A pochi giorni dall’inizio della nuova stagione di Premier League, José Mourinho, tecnico del Chelsea, si concede ai microfoni del magazine britannico Sport.  L’allenatore portoghese, chiamato a difendere il titolo di campione d’Inghilterra, inizia sorprendendo, perché lui, uomo abituato a vincere, indica come sua vittoria preferita… una sconfitta: “Sì, ma una sconfitta che mi ha dato un piacere ancora più grande”. E l’inevitabile riferimento è alla partita del Camp Nou dell’aprile 2010: “La sconfitta in semifinale di Champions League dell’Inter contro il Barcellona. All’andata li battemmo a San Siro 3-1, poi a Barcellona giocammo il ritorno in 10 uomini per più di un’ora. Perdemmo 1-0 e ci qualificammo per la finale. Penso sia stata la mia più grande felicità nel calcio, perché sentii che la Champions League era nostra, e sapevo cosa volesse dire quella Champions per l’Inter. La stavano inseguendo da quasi 50 anni”.

L’Inter riuscì nell’impresa di fermare Lionel Messi, il giocatore che a detta di Mourinho ha segnato questa epoca calcistica in maniera inequivocabile, al punto che, afferma, “senza di lui, nello spazio di 10 anni la geografia del calcio europeo cambierà. Senza Messi, il Barça è stato campione d’Europa forse una o due volte; con lui vincere competizioni, finali, Champions, è una cosa assolutamente normale. Possono cambiare gli allenatori, lui è sempre lì: ha vinto con Frank Rijkaard, Pep Guardiola, Luis Enrique. Per cui penso che nessuno in questo momento possa avere dubbi sul fatto che riesce a fare un’enorme differenza in campo. Sarà difficile avere uno così nello spazio di 10 anni, penso che il calcio dovrà aspettare diverse decadi prima di trovarne un altro così. Ci sarà sempre una Champions League prima e dopo Messi”.

Come si sente il Mourinho di oggi rispetto a quello della sua prima esperienza al Chelsea? “Migliore, decisamente migliore. Con più esperienza, più stabilità, migliore capacità di leggere la partita, migliore nella metodologia di allenamento. E soprattutto, dopo 10 anni, non ho più l’obiettivo di andare in altri campionati, provare nuove esperienze, allenare altre squadre. Ho fatto tutto quello che ho sempre voluto. Ho vinto in quei tre Paesi dove per me contava tantissimo vincere, a parte il Portogallo, e in questo momento sono più un uomo di squadra che un manager individuale”. 

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 06 agosto 2015 alle 21:54
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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