Forse Prandelli avrà pensato anche a Mou: "Durante l'intervallo (Rubin Kazan-Inter) ho speso 14 dei 15 minuti per parlare soltanto con Mario. Era stato ammonito e io non avevo altri attaccanti in panchina. Gli ho detto: 'guarda soltanto la palla, non accettare provocazioni e non lamentarti con l'arbitro'. Risultato? Venne espulso dopo un minuto!". Rideva lo Special One sapendo di aver gestito fin dove nervi e capacità gli hanno permesso l'allora 19enne Balo, il più grande talento italiano già svezzato, sempre in bilico tra numeri e bizze, in campo e fuori. Prima i media nostrani, poi quelli britannici hanno diviso elogi e critiche. This is Balotelli, prendere o lasciare. La stampa coglie al volo la pepita SuperMario, gli allenatori e i presidenti invece lo scaricano. In primis Mancini, che aveva sperato nella rinascita in terra d'Inghilterra. Balo brucia le tappe ad una velocità supersonica, si sposta a 20 anni da Milano a Manchester, dopo la ruvidezza della A mastica il fascino della Premiership, segna (30 gol in due stagioni e mezza), ma il suo viaggio prosegue anche da un tabloid all'altro, su una Bentley mimetica o una Range Rover color oro, dalla rissa in discoteca alla nuova fiamma che gli farà rimettere la testa a posto.

Oggi Balotelli di anni ne ha 23, ad agosto saranno 24, e di cose da quel settembre 2009 ne sono cambiate parecchie. L'Inter ha smesso di giocare il martedì e ora è capitanata da un presidente, straniero, che giura di voler riportare la società nerazzurra agli antichi fasti. Lui ha preso casa sull'altra sponda del Naviglio e forse questa resta l'unica novità. Il Balotelli versione 2014 è infatti il colpevole maggiore del fallimento azzurro ai Mondiali, in sintesi è l'idea che ognuno di noi si è fatto per le notizie che si sono succedute dopo il crollo di Natal. Spogliatoio spaccato e senatori contro Balo, non mi stupirei se leggessi che sul volo di ritorno da Rio una fazione abbia scelto i salatini e l'altra i dolci. La verità, come sempre, fatica a venire a galla. Certamente c'è stato un attrito nell'intervallo della sfida con l'Uruguay, ma il più grande sbaglio non è certo SuperMario, che sia per le prestazioni che per la reazione del giorno dopo ha confermato di essere meno Super e più Mario, ma del castello di carta che è stato messo in piedi in questi anni per sorreggere un talento che, viste le innumerevoli premesse, potrebbe non maturare mai. Né si può giocare d'azzardo senza conoscere il costo della puntata. Non in un Mondiale, chi si è reso conto dei suoi errori ha già lasciato.

Lo avevano capito l'Inter e Moratti che non ci hanno pensato troppe volte prima di dire sì a Mancio e al City concludendo la cessione più remunerativa del post Triplete. Un'Inter che si avviava verso la Supercoppa Europea, il Mondiale per Club e un'altra Serie A da abbattere, forte di aver mantenuto in squadra gli stessi campioni di Madrid e con un nuovo prestigioso tecnico che avrebbe portato idee fresche e bel gioco. Conosciamo il tracollo e ci affacciamo verso una nuova era con i barlumi accesi dall'avvento di Thohir. È cambiata - stavolta davvero - la mentalità e ce ne siamo accorti dopo aver visto le porte sbarrate in faccia a City e Real Madrid, sirene di inizio estate per Icardi e Kovacic. La conferma anche dall'accordo di partnership suggellato ieri a Prato dal ds Ausilio, impegnato in prima linea nel ristrutturare una vera e propria fucina di talenti di stampo nazionale, divenuta appunto Internazionale. In pochi avevano esaltato l'operazione che ha fatto guadagnare alle casse nerazzurre quei 26 milioni spesi in parte in affari alquanto discutibili. Un'offerta del genere oggi verrebbe rispedita al mittente, sia per il numero 10 croato che per Maurito. E se invece al loro posto ci fosse il Balo 19enne, quello che proveniente dal settore giovanile nerazzurro faceva innamorare gli esteti del calcio ma gettava la sua maglia sull'erba di San Siro, quale sarebbe la scelta finale di Thohir, puntare o incassare? Una domanda a cui difficilmente verrà trovata una risposta. Lui, Balotelli, di risposte ne ha date fin troppe, anche ad accuse che non ha meritato. Sarebbe il caso di spegnere per un po' di tempo i fari.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 27 giugno 2014 alle 00:00
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DaniAlfieri
vedi letture
Print