Pochade: vocabolo francese che intende riferirsi a quel genere di vaudeville, tipicamente francese, che [...] intende riprendere comicamente e in modo più o meno piccante gli intrighi e avventure di giovinotti vogliosi e di vecchi inuzzoliti, equivoci galanti e i ridicoli contrattempi, solitamente in ambiente di piacere spicciolo [...].

Equivoci galanti e ridicoli contrattempi. Ed è di sicuro semplice pensare a Inter-Milan, una gara durante la quale di galante s'è visto davvero poco, ma al contrario satolla di equivoci e ridicoli contrattempi. Per ulteriori informazioni consultare moviola e regolamenti, o più semplicemente riesumare vecchi episodi simili ma differenti per esecuzione. In che senso? Mi spiego. Settantatreesimo minuto: Eriksen serve Lukaku che scatta dritto verso la porta, Donnarumma prova a dir di no e ci riesce. Il portiere tenta di fermare la belva belga ma in caduta il gigante rossonero più che agguantare il pallone, blocca letteralmente il gigante nerazzurro che gli frana addosso, malgrado il vano tentativo di Gigio di ritrarre le braccia. Troppo tardi, scontro tra titani, Big Rom è a terra. Mariani sicuro fischia: rigore per l'Inter, ma il nove nerazzurro sul dischetto non ci andrà mai. Irrati, al Var, dice no. Sul rimpallo di Eriksen, nato da una deviazione iniziale di Romagnoli, che diventa il potenziale pallone per il due a due, Romelu Lukaku è in posizione più avanzata rispetto alla linea difensiva rossonera nella quale però Simon Kjaer sporca un pallone che da che calcio è calcio rimette a tutti gli effetti in gioco il belga. Per tutti, tranne che per Irrati, che a differenza di quel recente Lazio-Inter non convalida la legge di Hammurabi. Eh? Sì, quella di 'occhio per occhio dente per dente' che troviamo pure nella Bibbia, ma per meglio rendere l'idea, la stessa usata dal signore ieri al Var durante la gara dell'Olimpico, quando diciassette minuti dopo l'espulsione di Immobile per lo schiaffone mollato a Vidal giustamente sanzionato con rosso diretto, sanziona equalmente Stefano Sensi per una sbracciata sulla spalla di Patric che inscena una scena madre degna della statuetta d'oro. Fallo per fallo, rosso per rosso... Corroborato dalla decisione del giudice sportivo che infligge una giornata a testa di squalifica, una a Immobile, una a Sensi. Codice di Hamm...Irrati. 

Da ammirare però c'è ben poco, ma come volevasi dimostrare c'è chi tali gesta di giudizio le ammira e addirittura le emula. E andiamo di scena con la più recente delle pochade: il derby di Milano, che a dirla tutta fa più rima con porchade... Una farsa che sa di porcata: porchade. Neologismo coniato all'indomani della più ridicola delle gare della nuova stagione e ahinoi siamo solo alla quarta. Ne vedremo delle belle. C'è chi parla di campionato falsato in riferimento ad una stagione piena di aderenze e rattoppi, tra rose decimate per i contagi e corse contro un tempo tiranno come mai prima tra Qualificazioni ai Mondiali, Qualificazioni agli Europei U21, Nations League, amichevoli... Chi ne ha più ne metta e l'Inter Antonio Conte di giocatori a disposizione per le Nazionali ne ha messi ben tredici. Ma questo è un altro scomodissimo tema sul quale sorvoliamo. Non si può purtroppo fare lo stesso dopo la non espulsione (nb: neanche ammonizione) di Franck Kessié: a martello su Hakimi che non gode della stessa scaltrezza usata da Mario Mandzukic durante quel lontano Inter-Juventus passato alla storia come il derby d'Italia firmato e controfirmato Orsato che fece una confusione immonda tra ciò che è giusto fare e ciò che il protocollo Var prevedeva: giallo a Vecino, Var review e giallo tramutato in rosso. Vecino fuori per gioco pericoloso (rosso sacrosanto), Inter in dieci e addirittura in nove dopo l'ingresso di Santon al posto di Icardi. Sì perché l'Inter è questa qui da sempre, Beneamata solo di nome e masochista dentro e fuori. In che senso? 

