Basta alibi. I tifosi hanno bisogno di risposte e non di mezze frasi. Come dice Ausilio, "questa non è la vera Inter. Non è possibile andare avanti così". Concetto sacrosanto. Che il Cagliari non fosse un incidente di percorso lo si era capito già col Qarabag: squadra impaurita, sfilacciata, manovra arruffata, reparti slegati. Tutto riconducibile a un problema fisico? Assolutamente no. E se fosse così, sarebbe comunque gravissimo. Niente scuse, non c'è più spazio.

L'Inter non ha un organico per primeggiare? Vero. Eppure, si ricordano Kallon-Ventola in testa alla classifica con Vieri-Ronaldo infortunati. In passato tante Inter meno qualitative di quella attuale, e comunque battagliere, imprevedibili, mai dome. Qui ci sono problemi endemici, difficilmente estirpabili in poco tempo. Ma non è possibile rassegnarsi a una nuova stagione anonima già a inizio ottobre. Thohir rifletta su questo: nel calcio, a differenza di altre attività, gli utili sono portati soprattutto dalle vittorie. Di questo passo, l'annata è destinata a ricalcare quelle recenti. Pessimo.

Sul banco degli imputati va quindi la società, com'è normale che sia. Chi ha maggiori responsabilità ha anche maggiori colpe quando si va male. Subito dietro, c'è l'allenatore. Il progetto tecnico appare naufragato. L'anno scorso c'erano contingenze avverse e un mercato quasi nullo. Stavolta la squadra è stata organizzata ad hoc, i giocatori ci sono e sono funzionali all'idea dell'allenatore: si poteva a si doveva fare meglio. Walter Mazzarri asserisce di sapere dove sia il problema e quali corde toccare per la riscossa, ma la realtà ci racconta l'esatto opposto. Il gruppo sembra aver scaricato – con coscienza o meno – l'idea generale del proprio allenatore. Il terzo gol della Fiorentina ne è un esempio lampante. E il fatto che la squadra si sia sciolta al primo vero momento duro della stagione sta a significare che, evidentemente, quelle certezze che sembravano acquisite non lo erano.

Mazzarri, dentro e fuori dal campo, appare turbato, sconnesso, rassegnato. Eternamente in cerca di consenso e non è, come qualcuno erroneamente ritiene, arrogante e presuntuoso. Anzi, l'opposto: il toscano vuole disperatamente approvazione, riportando alla memoria i suoi successi passati e la sua carriera. Ma quest'ansia continua viene trasmessa inevitabilmente alla squadra, con la conseguenza di vedere giocatori imbambolati, più preoccupati del compitino che liberi di aggredire l'avversario come si richiede a un club come l'Inter. E poi serve un diverso piglio dinanzi alle telecamere. E' un dettaglio, quello della comunicazione, che diventa fondamentale quando la barca oscilla vertiginosamente. Nel post-Fiorentina, ad esempio, WM non ha voluto dire e analizzare nulla: evidentemente è a conoscenza di verità a cui solo lui e pochi altri hanno accesso, però sarebbe il caso di studiare meglio la propria linea da tenere dinanzi ai mass-media. Anche da queste lacune comunicative deriva il clima ostile che si è creato attorno alla sua figura.

L'idea di Inter, che sarebbe dovuta maturare in queste settimane portando alla lotta per il terzo posto, oggi sembra perduta. Le stesse premesse, ora, appaiono fragili. Fragili come i giocatori. Fragili come un allenatore che si chiude a riccio davanti alla stampa invece di "sfruttare" a suo beneficio conferenze e interviste per inviare messaggi a squadra e tifosi. L'Inter è rimasta un'ipotesi di squadra. Non basta, non può bastare. Rialzare la china si può, è ancora presto. Thohir valuti la situazione e tragga le dovute conclusioni. Così non si può andare avanti, è stato già detto. E, davvero, basta alibi. Ora servono scelte forti. Prima che sia troppo tardi.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 07 ottobre 2014 alle 00:01
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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