Sandro Mazzola, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, parla di derby ma non solo. Immancabile il ricordo del Triplete e della sua Grande Inter.

Per ripetere la vostra epopea ci è voluto un altro Moratti: il 2010 di Massimo è stato ancora più esaltante del 1965 di Angelo.
"Si parla di Triplete, ma in effetti l’Inter di Massimo ha calato un poker. Alla nostra mancò il successo in Coppa Italia. Perdemmo con la Juve nella finale di Roma, 1-0, gol di Menichelli. Però devo aggiungere che per Angelo Moratti la Coppa Italia contava poco: lo capimmo dai premi bassissimi rispetto a scudetto e Coppa Campioni...".

Era davvero la Milano da bere ri proposta negli anni 80?
"Io la definirei la città del ‘’fare’’. In tutto quel decennio Milano trasmetteva frenesia, orgoglio, una ferrea volontà di guidare il Paese sotto l’aspetto della concretezza, l’ambizione di precorrere i tempi, di misurarsi con le capitali europee. Un’atmosfera positiva che ha contagiato padroni e operai. E anche noi calciatori, impegnati in un derby lungo dieci anni: se non vinceva l’Inter del Mago, vinceva il Milan di Paron Rocco. La storia dei campionati e delle coppe è lì a dimostrarlo: un dominio pressoché totale. Le due squadre avevano fatto propria quella spinta a primeggiare che proveniva dalla città".

Upper class nerazzurra, il resto rossonero: giusta questa divisione del tifo?
"I nostri tifosi frequentavano Brera, zona chic. C’era un bar, il Jamaica, dove si riunivano intellettuali, artisti, attori… E poi un club, stesso quartiere, molto selettivo, con aristocratici, ricchi borghesi, imprenditori. Dove i pasticcini e i dolciumi li forniva Cova e il panettone l’Alemagna, perché quello Motta lo mangiavano i cugini".

Poi però arrivarono il ‘68 e gli anni di piombo. Milano spara, Milano violenta: titoli di stampa
"Gli hippy predicavano pace e amore, magari con qualche innocuo spinello: simpaticoni... La contestazione studentesca non fu cruenta e io, iscritto a Economia e Commercio, mi schierai idealmente al loro fianco pur senza frequentare i collettivi (e l’Università). Nel maggio 1972, due giorni dopo l’omicidio Calabresi, noi sbancammo Glasgow accedendo alla finale di Coppa Campioni poi persa contro l’Ajax. Al rientro venimmo messi sotto protezione. Sul pullman che ci portava a San Siro saliva anche la Polizia, che ci precedeva e scortava con le sue auto. Sono sempre stato convinto che Angelo Moratti ci lasciò nel ‘68 proprio per evitare di rimanere sotto i riflettori. Un pericolo".

Sezione: Rassegna / Data: Ven 19 ottobre 2018 alle 10:02 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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