Io, pur continuando imperterrito a non apprezzare la linea difensiva a tre - o meglio, la apprezzo pure basta che non sia l’unica arma a disposizione e con i giocatori che hai non la è ma visto che così sembra rinuncio e andiamo avanti – trovo complicato riuscire nell’impresa di criticare a prescindere l’Inter di Antonio Conte. Cioé, possiamo pure star qui a mettere i famosi puntini sulle i, tanto abbiamo capito che la squadra attuale questa è e, fino al termine della stagione, questa rimane. Personalmente non rimpiango i punti persi per strada, in alcuni casi per sfiga vera – quella se te la trovi tra i piedi non esiste rimedio – in altri per orrende prestazioni senza un vero e proprio significato: rimpiango, questo sì, la prolungata assenza di Alexis Sanchez, uno dei pochi uomini attualmente impegnati nel campionato italiano a poter far girare l’esito di una partita.

Ecco, forse col ragazzo di Tocopilla come dodicesimo uomo, in talune circostanze avremmo potuto trasformare qualche risultato. Ad ogni modo credo l’Inter abbia raccolto quanto ha seminato. È la prima stagione di Antonio Conte, a Milano non si è scoperto solo a correre per il successo (molto eventuale fin dal principio) in campionato, le lungodegenze di taluni interpreti da lui inventati e forgiati, Sensi su tutti ma non solo, non hanno garantito quel ricambio necessario a una formazione di vertice. Insomma, guardiamoci alle spalle: il tecnico leccese, a un certo punto, si è letteralmente trovato a scendere in campo ogni tre giorni sempre con gli stessi. E tutto ciò, alla lunga, lo paghi.

Dalla ripartenza di questa stagione, dopo il lockdown per il Covid-19, l’Inter è stata letteralmente sommersa di critiche da ogni dove: non stiamo a nasconderci e, soprattutto, non ci inventiamo nulla. I pareggi beffa con Sassuolo e Verona, colpa dei nerazzurri, mica del destino bastardo e crudele, la sconfitta insensata in casa col Bologna, una partita senza un perché, con i giocatori che hanno smesso di fare il loro lavoro, giocare, dopo il rigore sbagliato da Lautaro, sono serviti a scatenare una ridda di supposizioni, analisi, fallimenti presunti. Invece, tu pensa, siamo qui oggi a tifare perché i nostri eroi ci diano, stasera, una grande soddisfazione. Premetto: non appartengo alla ristretta cerchia di chi pensa adesso andiamo a vincere il campionato, per niente. Certo è che un successo a Roma potrebbe mettere pressione notevole alla Juventus. I bianconeri, oltretutto, non stanno fornendo prove di forza tali da lasciar supporre adesso vincono tutte le partite in carrozza. Dipende esclusivamente dalla nostra voglia, dalla fame che deve animare chiunque scenda sul prato verde dell’Olimpico col nerazzurro addosso: perché non bisogna lasciare nulla di intentato, perché i tre punti rappresenterebbero un passo avanti nel processo di maturazione voluto da Conte e dai vertici societari, perché se magari vai a tre o quattro punti dall’attuale prima della classe allora ci si può divertire ancora per qualche partita.

Barella sembra poter essere dell’incontro così come Ro-me-lu pare aver recuperato completamente dall’infortunio. Purtroppo, però, si gioca dopo altri tre giorni e, francamente, rischiare il colosso belga a me pare controproducente. Gagliardini è giusto rifiati in panchina dopo una lunga serie di partite giocate a trenta gradi. Con Brozo e Barella centrali i due esterni saranno Candreva e Young, uno che la riconferma se l’è guadagnata a suon di prestazioni, con Eriksen, il falso problema dell’Inter, dietro la coppia Lautaro, il promesso sposo del Barcellona ma io non ci metterei mano sul fuoco, nemmeno l’unghia se per quello, Alexis Sanchez, funambolo del pallone, e dietro, cribbio, De Vrij con la coppia Skrinar-Bastoni.

Da ultimo permettetemi una considerazione: l’applicazione ossessiva del 3-4-1-2, per me, significa una cosa soltanto: la prossima stagione Christian Eriksen, un tizio a cui il pallone dovrebbe dare del lei, sarà il perno della manovra offensiva nerazzurra.

Mi aspetto una grande prestazione a Roma stasera: vorrei tanto non essere deluso.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 19 luglio 2020 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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