Nello stesso senso per il quale, contro il Milan, a spostare gli equilibri non sembra essere sufficiente Mariani. I nerazzurri ci mettono il carico propizio per perdere una partita clamorosa, perché diciamola tutta, a più di ventiquattro ore, viene ancora difficile comprendere (figuriamoci digerire) come sia stato possibile perdere quel derby. Un tentativo di spiegazione lo dà Aleksander Kolarov e un altro Danilo D'Ambrosio, con tanto di appendice redatta da Marcelo Brozovic. Danilone, l'uomo dai gol e dai salvataggi pesanti quanto i punti salvati più e più volte, eroe di una stracittadina di cui - siam convinti - porti ancora i segni (salvataggio con i gioielli di famiglia sullo scadere in Inter-Milan del 17 marzo 2019), sabato ha recitato una delle peggiori gare da quando indossa la maglia nerazzurra, di sicuro la più brutta degli ultimi anni. Con la Fiorentina si era già mostrato in difficoltà, ma a salvarlo il gol-salva Inter che ha cancellato quasi del tutto la prestazione affannata. Con il Milan non replica quanto fatto con i viola, e di lui resta ben impressa una prestazione non degna delle aspettative. Lo stesso si può dire del croato in mezzo al campo che non solo non brilla, infastidisce pure per l'atteggiamento inscenato che riporta indietro le lancette e rievoca l'immagine di quel Brozovic tutt'altro che epic prima della metamorfosi spallettiana, il cui quasi addio in quel 30 gennaio 2017 ad un passo dal Siviglia non commuoveva in molti. Peggio di Brozo e D'Ambro solo Kolarov che contro il Milan di buono ha fatto soltanto far dilagare i commenti sui social, dove sono emersi per la prima volta i 'quasi quasi non era così male Godin'. Alla buon'ora verrebbe da pensare. Il serbo dal suo arrivo all'Inter non ha ancora inciso così come ci si aspettava, specie perché - non dimentichiamocene - è stato scelto per l'esperienza di cui è accreditato, e mal applicata nella gara di San Siro, dove si è fatto bluffare come il peggiore dei ragazzini. 

Una difesa che ha prodotto più bile che acqua e che preoccupa in vista di una stagione piena di impegni martellanti. Preoccupa sì, come giusto faccia chiunque abbia in mente certi obiettivi, ma tra il preoccupare e il condannare c'è di mezzo il Covid. Risulta piuttosto difficile infatti pensare ad una futura ulteriore indisponibilità in contemporanea di Skriniar e Bastoni come in questo caso, quanto altrettanto difficile risulta pensare ad un futuro ulteriore blackout in contemporanea di tutti gli elementi andati fuorigioco - e solo metaforicamente - contro il Milan. A partire dall'arbitro per finire con Lukaku, lo stesso Big Rom dei 30 gol alla prima stagione in nerazzurro, che contro i cugini ha sprecato più di quanto il tipo di partita concedesse, in energie, sotto porta, e persino in altruismo in alcuni casi... Tanti, troppi sprechi, come troppi errori e sbavature, sotto porta, in difesa e a centrocampo che hanno fatto storcere il naso pure al nuovo Conte che seppur travestito da agnellino domo, dai toni pacati in pubblico, difficilmente starà zitto una volta tornati ad Appiano per analizzare quanto fatto e quanto perso.

Equilibrio. Ci vuole più equilibrio. Lo dice Conte, lo ripropone Handanovic nel post partita, gli stessi che continuano a credere nell'illusione di un'Inter mentalmente sana, guarita dalla schizofrenia che da dna si porta dietro dal 1908. Guarigione che non arriverà, con buona pace di Conte. Esattamente come mai arriverà la guarigione di un calcio sempre più soggettivo malgrado l'ausilio tecnologico che, mai come quest'anno, sembra inutile e perverso, quasi controproducente. Nessuno sembra accorgersene, nessuno sembra curarsene, e allora aprite le danze e torniamo a ballare. Ciecamente attorno all'amore. Ma pare non esserci spazio per l'elitaria poesia di Faber e più che una ballata dell'amore cieco sembra proprio una ballata di volgo, assistendo ad una pochade... con la r.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 19 ottobre 2020 alle 00:00
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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