e complimenti a parte, rimane un dato di fatto: anche per quest’anno, l’Inter chiuderà la stagione con i proverbiali zeru tituli, anche se forse nessuno, alla fin fine, in società, partiva con la prospettiva di poter alzare al cielo qualche trofeo. E’ il primo anno della rifondazione, è il punto di partenza di un nuovo progetto, sono state le frasi che spesso e volentieri abbiamo sentito durante l’anno. Purtroppo questo è l’anno degli infortuni, piovuti in serie e che ancora continuano ad affliggere la rosa nerazzurra, col rischio nemmeno tanto remoto che questo calvario si protragga anche nelle ultime sei partite e che anche il misero posticino in Europa League possa sfuggire.
Degna apoteosi, forse, di un’annata funesta, che ora va analizzata nel migliore dei modi, per cercare di capire, di setacciare tutte le negatività, e da lì cominciare a togliere il dannoso e il superfluo. Perché non possono esserci solo i rimpianti, ma anche le colpe: la società è chiamata ora più che mai a farsi, con la massima serenità ma anche con la massima decisione, un vero e proprio esame di coscienza, perché questa stagione così nera, così amara, non può essere solo opera del caso funesto, cinico e beffardo. Vanno raccolte tutte le informazioni e magari, se necessario, fare anche qualche potatura lì dove il ramo non fa più frutti come un tempo. Tutto questo mentre le critiche verso le diverse componenti della società si fanno sempre più feroci e la Curva Nord esprime il proprio sentirsi orfani di una figura che rispecchi l’interismo e identifica già un suo Benjamin Malaussene in Marco Fassone, al quale è stata rinfacciata quella brutta maglietta da tifoso juventino, retaggio della sua militanza nella società bianconera. Francamente, troppe cose sulle quali non si può passare sopra con troppa leggerezza.
E’ arrivato il momento delle scelte, insomma, anche radicali: come quando sei di fronte ad un computer che magari tre anni fa era il portento della tecnologia, e che invece adesso mostra i segni della vecchiaia e continua a impallarsi mentre altri modelli più evoluti e vincenti sono stati immessi sul mercato. Adesso bisogna salvare i file rimasti ancora buoni (uno di questi si chiama Mateo Kovacic) e poi provare a riavviare il sistema con la classica combinazione ctrl+alt+canc, sperando che col riavvio qualche problema si aggiusti da sé; oppure, soluzione forse più drastica e dispendiosa ma meno a rischio coronarie, comprare un computer nuovo con software più aggiornato…
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