Mai come quest'anno, nella settimana che conduce al primo derby d'Italia con il VAR della storia del calcio, la distanza che separa Torino da Milano è oceanica. Verrebbe da dire che tra Inter e Juve, usando un gioco di parole neanche troppo fantasioso, c'è di mezzo il VAR: il sistema sperimentale tecnologicamente più rivoluzionario di sempre applicato allo sport più popolare del mondo è solo l'ultima ragione di dissapore tra le sorelle d'Italia che si odiano di più in Serie A.

Ormai due mesi fa, Massimiliano Allegri, tecnico bianconero, dopo il 2-2 rocambolesco di Bergamo con l'Atalanta si scagliava non tanto con il mezzo in sé quanto con la procedura decisionale a suo dire troppo contorta dello stesso: "Se vogliamo far diventare il calcio uno sport che non è più sport, usiamo il VAR anche sugli episodi soggettivi. A marzo, se facciamo cosi, le partite dureranno 4 ore". Di parere diverso Luciano Spalletti che, quattro giorni dopo l'intemerata di Max, si dimostrò tra i più ferventi sostenitori del Video Assistant Referee: "Si sono visti dei miglioramenti, si va verso la tecnologia e anche in questo va usata, ha dato i suoi evidenti frutti e vantaggi. Non capisco quelli che vogliono assolutamente restare indietro, hanno qualche vantaggio probabilmente perché questa è la strada giusta da seguire".

Una querelle infinita tra la Vecchia Signora e la Beneamata, che proprio non sono mia riuscite a trovare terreno comune nel ginepraio dei torti arbitrali a senso unico. Difficili togliersi dalla mente il padre degli episodi della discordia tra le due fazioni opposte, il famigerato contatto in area Iuliano-Ronaldo, che nelle scorse ore - da parte bianconera - è stato derubricato come fallo di sfondamento del Fenomeno, anche se l'arbitro di allora, Piero Ceccarini, avesse potuto contare sulla possibilità di rivedere le immagini incriminate con l'ausilio del monitor di bordocampo. Sul tema, ma ad inizio settembre, si era espresso anche Massimo Moratti, ex patron nerazzurro, che aveva commentato brevemente così gli effetti dell’ipotetica presenza del VAR nel 1998: "Forse in Juve-Inter del '98 sarebbe servita, però è andata così". Una battuta innocente, persino innocua visti gli anni di prescrizione passati dai fatti dell'epoca, che aveva addirittura provocato la risposta piccata da parte del canale ufficiale di JuventusTv, la quale invitava a rivedere altri momenti di quella stagione. "A grande richiesta 'se ci fosse stato il VAR' vi spieghiamo le immagini che non trovate", recitava l'account, postando in allegato l'immagine di un intervento non sanzionato di Taribo West su Pippo Inzaghi, in Inter-Juventus 1-0 dell'andata.

Insomma, guardando al passato, le premesse non sembrano essere – per usare un eufemismo – confortanti per ciò che concerne la serenità e la sportività con cui sabato sera verranno accolte le decisioni del direttore di gara o di quel deus ex machina che ne richiama l'attenzione di volta in volta per insinuargli il minimo dubbio sull'eventuale svista. L'unica speranza, a dieci mesi di distanza dall'ultimo Juve-Inter, quello deciso dal gol di Cuadrado, è che la coda polemica che seguì quella partita, con tanto di guerre d'immagini televisive che prolungò il tempo di recupero di 96 ore, duri giusto il tempo di far sbollire gli animi del post-partita e sia meno avvelenata nei modi e nei contenuti. In quel caso, dopo le provocazioni di John Elkann e Beppe Marotta, i nerazzurri si videro costretti a pubblicare un comunicato ufficiale nel quale si tracciava una linea ben marcata di confine tra lo stile dei due club: "Ognuno ha la propria storia, noi abbiamo la nostra e ne siamo orgogliosi".

L'unica certezza è che neanche il VAR, strumento che si propone di accelerare l'evoluzione del calcio con l'utopistica onestà di chi vuole celebrare la giustizia almeno per 90 minuti a settimana, riuscirà a mettere d'accordo due mondi tanto distanti nel concepire lo spirito dello sport (Vincere è l'unica cosa che conta vs conta soprattutto come si vince). D'altronde, il VAR è un mezzo di ausilio per l'occhio umano che ancora prima di essere entrato nel gergo comune è già stato definito da più parti non neutrale nella sua struttura comunicativa. Da capire, a diversi giorni dalla sua introduzione, se questa definizione sia dettata dalla malafede o dall'impreparazione legittima a un rinnovamento a velocità astrale dello status quo ante a cui stiamo assistendo. Ai posteri l'ardua sentenza. Almeno loro potranno darne una più precisa della mia, se non altro perché potranno ricorrere al VAR. 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 07 dicembre 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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