Parte del viaggio è la fine. Questa è la dura lezione che l’Inter di Antonio Conte e gli ottantamila di San Siro hanno appreso nel modo più duro, dopo una sconfitta di misura contro un rimaneggiato Barcellona. Ce l’ha messa tutta, la squadra di Conte: ha giocato al meglio delle proprie possibilità, ha sfiorato più volte il gol, se n’é fatti annullare ben tre per fuorigioco, ha commesso degli errori individuali sulle reti del Barça e non ha capitalizzato l’atmosfera magica di uno stadio unico. Alla fine l’Inter si è arresa ad un gol di un classe 2002, dopo ottanta minuti di forcing e un’occasione clamorosa sprecata da Lukaku, a tu per tu con Neto. Su quella palla, poteva cambiare la storia. Invece per la prima volta l’Inter viene eliminata per due volte consecutivamente dai gironi di UCL e adesso dovrà accontentarsi di un viaggio nel purgatorio dell’Europa League. Ci vuole altro per ravvivare il fuoco dei ragazzi di Conte, che da oggi tornano a concentrarsi sulla Serie A: l’obiettivo grosso, non dichiarato, di questa stagione.
TORO DELUXE - Ieri il migliore in campo è stato anche il più giovane: Lautaro Martinez ha giocato una partita mostruosa, da campione assoluto. Il modo in cui ha propiziato il primo gol è emblematico: velocità e intelligenza, una combo che gli ha permesso di difendere una quantità indefinita di palloni. Il Toro è stato l’ultimo a mollare, pronto com’era a posizionarsi spalle alla porta su un lancio lungo, per una sponda o un gioco di prestigio a saltare l’uomo. Chi ha cambiato la propria percezione dopo questa campagna europea è lui: Martinez sta studiando per diventare un fuoriclasse e cinque gol in sei partite di UCL sono sicuramente un bel biglietto da visita. Peccato per quel pallone meraviglioso calciato di sinistro, nel secondo tempo: il sombrero su Lenglet e l’azione personale a tagliare la difesa del Barça meritavano una sorte migliore.
ESPERIENZE - Che l’Inter si presentasse rimaneggiata, non era una novità. Il centrocampo non aveva opzioni praticabili, con l’infortunio last minute di Candreva e Asamoah. Borja Valero è stato il più continuo dei tre centrocampisti, vista la serata no in cui è incappato Brozovic: il croato ha ingaggiato fin dai primi minuti un duello personale con Rakitic, ma a forza di sbracciate e errori di misura è uscito dalla partita. Vecino ha corso spesso a vuoto, mancando nei momenti cruciali della partita. Borja ha alternato cose buone ad altre di bassa fattura: Conte aveva bisogno di altro, ma dal mazzo non ha potuto pescare carte vincenti. Le finte di Politano si sono arenate su se stesse, Lazaro è entrato in versione “15’ contro lo Slavia” e da Esposito non ci si può aspettare che cambi da solo una partita di questa importanza. Soprattutto se il primo a far fatica é una leggenda come Godin che tiene botta nei primi minuti ma col passare della gara inizia a incespicare su qualche palla semplice. È lui a propiziare il primo gol del Barça con un anticipo finito male e dalla sua parte nel secondo tempo si soffre di più. Paradossalmente, a venir in aiuto all’Inter sono stati i due volti associati alla squadra blaugrana: Martinez, per l’appunto, e Skriniar in formato muro: lo slovacco ha concesso poco e nulla ai suoi avversari, intervenendo sempre in maniera pulita e decisamente appariscente.
INCANTESIMO - E dire che gli ottantamila di San Siro lasciavano presagire un’atmosfera fiabesca. Ma Romelu Lukaku é ancor di più il volto di questa squadra, incompiuta: è Big Rom a trascinare emotivamente I compagni, fin dal riscaldamento. Sotto di un gol, é lui a scuotere dal torpore San Siro, mulinando le braccia a caricare l’ambiente. Il suo sinistro à la Adriano fa scattare l’ora della rimonta ed é sempre lui a di fatto porre fine ai sogni interisti quando, a tu per tu con Neto, gli spara addosso da zero metri. Lukaku rappresenta la storia recente dell’Inter: una squadra solida, con colpi importanti, che vuole diventare grande. Allo stesso modo, l’attaccante belga vive di situazionismi, palloni ripuliti, pacche sui compagni, giocate illuminanti ed errori grossolani. Questo mix esplosivo nelle mani di Conte é andato a un gol dagli ottavi di Champions (come l’anno scorso) e ha trascinato l’Inter al primo posto in classifica (come Spalletti al primo anno). La sintesi dei due anni di gestione precedente in tre mesi di stagione é un fattore da non sottovalutare: il livello della rosa si è alzato, Lukaku ne é il nuovo simbolo, ma per compere il passo definitivo che trasforma anche il gol sbagliato da due passi in un centro da tre punti, c’é bisogno di qualcosina in più. Mourinho passò alla storia perché il giorno dopo l’eliminazione dell’Inter contro il Manchester United nel 2009 convocò Moratti e gli disse esattamente di che tipo di giocatori aveva bisogno per vincere la Champions League l’anno dopo. Cosa s’inventerà Antonio Conte? Intanto, un applauso meritato da parte di tutta San Siro. L’anno prossimo ci riproverà.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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