Senza argomenti del giorno di campo significativi su cui dibattere, la priorità scivola in fondo alla pagina alla voce 'varie ed eventuali'. O forse sarebbe meglio dire 'Var ed eventuali', visto l'incontro che si è tenuto martedì all'hotel Parco dei Principi di Roma tra arbitri e club di Serie A alla presenza dei media. Un appuntamento promosso dalla Figc praticamente necessario per fare chiarezza su una questione che sta sfuggendo letteralmente di mano (gioco di parole voluto): il supporto tecnologico, ormai comunemente accettato come indispensabile a due anni dalla sua introduzione nel massimo campionato italiano, ha finito per stabilire un'oggettività inattaccabile relativamente a questione geografiche (fuorigioco o falli dentro e fuori area) ma ha aperto un ventaglio troppo ampio di possibilità sulle situazioni discrezionali. Tanto da portare un tecnico esperto come Carlo Ancelotti a incalzare il designatore Nicola Rizzoli con la domanda: "Chi arbitra le partite?". Una questione che è specificata nel protocollo Var solo sulla carta, dato che poi in campo a volte si ha l'impressione che alcuni direttori di gara si lascino pilotare dai colleghi in sala che hanno 'diversi occhi' in più per vedere meglio. "So che Rocchi e Orsato arbitrano le gare, gli altri sono più condizionati – ha aggiunto il tecnico del Napoli -. Può essere che un assistente Var con esperienza comandi. Voglio essere sicuro che sia l’arbitro a giudicare. Sulle situazione oggettive ok, ma su quelle non oggettive non può essere il Var a decidere".
Quest'anno, per fare l'esempio più eclatante, è successo nel finale di Roma-Genoa, in occasione del gol giallorosso di Nikola Kalinic, poi annullato da Massa. Quando il pallone varca la linea di porta, il fischietto di Imperia cammina senza fischiare e senza fare gesti, né quello col braccio alto muovendosi verso il centrocampo per convalidare la rete né quello simile, ma rimanendo sul posto, per indicare punizione per la difesa. Risultato? Tantissima, troppa confusione in campo, e dopo partita rovente con Fonseca protagonista in negativo. Una coda polemica da censurare per i modi, certamente, ma che si poteva evitare senza un simile erroraccio di comunicazione. La cosa paradossale è che è stata presa la decisione corretta che sul momento ha scontentato tutti per i modi in cui è stata manifestata. Dopo casi come questi, filtra un senso di giustizia che sembra debole perché richiede passaggi troppo lunghi per arrivarci, colpa di un racconto sbagliato che si è fatto e si fa del Var, la moviola in campo nell'immaginario collettivo italico (quante volte si sente la frase 'perché non va a rivedere quel contatto?'). Peggio, ora nei post-partita si fa la moviola della moviola: una moviola al quadrato con cui si vivisezionano i singoli episodi alla ricerca di quell'errore fuori dalla casistica contemplata nel protocollo per spiegare un risultato. Si va predicando che il Var non è stato inventato per cancellare tutti gli sbagli, ma spesso si citano percentuali prossime alla perfezione. Quando poi ci si sposta da questi numeri la colpa è di una telecamera non funzionante o delle modifiche del regolamento. L'efficacia di questo strumento non si deduce dai numeri, peraltro non per forza scientifici perché cinquanta volte su cento si lavora nel campo dell'interpretazione, ma si misura nell'atteggiamento che genera attorno a sé. La spia che qualcosa sta andando storto in questo senso sono le esagerazioni in campo e fuori a livello di proteste (le braccia che si alzano per reclamare un minimo contatto o un fallo di mano si stanno moltiplicando) e i comportamenti scorretti dei giocatori che si rendono protagonisti di alcune furbate per forzare le zona d'ombra di una regola.
Il Var viene vissuto come un oracolo in cui si prova a trovare una verità, la propria verità. Meglio se in fretta pse no si perde il flusso del giocop e meglio se combacia con il proprio metro di giudizio. E' arrivato il momento di dire basta alle invocazioni di un Var su misura o di un Var spento che riporterebbe al Medioevo del calcio. Si cerchi di migliorare un mezzo che è entrato nel dizionario del calcio ma che non ha ancora una sua definizione precisa. In questo lungo periodo di sperimentazione ben vengano gli incontri formativi, i chiarimenti e tutto ciò che serve per restituire credibilità all'intero sistema che è fatto da uomini che a un certo punto hanno deciso di affidare parte della loro sorte sportiva a una macchina. Un passo nel futuro compiuto anche per uscire da quel periodo buio della storia del calcio italiano che è stato Calciopoli, dalla cultura del sospetto e da quella cattiva abitudine di indicare l'altro come colpevole. L'arbitro non è altro che una persona fallibile che si serve di un fischietto per far rispettare le regole ed è una parte indispensabile del gioco che non va portata all'esasperazione. "Hai fatto più errori tu in campo che io oggi" avrebbe detto Gianluca Rocchi dopo Roma-Napoli all'indirizzo di Lorenzo Insigne, secondo la ricostruzione di quest'ultimo. Una frase che non è mai stata smentita dall'Aia né dal diretto interessato che non può parlare in pubblico senza l'autorizzazione dei vertici. Il solito muro di mattoni attorno alla classe arbitrale che continua ad assomigliare a una casta fino a che i suoi componenti non scendono in campo. Lì diventano bersaglio facile di insulti e, in più. da due anni a questa parte avvertono che il loro antico potere vacilla di fronte a delle immagini che appaiono su un video o alle voci strane che ronzano nella loro testa. Tutto questo per dire una cosa semplice: ormai siamo nell'era Var, difficilmente si tornerà indietro. Tutte le componenti - dagli arbitri ai presidenti, passando per i giocatori - devono cominciare a farsene una ragione, pensando a rinunciare a un pezzettino del loro interesse personale per un bene superiore che è la regolarità di una partita e, quindi, di un intero campionato. Non sarà un processo facile, passerà probabilmente da varie revisioni del protocollo. Ma il futuro è già qui: due persone arbitrano la partita, presto o tardi verrà trovato il modo per farle comunicare al meglio attraverso la tecnologica.
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Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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