Vivere con coerenza, cercando di portare avanti il più possibile i principi in cui si crede, è cosa buona e giusta. Perseverare nel pensare che esista un solo mondo possibile, dove nessuno con esperienze diverse possa entrare, mi pare stupido, autelesionistico e anche poco rispettoso delle stesse proprie origini. Discorso questo, a mio avviso estendibile a qualsiasi aspetto della vita.
Nello specifico, parliamo di Inter, della svolta dettata dall'arrivo in panchina dello “juventino” Antonio Conte. Parte della cosiddetta intellighenzia nerazzurra si è mobilitata mostrando il pollice verso. “No a chi è stato prima il capitano, il simbolo e poi l'allenatore della Juventus, nostra principale nemica, etc etc”. “Se arriva Conte, non seguirò più. Meglio quinti che primi con quello li”. È inutile negare, queste frasi le abbiamo lette sui social, lo abbiamo sentire dire direttamente anche dagli amici, anche quelli per cui l'Inter sembrava dovesse venire prima di tutto e tutti. Momenti di frustrazione di alcuni, amplificati dal fatto che anche gli “irriducibili dell'etica”, fossero consci che a dire sì alla Beneamata, sia stato uno dei tecnici più bravi su piazza, uno che sa come si vince, uno che sa trascinare come pochi l'ambiente in cui lavora.
L'annuncio di Conte all'Inter è stato un piccolo tsunami calcistico, che il club ha saputo arginare con sapienza. Non vi è stata subito la tradizionale conferenza di presentazione (in programma domenica 7 luglio nella nuova sede nerazzurra), ma una graduale e scientifica presa di contatto del tecnico leccese con la nuova realtà, esternando il suo pensiero a qualche media, oltre che, naturalmente, alla tv di casa. Conte è entrato nel mondo Inter in punta di piedi, con il passare delle ore e dei giorni se ne è poi già appropriato in maniera forte e passionale, visto che piomba praticamente tutti i giorni in sede per pianificare al meglio mercato e stagione. Non della Juve, ma dell'Inter.
Il sì di Conte al nerazzurro è stato senz'altro agevolato dalla presenza nella stanza dei bottoni di Giuseppe Marotta, altro top nel suo ruolo, altro ex dell'altro mondo che non piace. Ex, appunto. Ora a tempo pieno al servizio del Biscione visconteo. Non è vero che in passato tutto questo non sarebbe successo. Il grande Massimo Moratti, dopo una corte durata qualche anno, ha voluto e portato un certo Marcello Lippi all'Inter, purtroppo senza i risultati sperati. Dopo Calciopoli, il Presidente del Triplete non ha avuto remore a vestire di nerazzurro i vari Ibrahimovic e Vieira e, in questo caso, fortunatamente si è vinto.
Questi, solo alcuni esempi di un'Inter che anche in passato ha pensato più a rinforzarsi che alle battaglie ideologiche, seppur importanti e sempre attuali, anche ora che sulla Milano nerazzurra sventola la bandiera di una proprietà di grande spirito internazionale e al passo con i tempi. L'Inter agli interisti? Bello slogan, fa sempre effetto. Preferisco però l'Inter a chi sa far felici gli interisti. Con le vittorie e non solo con gli attestati di purezza.
Quella che sta nascendo è un'Inter meritevole di grande affetto, lo ha capito anche Lele Oriali che torna a casa, pur mantenendo sino all'Europeo del 2020 il ruolo di team manager della Nazionale. Oriali, interista duro e puro che, dopo Mancini e Mourinho, ha costruito un rapporto di ferro anche con Antonio Conte, allora Ct azzurro, ai tempi dell'europeo del 2016 in Francia. Quindi, si può fare. Ma forse anche quelli con il pollice verso stanno cedendo, facendo cambiare direzione al prezioso dito.
Lo certifica il sold-out degli abbonamenti, quasi 38 mila tessere staccate a fine giugno e solo perché l'Inter, come nella scorsa stagione, ha deciso di lasciare l'altra metà del Meazza a chi vorrà acquistare un biglietto a seconda della partita scelta. Istituita inoltre già una lista d'attesa per i ritardatari in vista della stagione 2020/21. Quindi, alla fine, come al solito andranno tutti a San Siro a tifare, la squadra e quel tecnico che tenterà con tutte le sue forze di farla vincere. Con lo stemma sociale addosso e la cravatta nerazzurra al collo. Se raggiungerà l'obiettivo meriterà tutti gli applausi del caso, in caso contrario, sarà giudicato in merito.
Ma Antonio Conte, ora, è l'allenatore dell'F.C. Internazionale 1908. A innervosirsi, dovrebbero essere altri. Quelli che se lo ritroveranno di fronte. Come avversario e con la stessa, grande, voglia di vincere.
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