L’Inter che gioca, l’Inter che gestisce, l’Inter che vince. Antonio Conte può essere soddisfatto degli ottavi di finale disputati dalla sua squadra, un sonoro poker al Cagliari (inframmezzato dalla rete di Oliva) che dimostra addirittura meno di quel che si è visto sul campo: un dominio dal primo minuto, dopo che in una manciata di secondi Romelu Lukaku ha riscritto la storia di quel tiro contro l’Atalanta, quando - più o meno nello stesso istante - aveva preso il palo. Big Rom ha continuato a creare occasioni per i suoi, facendo reparto da solo e aiutando anche Sanchez a rientrare nei ranghi, nelle idee di Conte: i due gol con cui ha baciato il suo esordio in Coppa Italia coronano un inizio di 2020 magico e aiutano la squadra a giocare in tranquillità. Sarebbe stata la prima tripletta della sua carriera interista, se il VAR non annullasse il momentaneo 2-0, su cioccolatino di Dimarco: ma è giusto così, l’ingordigia crea problemi. Un passo alla volta, anche in Coppa Italia: si aspetta la vincente fra Fiorentina e Atalanta. Poi si vedrà.
CAMBI - Conte ha cambiato poco, per la gara contro il Cagliari. Vuole tutto, quindi dentro Handanovic e Godin, dentro Barella e soprattutto proposta per la prima volta la coppia Lukaku e Sanchez, con il cileno che entra ed esce dalla partita e pur facendo vedere istantanee interessanti sembra ancora distante dalla forma migliore. Borja Valero continua a ritagliarsi il suo spazio e il gol con cui suggella il risultato è un’altra dimostrazione che il duro lavoro alla fine paga. Partito dalle retrovie, ad oggi Borja è un elemento valido delle rotazioni di Conte.
Lazaro aveva una ghiotta possibilità di banchettare sulla fascia destra e, seppur abbia accennato qualche doppio passo, è Dimarco ad aver vinto il duello sulle fasce: dai suoi lati arrivano i pericoli e il suo sinistro pennella un paio di traversoni interessanti. Lazaro deve ancora trovare la sua dimensione, a San Siro. Conte marca l’identità della sua squadra, i cambi sono improntati alla necessità di mantenere l’asticella dell’attenzione alta: entra Esposito, le cui giocate iniziano ad avere un senso compiuto e un valore tangibile all’interno della partita. Entra Sensi, che deve mettere quanto prima minuti nelle gambe perché la sua fantasia è ossigeno puro per questa squadra. E mentre Conte valutava il terzo cambio è stato un fastidio muscolare di Dimarco a suggerirglielo: entra Biraghi, che da domani avrà compagnia su quella fascia - dove sta per arrivare Leonardo Spinazzola.
BARELLISMO - Dispensa due assist con il contagiri, corre per tre giocatori: quanto è mancato all’Inter Nicolò Barella? Nell’economia del gioco di Conte, l’ultimo a spegnere l’interruttore dell’adrenalina. Guida il pressing, cuce gli strappi del centrocampo ed estrae spesso dal cilindro giocate importanti, abbinando un tocco eccellente ad un’intensità fuori dal comune. Il numero 23 dell’Inter è l’estro del colpo di tacco con cui all’ottantacinquesimo lancia il contropiede di Lukaku abbinato alla dinamite delle sue accelerazioni a recuperar palla: il dilemma di Barella è la sua capacità di rimanere concentrato per 90’, senza cali di tensione che lo portano a strafare o a intervenire irruentemente sull’avversario. Conte lo sta plasmando, manca un po’ più di presenza negli ultimi 20 metri di campo.
IL CUORE DEL CAPITANO - Non è facile avere una carriera come quella di Andrea Ranocchia. Enfant Prodige del calcio italiano, capitano di una delle squadre più importanti d’Italia a 24 anni, poi l’oblio e un lungo girovagare prima di tornare alla base, dove Luciano Spalletti ha preteso che rimanesse. Ranocchia è la memoria storica di questa squadra, lo specchio attraverso cui si valutano tutti i successi e le sofferenze di questi anni. È ascoltato, apprezzato dentro e fuori dal campo: Conte l’ha lanciato e nelle due prime Inter della stagione l’ha scelto al centro della difesa. Il gol con cui ha suggellato la partita è la ciliegina di un biennio importante per questo ragazzo che ha trovato il suo posto nel mondo e ha deciso di rimanere all’Inter, pur giocando poco, nonostante i fischi e i momenti bui degli anni passati. Ranocchia è il totem di questa squadra di cui Lukaku è il leader carismatico: questo 4-0 è il manifesto di quanto è cambiato il gruppo che un anno fa si impappinava ai rigori con la Lazio, riacciuffando il risultato per i capelli prima di schiantarsi fragorosamente ai rigori. Oggi, l’Inter vince le partite che deve vincere, gestendosi e trovando un senso in ogni situazione. Basterà per l’obiettivo finale? Il trucco è non smettere mai di continuare a chiederselo.
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Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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