Si conclude oggi un turno infrasettimanale ancora annacquato dai veleni post Napoli-Inter, in cui non c'è stato neanche il tempo di metabolizzare il fuoco incrociato tra le parti che da Lecce sono piovute altre provocazioni, sempre firmate da Antonio Conte, che dice e non dice in modo inequivocabile e di certo bene non fa alla serenità del contesto. Proprio al Via del Mare gli azzurri ottengono 3 punti più impegnativi del previsto e lo stesso bottino lo conquistano anche Roma, Juventus e il neanche troppo sorprendente Como che prima del fischio d'inizio di Inter-Fiorentina al Meazza si ritrova solo al quarto posto, davanti ai nerazzurri. Nerazzurri alle prese con la classica partita in cui hai tutto da perdere, perché in tutta onestà il valore dell'avversario e la sua classifica sono in netta asincronia.

E l'andamento della gara, scandito finalmente dal ritorno del tifo organizzato che si è autorinominato Secondo Anello Verde Milano, assai presente per sostenere la squadra come ai vecchi tempi, ha confermato i timori della vigilia. L'Inter non ha avuto vita facile, perché il baricentro basso imposto da Pioli ai suoi, demandando a Kean e Gudmundsson i compiti offensivi, ha negato spazi di vita agli avversari, troppo ingolfati nel cercare sempre soluzioni veloci e raramente precise, quasi fossero trascinati dall'ansia di non potersi permettere un altro passo falso. La coppia Lautaro-Pio stavolta non ha rubato l'occhio e per tutto il primo tempo nessun nerazzurro si è distinto particolarmente, a parte Bisseck che, proposto a sorpresa al centro della difesa, si è dedicato anima e corpo al controllo dell'attaccante della Nazionale italiana, accendendo un duello tutto muscoli e atletismo anche piacevole alla vista. Mossa azzeccatissima e in controtendenza da parte di Cristian Chivu.

A complicare le cose un metro arbitrale, quello di Sozza, troppo permissivo, al limite dell'indifferenza per quanto avvenisse sul rettangolo di gioco, difficile da metabolizzare per tutti i calciatori tra i quali abbondavano sguardi smarriti misto increduli. Increduli come tutti gli interisti quando un placcaggio rugbistico di Comuzzo a Esposito non è stato punito con l'indiscutibile rigore, con la complicità di Ghersini che al VAR non si gioca la carta dell'OFR. E in quel preciso momento sono tornate alla mente certe parole sconvenienti tra Napoli e Lecce...

Il 3-0 finale ha preso vita in un secondo tempo in cui i padroni di casa si sono scrollati di dosso da subito le scorie mentali del Maradona e di un primo tempo più complicato del previsto. Un'onda energetica che ha investito la Fiorentina, incapace persino di allontanare il pallone alla ricerca dell'isolato Kean e respinta coraggiosamente dal prodigioso De Gea, l'eroe che i viola non meritano ma di cui hanno tremendamente bisogno. Il 'tutti contro uno' sfiora i confini dell'epica, fino all'ingresso roboante in scena dell''anti-eroe, Hakan Calhanoglu, che stanco di vedere il portiere spagnolo esaltarsi, ha scaraventato verso la porta un destro che ha infranto in un attimo oltre un'ora di resistenza toscana. Il sortilegio è annullato. Poi arriva lui, un timido ragazzo croato al secolo Petar Sucic, che all'improvviso e dal nulla ha deciso di regalare alla gente nerazzurra un ricordo indelebile, di quelli che tra qualche anno fanno esclamare: "Io c'ero!". Il rigore nel finale, ancora griffato dall'anti-eroe turco, è anche una coccola per Lautaro e Bonny.

Vittoria, 3 gol e 3 punti, in risposta alle altre che lassù non smettono di correre e a protezione di un terzo/quarto posto da cui si può osservare l'andazzo senza perdersi nulla per strada. Già domenica, a Verona, nuovo test per mantenere una sedia al tavolo delle prime. Perché dopo il digiuno sotto il Vesuvio, adesso l'appetito vien mangiando.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 30 ottobre 2025 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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