Juan Sebastian Veron è uno dei protagonisti del pomeriggio di SkySport durante '#CasaSkySport'. Tanti i temi trattati dalla Brujita durante la chiacchierata a distanza, a partire dall'emergenza Coronavirus che sta investendo il mondo da diverse settimane: "Il calcio da noi è fermo da una settimana, la situazione è cominciata a farsi pensante per il fatto che ieri il Governo ha dato la quarantena totale e quindi non si può uscire di casa. Passiamo il tempo, il Club è chiuso e i ragazzi si allenano da casa seguendo ciò che dice l’allenatore. Noi come società abbiamo messo a disposizione le infrastrutture nel caso in cui il problema dovesse diventare ancora più pesante”.
Seba risponde poi ai complimenti che arrivano da Paolo Condò e ripercorre poi parte della sua carriera: “Grazie Paolo (Condò, ndr) per le parole: ho sempre detto che ho avuto la fortuna di arrivare in Italia e il calcio mi ha aiutato a maturare. Ora vedo Correa che fa bene in Italia, ha capito come si gioca il calcio. Il calcio italiano è tattico, ti aiuta a pensare la giocata un secondo prima e a me ha dato quello. È stata un’esperienza bellissima, non solo dentro il campo. Ho avuto dei grandissimi compagni in tutte le squadre. Il Mondiale è stata la chiusura della mia esperienza in nazionale: uno che comincia un’avventura aspetta che finisca nella miglior maniera, ma ormai è passato”.
La squadra più forte in cui ho giocato?
“È molto difficile, come fare una squadra con i compagni con cui ho giocato. Dovendo scegliere direi la Lazio perché è stato il primo scudetto, una squadra che da 26 anni non lo vinceva. E’ stata una sensazione unica come tutti titoli vinti in Italia”.
Perché la fascia sotto il ginocchio?
“È stata la Sampdoria con un caro amico che è stato con noi pure alla Lazio e all’Inter, Sergio Viganò: a quell’epoca avevo un problema al ginocchio e, non per scaramanzia ma per abitudine, l’ho portata fino a fine carriera”.
La squadra italiana a cui sei più legato ?
“Lo sono con tutte quelle in cui ho giocato, soprattutto in questi giorni ho parlato con dirigenti ed ex compagni. Sono molto legato all’Italia, a tutte le squadre in cui sono stato e infatti ho un bellissimo rapporto con tutti. E con tutti ho avuto la fortuna di scrivere un pezzettino di storia delle società”.
La Lazio ce la può fare contro Inter e Juventus?
“Le storie si incidono sui campi. La Juve ha un vantaggio su questo, ha più esperienza sulle spalle soprattutto perché ha vinto 8 scudetti di fila. Inter e Lazio sono grandi club, ma nella storia recente hanno fatto fatica a tentare di vincere lo scudetto. La pressione può far sperare: o ti fa dare il meglio o ti ferma le gambe”.
Il compagno più divertente?
“Se c’è uno che devo scegliere è sicuramente Attilio Lombrado. Aneddoto? Sono troppi, tutti i giorni aveva qualcosa da dire. Era uno che in tournée si metteva sempre a fare le foto con i vincitori, ad esempio, con le altre squadre”.
Chi è più forte Lautaro Martinez e Dybala?
“Sono diversi. Dybala può fare la seconda punta e pure il trequartista, Lautaro no ma dentro l’area è un giocatore che difficilmente non trova la porta. Tranquillamente possono giocare insieme, sono giovani e hanno ancora molti anni per migliorare tutto quello che hanno già fatto vedere in questi anni”.
Domanda di Condò: come mai le mamme argentine negli ultimi 15 anni hanno procreato una decina di attaccanti di livello mondiale ma sono state avare negli altri ruoli?
“Purtroppo i ragazzi quando arrivano in un provino vogliono giocare dalla metà campo in su. Difficilmente trovi terzini, mediani o difensori centrali. Non voglio dire che non ci siano argentini importanti questi ruoli, ma in passato trovavi campioni come Ayala, Samuel, Zanetti, Pochettino, Simeone… Ora ci sono ruoli che i ragazzi non vedono e certamente vedere Messi, Auguro, Di Maria, Lautaro, Dybala o Higuain li porta a scegliere quelle posizioni”.
Il più forte centrocampista con cui hai giocato?
“Difficile fare dei nomi. Nel centrocampo in cui ho giocato alla Lazio dico Mancini, Simeone, Nedved, Conceicao, mentre nel Parma ricordo Fuser e Fiore. All’Inter Davids, Gonzalez, Cambiasso, Figo. È difficile fare un nome in un campionato che aveva tantissima quantità e qualità. Era il migliore al mondo in quel momento”.
Il più forte avversario?
“Tantissimi. Poteva anche non avere nome prestigioso, ma quando iniziavi a giocare avevi sempre contro giocatori di quantità e qualità”.
Sensi è simile a Veron?
“Forse Sensi ha certe caratteristiche, ma in questo devo imparare. A me lasciavano fare, perché venendo dall’Argentina la tattica non era il mio forte. Eriksson mi ha migliorato end è quello che mi ha capito di più. Un altro che a me piace per caratteristiche è Luis Alberto della Lazio, sta facendo una grande stagione e mi rivedo in certe caratteristiche. Seguo sempre il campionato italiano, sono arrivato a 21 anni e partito a 31: una vita, difficilmente posso staccare. Torno quando posso, mi piace il calcio italiano e il campionato si sta riprendendo. In passato è stato tra i migliori, speriamo che tutto possa passare presto e che si possa riprendere”.
Poi interviene in diretta l’ex compagno ai tempi della Lazio, Luca Marcheggiani: “Grande Luca, ti ricordo con affetto. I leader non sono solo quelli che parlano dento lo spogliatoio ma anche quelli che sono d’esempio. Luca è stato quello per me, oltre che un grande portiere. Una delle migliori persone che ho trovato e con le quali ho condiviso il campo. Agli allenamenti però soffriva le punizioni... (ride, ndr). Un saluto grande”.
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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