Tutti alla caccia del frame nascosto. E qualcuno ha riferito che sarebbe stato chiesto aiuto nella ricerca anche ai Ris. Inter-Atalanta è stata fatta passare come il più grande scandalo arbitrale del secolo a causa dell'ormai famigerato contatto Lautaro-Toloi in area interista, con l'attaccante furbo ad arpionare la caviglia del difensore evitando una rete certa. Rocchi in campo fa proseguire, Irrati al Var non ravvisa il "chiaro ed evidente errore". Apriti cielo. Già nel post-gara si fa la corsa a innescare la polemica aizzando Gasperini con domande ad hoc, poi il giorno dopo, sui giornali, lo "scandalo" campeggia in bella mostra in prima pagina. Tutti concordi: Inter aiutata dagli arbitri.
A veder bene, e senza lasciarsi ingannare dai fermi immagine, Lautaro in realtà non arpiona un bel nulla: Toloi è già in decollo e la mano di Lautaro sfiora soltanto la sua caviglia, in stile quasi 'saponetta'. Insomma, gli sguscia via già in precario equilibrio. Dare rigore, ovviamente, non sarebbe stato scandaloso. Così come non sono scandalosi i commenti dei tifosi al bar, che danno il giusto peso a un fatto del genere: si guarda la partita in tv, si osservano un paio di replay distrattamente e si offre un giudizio sommario. Superficiale. Scandaloso, invece, è il modo di approcciare allo stesso argomento da parte di chi dovrebbe invece farlo di mestiere. Va bene la fretta, ma una moviola – tanto sui quotidiani quanto sulle tv o sui siti – ha bisogno di accuratezza. Altrimenti meglio non farla.
Nel caso di specie, sarebbe stata cosa buona e giusta sottolineare innanzitutto l'inesattezza del fischio di Rocchi sulla punizione dalla quale origina poi il contatto in area Lautaro-Toloi: De Vrij mette pressione a Gomez e l'argentino, spalle alla porta, come spesso gli accade, simula, volando a piè pari. Avete mai visto l'olandese protestare senza motivo? Uno come lui che chiede scusa a ogni fallo commesso? Ecco, in questo caso s'incazza. Un motivo ci sarà. E non si tratta di tornare indietro a una rimessa laterale di inizio partita, ma di ricostruire correttamente la genesi di quell'azione. Successivamente, tramite replay precisi, si nota come Pasalic affossi Brozovic (che infatti poi è impossibilitato a raccogliere la sfera dopo la respinta corta di Handanovic) e come Toloi sposti con due mani Lautaro, prendendo posizione in modo falloso e ritrovandosi solo soletto a staccare a pochi passi dalla porta. Insomma, un mischione informe come se ne vedono a decine in ogni gara. E, prima dell'insolito contatto Toloi-Lautaro, c'erano almeno un paio di situazioni pro-Inter.
Andiamo avanti? Andiamo avanti. Perché sembra che in Inter-Atalanta sia filato tutto liscio e che l'unico caso da moviola sia questo. "Rocchi ha fatto un'ottima partita se esuliamo da questa situazione", Rizzoli dixit. Come no. Tralasciando il solito metro arbitrale ondivago (specie sulle cariche da tergo ai danni di Lautaro e Lukaku), ci sono altri due momenti molto importanti nella direzione del toscano. Al 63', ancora protagonisti Lautaro e Toloi, ma stavolta a ruoli invertiti. L'argentino dell'Inter viene fermato mentre s'invola solitario verso Gollini per un presunto fallo ai danni del difensore atalantino: dal replay, invece, l'unico fallo che viene a galla è quello di mano di Toloi che – perso il passo in arretramento – prova a mettere una pezza in modo goffo. Moviole che hanno parlato di quest'azione? Zero. Tutto passato in cavalleria. E il rigore del possibile 2-1 bergamasco? Archiviato velocemente con il più democristiano dei "ci può stare", quando invece è un penalty estremamente fiscale, per non dire inesistente. Bastoni va in pressione normalissima su Malinovskyi che non aspetta altro di avvertire il minimo contatto per stramazzare a terra. Handanovic ristabilisce un minimo di legalità stoppando Muriel dagli undici metri, ma anche qui i moviolisti eclissati.
Un tempo, quantomeno, c'era Moggi a dettare l'agenda dei salotti sportivi in fatto di moviola. Oggi, invece, è semplicemente l'incompetenza a farla da padrone. E l'Inter si trova sempre dalla parte sbagliata.
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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