Erano 50.128 i nerazzurri che ieri sera riempivano San Siro. Malgrado un orario scomodo ai più, alla ‘Champions call’ gli interisti rispondono a gran voce quasi perdendola non appena le note dell’inno risuonano nel tramonto meneghino. La Champions chiama ma la risposta dell’Inter non è esattamente quella auspicata e a un anno meno un giorno dal gol di Matias Vecino contro il Tottenham l’Inter non replica ed è costretta ad accontentarsi di un pareggio che suona a mo’ di sconfitta. Niente garra da festeggiare in una partita in cui il giocatore più focoso (Lautaro Martinez) finisce con l’incartarsi nella sua stessa verve e il giocatore che avrebbe dovuto fare la differenza finisce con l’essere il meno incisivo e il meno brillante (Romelu Lukaku). Tanti errori generati dalla confusione e un match che sulla carta sarebbe dovuto essere quello più alla portata è finito con l’essere un motivo di rammarico bello e buono. Un Psv meno Psv per ragioni di calendario ma che fa riflettere Antonio Conte prima di ogni altro, primo della lista degli imputati, che a fine partita fa un doveroso mea culpa.
Una serata non proprio idilliaca quella di ieri in quel di San Siro, dove va in scena una prestazione lungi da quella dell’Inter contiana che tutti attendevano; ma niente è perduto e a rimescolare energie e dettami tattici ci pensa il piccoletto arrivato da Cagliari. Ore 20.23, 71esimo sul cronometro, dentro Nicolò Barella e Matteo Politano. Il primo per uno sporco e compassato Marcelo Brozovic, il secondo in switch con Lautaro. Entrambi entrano in campo con entusiasmo e impeto e se alla scelta di Politano c’è chi avrebbe preferito quella di Alexis Sanchez, quanto a Barella il pensiero più comune è stato: "Se solo fosse entrato prima”.
Il 23 nerazzurro, entrato finora in punta di piedi, era una furia vivente e già a bordocampo, in attesa del cinque di Brozo, sembrava trasmettere un ardore rincuorante. Il suo ingresso in campo ha spezzato i ritmi di un centrocampo quasi tutto biancorosso. Una bomba ad orologeria che si infilava tra le linee seguendo sempre compagni e trame tattiche avversarie, rovinando quel palleggio e pressing ceco che avevano accecato i nerazzurri per settanta minuti. Meno lanci lunghi, più verticalizzazioni, ordine e raddoppio sugli avversari prendono il nome di Nicolò Barella che lascia rumoreggiare un po’ il pubblico nei primi due tentativi poco dosati ma non dispera. Ventitré sulla maglia, due e tre a fianco. Due come gli errori, tre come i tiri tentati. Non c’è due senza tre, infatti; ed è il terzo quello che fa la differenza. L’intelligenza e la lungimiranza lo portano a posizionarsi in maniera impeccabile in area e a cogliere in pieno recupero un ‘rimbalzo’ dopo la traversa clamorosa di Stefano Sensi su punizione, trovando un tiro di volée, magari un tantino ciabattato, fatto rimbalzare due volte in area prima che il pallone finisca dritto dritto alle spalle di Kolar.
Bacio al braccio per quell’esultanza che è un marchio di fabbrica in casa Barella da due anni, da quel 17 settembre 2017 quando, ironia della sorte, Nicolò Barella mise a segno il suo primo score in Serie A. Da 17 settembre a 17 settembre, a due anni esatti dal primo gol in A il centrocampista gioiellino di Mancini esordisce in Champions League e ci mette ventuno minuti a scrivere una pagina della sua vita che rievoca ricorsi storici che fanno sorridere lui, mister Conte e persino Roberto Mancini. Prima di lui infatti, l’ultimo giocatore italiano ad aver segnato nel suo debutto in Ucl è stato Davide Zappacosta, anche lui nel settembre 2017 e anche lui, all’epoca, sotto la guida di Antonio Conte (all’epoca al Chelsea). Il gol di Nicolò spezza un digiuno di gol italiani all'Inter lungo sette anni: l'ultimo a segnare con la maglia nerazzurra nella massima competizione europea fu Giampaolo Pazzini contro il Marsiglia nel marzo 2012. Prima apparizione in Champions, prima rete e gli scettici ringraziano mister “costato troppo”.
Un inizio salvato in calcio d’angolo, o meglio, in calcio di punizione con tanto di rimbalzo, che ha lasciato l’amaro in bocca quantomeno in ottica punti, specie perché in un girone di ferro quale è quello dell’Inter, gol e punti risultano fondamentali, come lo scorso anno insegna. Intanto Borussia e Barça pareggiano e se a livello di classifica il risultato di Dortmund lascerebbe sospirare i più, l’altra faccia della medaglia rivela una legittimazione psicologica dello Slavia a sentirsi meno sfavorito di quanto credesse, quantomeno ai sorteggi.
Ma niente disperazione, Barella docet: vis potentia est. Testa al derby e al Camp Nou, dove questa volta la posta in gioco è più alta dello scorso anno.
Egle Patanè
VIDEO - BARELLA-GOL E ASSALTO FINALE, I MINUTI FINALI DI INTER-SLAVIA VISTI DA TRAMONTANA
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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