Seconda parte dell'intervista che Nicola Berti ha rilasciato per la trasmissione La Tribù del Calcio. L'ex centrocampista dell'Inter, in questa puntata, racconta la seconda parte della sua carriera, contraddistinta dalle due Coppe Uefa vinte, dai sogni Mondiali sfumati nel 1990 e nel 1994 e dal suo speciale giro per il mondo. Ricordando i trofei continentali, Berti rivela: "Nel 1991 giocammo in finale contro la Roma, squadra di campioni. Era andata e ritorno all'epoca, la ricordo perché feci un gol e procurai un rigore. Poi, nel 1994, arrivò il primo grave infortunio (crociato saltato in un match contro la Cremonese, ndr); mi piaceva l'idea di sfidare una cosa che non mi era mai successo. Dopo quattro mesi tornai in campo, con un'Inter che andava molto male, con Marini che subentrò a Bagnoli. Paura della Serie B? Può capitare un anno sfigato, è successo anche a Milan e alla Juve ma per altri motivi. Se non fossi rientrato in quel momento, mi disse Marini, non ci saremmo mai salvati. Poi conquistammo la seconda Uefa: la mattina prima in albergo mi ritrovai i tifosi che invocavano un mio gol, come potevo non farlo dopo un risveglio così?". 

Dopo quel trionfo, il Mondiale americano: "Ero il solo interista tra 14 milanisti. Sacchi? E' uno che ha le sue belle idee, io giocai le mie partite ma in un ruolo non mio. Ma in Nazionale uno si deve anche sacrificare, giocando dove ti mettono. Non fu esaltante, ma diedi il mio contributo. Come nel 1990, una cavalcata straordinaria con una Nazionale che meritava la vittoria. Sì, mi bruciò più la sconfitta in casa che quella negli Usa, anche perché lì fummo anche fortunati e il Brasile era più forte".

Berti era in Inghilterra il giorno di Juve-Inter del '98; andò via quell'anno, dopo aver condiviso lo spogliatoio con Ronaldo. "Avevo il rammarico di non aver giocato quel campionato, andai via a dicembre perché non rientravo più nei meccanismi della squadra. Tenevo unito lo spogliatoio, parlavo le lingue, ma non giocavo e soffrivo. Chiamai Jurgen Klinsmann al Tottenham e lui mi portò lì; conquistai la salvezza e anche i tifosi; loro lo vedono che persona e giocatore sei, io sono un generoso. Potevo rimanere a lungo, mi fecero anche un altro anno di contratto; ma dopo quattro giornate arrivò un altro allenatore cui non piacevano quelli che si divertivano. Con lui non andai nemmeno in panchina, ed ero titolare. Poi andai in Spagna, all'Alaves; segnai anche nella Liga. Dopo un piccolo break, sono finito in Australia, anticipando Del Piero. Alla fine, ho staccato la spina e sono andato vivere 4-5 anni ai Caraibi".

Come vedrebbe l'Inter nel suo futuro? "Vediamo, c'è questo cambiamento radicale. Il cambio di presidenza è un passaggio molto difficile, poi un presidente straniero magari non conosce al meglio la realtà italiana. Ma ci voleva un cambiamento per tornare ai vertici, ora aspettiamo investimenti importanti. Alcuni ci sono già stati, come Nemanja Vidic che è fortissimo; se arrivassero Edin Dzeko e Marek Hamsik sarebbe una squadra perfetta per arrivare in Champions". Sul tifoso interista: "Se non soffre non è interista; è un pubblico competente ed esigente, sa chi dà qualcosa per questi colori. Li ringrazio per avermi adottato". 

 

Sezione: Focus / Data: Ven 11 aprile 2014 alle 23:15
Autore: Christian Liotta
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