Così, alla fine, Ivan Perisic arriva sotto la Madonnina. Il mercato nerazzurro mai come quest’anno è in continuo movimento ed i tifosi sono in fibrillazione, orecchie tese, pronti a cogliere ogni minimo sussurro, ogni si dice, ogni indiscrezione. Siamo onesti, non succedeva da tempo. Immemore. Già, anni ed anni trascorsi all’inseguimento di presunti campioni o profili in cerca di rilancio. O, peggio ancora, rincorrendo onesti pedatori spacciati poi per fuoriclasse assoluti. Niente da dire, veniamo davvero da anni bui, trascorsi nel ricordo del triplete che fu, del Mourinho che ci mancava assai, del dominio incontrastato tra il 2006 ed il 2010.
Errori e orrori che oggi, adesso, attualmente, stiamo pagando noi tifosi; perché, siamo sinceri, nulla si può rimproverare al Presidente Erick (volutamente lo chiamo per nome, è un giovanotto rampante e mi piace il suo pensiero/azione) e agli alti dirigenti interisti durante questa sessione di compravendita dei calciatori. Molti hanno storto la bocca per la cessione di Mateo Kovacic, il gioiellino croato mai esploso e sul quale il popolo coi colori del cielo e della notte aveva riversato speranze e grandi aspettative. Spesso, troppo spesso, disattese. Forse non per colpe sue, forse per sistemi di gioco che non lo vedevano mai coinvolto in prima persona, mai protagonista assoluto ma, anzi, relegato ai margini della manovra se non addirittura in panchina.
Ora, se un giocatore non riesce a esprimersi con un allenatore è un conto; se, al contrario, il giocatore non riesce a esprimersi con molti allenatori, beh, in questo caso personalmente inizio a domandarmi; forse il problemino non è quello che sta in panca ma quello che non fa in campo ciò che gli viene chiesto. A me Mateo piaceva, sono onesto; e, sincerità per sincerità, credo piacesse molto anche a Roberto Mancini. Ma è acclarato che se un Real Madrid qualunque passa da casa tua e ti offre 40 milioni di euro bonus compresi per il Kovacic di turno io, con le lacrime agli occhi (non è vero, non ho pianto manco per sbaglio), lo impacchetto e lo spedisco. Pur nutrendo per lui affetto sincero. Ma il calcio non è un gioco di affetti. Qui non siamo da Maria de Filippi o da Raffaella Carrà. Qui si va in campo, su un prato verde, e si cerca di battere quelli che ti giocano contro. Con buona pace degli affetti, delle lacrime o delle carrambate.
Tanti poi continuano a dimenticarsi, o forse non lo sanno proprio, che l’Inter è perennemente sotto l’occhio dell’UEFA e del fantastico Financial Fair Play: le cui conseguenze sono che la Società del Biscione non può sperperare e scialacquare denaro per acquistare ora tizio e ora caio senza, nel frattempo, cedere qualche pezzo prezioso della sua collezione. Altrimenti si finisce per andare in guai molto più seri della semplice sanzione pecuniaria con cui siamo già stati puniti. E poco importa se esistono società che possono tranquillamente trovare sponsor da 100 o 200 milioni dalla sera alla mattina, aggirando di fatto il favoloso regolamento voluto da Monsieur Platini (ma la domanda è: ora che diventerà il capo assoluto del calcio mondiale, vigerà il FFP anche in Sud America? O in Centro America? O in Africa? Vedremo, sono curioso in proposito). Noi non possiamo farlo. Perché non abbiamo mecenati tanto munifici da mettere sul piatto della bilancia qualche centinaio di milioni di euro in cambio di un adesivo piazzato sulla borsa di allenamento. Il motivo della cessione del giovane croato sta tutta qui, nel recuperare soldini, tantissimi, salvifici per il bilancio nerazzurro.
Finalmente Perisic; dopo 86 giorni. Il numero ottantasei, parliamo di simbolismo, significa tra le altre cose conquiste sofferte. Divertente dunque come dopo questo numero di giorni, esatto, la storia di Ivan abbia avuto il finale che l’Inter e lo stesso calciatore croato desideravano da tempo. Nonostante l’Allofs di turno, pronto a mettere i bastoni tra le ruote; d’altronde è il suo ruolo quello di far guadagnare alla sua società il più possibile, le simpatie o antipatie personali non c’entrano qui. Pur se tanto tanto simpatico forse…
Ora Mancini ha il calciatore che ha chiesto; o, meglio, uno di quelli che ha chiesto ossessivamente; ma non penso che il tecnico si accontenti. Perché la squadra è comunque indietro, magari non in maniera così eclatante come gli anni scorsi, rispetto alle presunte favorite per il successo finale. Inutile stare a nascondersi o gigioneggiare. Mancano un esterno, la decisione dell’allenatore può essere anche discutibile ma nessuno degli uomini di fascia attualmente a sua disposizione lo ha convinto in pieno, e un centrocampista di esperienza in grado di martellare davanti alla difesa, far ripartire l’azione e, cosa fondamentale, essere l’ancora di salvezza per i compagni; uno cioè che non si nasconda nei momenti di difficoltà. Il resto dei nomi che circolano è materia non di primaria importanza; una sorta di corollario a ciò che è già stato fatto. L’unica eccezione, ma qui andiamo nel personale, potrebbe essere Lavezzi: solo che io ho un debole per il Pocho quindi la mia pseudo analisi è figlia di una simpatia sfacciata per il ragazzo argentino.
Da qui alle 23 del 31 agosto manca tanto, tantissimo. E davvero mai come in questa caldissima e anomala estate potrebbe capitare tutto e il suo contrario. Io non credo che il mercato della Beneamata si sia esaurito con l’arrivo del ventiseienne esterno di Spalato. Spero ardentemente però che chi verrà a vestire la nostra maglia abbia voglia e grinta e non si sieda come è capitato a troppi in queste ultime stramaledette stagioni. Soprattutto, perché è un mantra che mi ripeto spesso e volentieri, che chi verrà porti esperienza e palle; componenti fondamentali se si vuol arrivare in alto. E la nostra necessità per questa annata È arrivare in alto. Forse non siamo pronti per il titolo, i lavori sono partiti qualche mese fa e sono oltretutto ancora in corso d’opera. Ma il blasone che ci accompagna obbliga questi ragazzi a riportare l’Inter dove è più consono stare.
Quindi venghino pure siore e siori…
Ci sono da aggiungere altri posti a tavola. Ci saranno amici in più.
Amatela! E buona domenica a Voi.
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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