Una settimana ai limiti dell'assurdo quella vissuta dall'ambiente nerazzurro, preso di peso e tirata dentro polemiche allucinanti. Moviolisti, opinionisti, moralisti e intertristi: tutti insieme appassionatamente. È bastato un ko con il Tottenham per far riaffiorare vecchi malvezzi di chi di calcio è costretto a scrivere quotidianamente e che, evidentemente, ha pochissima fantasia. Quella appena messa alle spalle è stata la settimana dello 0-1 di Wembley che ha rimesso in discussione la qualificazione agli ottavi di Champions League e anche quella del 2-2 colmo di polemiche contro la Roma.
Il gol di Eriksen ha scatenato ha dato l'avvio alla fiera dei 'casi'. Si è parlato di un Nainggolan flop; si è parlato del padre di Lautaro; si è parlato delle lamentele di Miranda. Senza dimenticare, ovviamente, di crocifiggere Spalletti per una sconfitta che – tutto considerato – può rientrare nell'ordine naturale delle cose. Perché quelli che dopo il ko di Londra hanno inveito verso il tecnico nerazzurro sono gli stessi che davano in bilico perfino il terzo posto nel girone dopo i sorteggi.
Poi è arrivata la partita di campionato di Roma ed ecco altri tuoni e altri fulmini. Un'Inter decisamente superiore all'avversario, che però non è riuscita a concretizzare la grande mole di gioco prodotta sul terreno dell'Olimpico e che, anzi, ha regalato un punto ai giallorossi. Al centro di tutto le polemiche arbitrali, con la squadra di casa che decide il silenzio stampa per un rigore chiesto sullo 0-0, pochi istanti prima del gol di Keita. Il tocco di D'Ambrosio su Zaniolo c'è, bisogna capirne l'entità: il calcio è un gioco di contatto e non tutti i contatti sono falli. Questo è un concetto che troppo spesso si tende a dimenticare. Tant'è: Zaniolo viene toccato, fa un passo e solo dopo cade. Rigore? Mah. Parlare di scandalo, di vergogna e di partita falsata non è corretto. Anche perché, ad esempio, sempre nella stessa partita, lo stesso Rocchi non vede un'entrata altrettanto dubbia di Manolas su Icardi: Spalletti la definisce giustamente 'tranvata'. Eravamo negli ultimi 5 minuti di partita, quando un gol ha un peso specifico enorme e i margini per una rimonta decisamente risicati. Il rigore sacrosanto – quello assegnato per il tocco di braccio di Brozovic – è stato decretato (grazie al Var). Per il resto, gli ufficiali di gara hanno usato lo stesso metro di giudizio tanto sul contatto in area nerazzurra quanto in area giallorossa.
Eppure, la grancassa è partita e nessuno ha tentato di fermarla. Anzi. In una stagione – quella dell'Inter – segnata fin qui dai grossolani errori arbitrali di Reggio Emilia e col Parma, il polverone mediatico si alza per Roma-Inter e Inter-Fiorentina, in barba alla realtà dei fatti. Si sputano slogan ("il fallo di polpastrelli"), si gettano ombre, si allude a una volontà di favorire che vede il club nerazzurro come imputato. Imputato, sì. E anche colpevole, aggiungiamo noi. Colpevole di non alzare mai i toni, di restare nel recinto del garbo, di accettare perfino le decisioni più incredibili (da Magnanelli a Dimarco) senza organizzare sceneggiate davanti ai microfoni. In un Paese nel quale vige la formula "più gridi e più ti danno ragione", la società guidata da Suning appare davvero un'entità a se, estranea. Quanto paghi questo atteggiamento signorile ed elegante è sotto gli occhi di tutti. Ma è altrettanto evidente che ognuno ha una propria dignità e una propria coscienza. E che la misura sia colma lo dimostra il bis di Spalletti davanti alle telecamere di Sky nel post-partita di Roma: un ruolo che, forse, fra qualche giorno sarà di Beppe Marotta.
E badate bene: essere rispettosi non vuol dire essere fessi. Giù le mani dall'Inter.
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Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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