"Non bisogna prendere gol in ogni partita, così non se ne vincono tante. Contro una squadra più forte, il primo tempo non finisce 1-0". Come spesso gli accade in campo, Marcelo Brozovic aveva capito tutto con largo anticipo e lo aveva fatto sapere pubblicamente lo scorso 19 ottobre, dopo Inter-Sheriff 3-1. A margine di una vittoria netta, nella quale non erano mancati quegli sbilanciamenti tattici che in qualche partita hanno sottolineato la vulnerabilità dei nerazzurri anche nelle giornate passate a controllare il ritmo e a dominare il conto delle occasioni. Non a caso, a tre giorni dal ko rocambolesco con la Lazio, anche la squadra di Tiraspol aveva costruito la possibilità di passare addirittura in vantaggio a San Siro, cancellata dal ripiegamento difensivo prezioso di Edin Dzeko. Giocata non così rara in questo avvio di stagione, a denotare sia la generosità del bosniaco ma soprattutto l'assenza di un equilibrio tra difesa e attacco.

Da quella sera in poi, l'atteggiamento della squadra di Simone Inzaghi è cambiato: è rimasto il coraggio di attaccare, è sparita la libertà di interpretazione tendente all'anarchia dei singoli. Tradotto in numeri: appena due gol subiti, entrambi su palla inattiva (il rigore di Dybala e la rete dalla bandiera di Traore) tra Juve, Empoli, Verona e, appunto, Sheriff. Con la partita che ha chiuso con una nuova verità questo cerchio aperto dalla riflessione di Brozo: l'indice di pericolosità offensiva può rimanere alto, sufficiente per assicurarsi una vittoria, senza correre rischi eccessivi dietro. Esattamente come accaduto ieri sera in Transnistria, dove la Beneamata ha sbancato lo Sheriff Stadion anche grazie al gol del centrocampista croato, l'uomo simbolo capace di unire con un filo le ultime tre ere Spalletti-Conte-Inzaghi. Le sorti dell'Inter, non è una novità, da anni passano dai suoi piedi, di piuma o di ferro a seconda delle necessità che impone la situazione. Comunque pronti a macinare decine di chilometri ogni partita, avanti e indietro per stare al passo ai suoi pensieri da regista-mediano che corrono sempre velocissimi. Sempre al servizio della squadra, da qualche settimana Brozo è stato inserito in un contesto di gioco che lo esalta e non lo rende l'ultimo baluardo a centrocampo facile da superare per arrivare in porta. Niente più braccia aperte in segno di insofferenza di fronte a una cosa che non va, ma solo la testa alta per dirigere i compagni come un vero leader o i movimenti per regalare le giuste spaziature a chi gli sta intorno. Il 2-1 della discordia segnato da Felipe Anderson, con l'ex Dinamo Zagabria ad agitarsi vistosamente per segnalare l'arrivo imminente dell'ineluttabile, è un ricordo che sembra lontanissimo, eppure sono passate appena quattro partite. Il tempo necessario per far praticamente avverare un'altra profezia dell'Epico che, coccolando il primo dei tre premi di MVP presi in questa edizione della Champions, si era pronunciato così dopo l'immeritato ko all'esordio per mano del Real Madrid: "Quest'anno vinciamo 3-4 partite e passiamo il turno. Sono sicuro al 100%". L'Inter ora è a quota due, ne serve un'altra con lo Shakhtar per chiudere i conti e giocarsi il primato con i blancos all'ultima giornata del girone. Il secondo round dopo la beffa di San Siro firmata Rodrygo, dopo la quale Brozovic aveva trovato l'altro difetto che ha condizionato il risultato di almeno tre partite di questa stagione: "Abbiamo giocato troppo bene nel primo tempo, avremmo dovuto chiudere sul 3-0".

Insomma, Brozovic è una specie di oracolo che sa sempre tutto in anticipo. Quindi ne approfittiamo: Marcelo, come finisce il derby? Ah, già che ci sei: rinnovi?
Sezione: Editoriale / Data: Gio 04 novembre 2021 alle 00:01
Autore: Mattia Zangari
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