Nona sconfitta in 27 giornate, il 33,3% periodico per quelli bravi in matematica, a sottolineare il fatto che i mali di questa Inter potrebbero prolungarsi all'infinito, a meno che la dirigenza non decida di mettere le dovute pezze a fine stagione. I nerazzurri si schiantano contro una Juventus solida e compatta, che come all'andata lascia sfogo alla manovra interista ma stavolta senza lasciarle un briciolo di palle gol. Lautaro e Lukaku in versione ectoplasmatica vengono fagocitati per tutti i 90' da Gatti, Bremer e Danilo, tanto che il Diez argentino agevolerà loro il compito nel secondo tempo ribattendo con la schiena un tiro ben indirizzato di Brozovic. Se il lato della LuLa non è mai stato così oscuro, anche il cervello del regista croato è annebbiato davanti a siffatta passività dei compagni. A nulla serve Calhanoglu doppio play se davanti non ci sono movimenti, spunti e idee. I due tiri di Barella verso Szczesny sono le due uniche scintille, la Juve quando attacca è dinamite.

Rabiot già decisivo in fase di contenimento nella diga con Locatelli e Fagioli fa saltare il meccanismo difensivo dell'Inter sfruttando il pressing 'all'arrembaggio' di Brozovic e delle due mezzali: basta un lancio di Gatti per scavalcare la linea del pressing e dare il via all'azione che dopo la combinazione tra il francese e Vlahovic manda in gol Kostic, con tanti saluti a Dumfries e alle immagini del VAR, che come in Juve-Samp "non fanno chiarezza". L'Inter reagisce? Neanche per sogno, anzi sembra di riassistere agli incubi di qualche anno fa: palla lunga verso Dumfries, che anche quando c'è da attaccare fa quello che può, che non è tantissimo e Kostic, tornato difensore, lo sa. Possesso palla tanto e stabile sul 69% per gli inzaghiani, manovra lenta e soporifera che fa il gioco della squadra di Allegri. La trama è la solita e gli interpreti ancor prima del pubblico si annoiano. La Juve come tutti la conosce a memoria e se non ha avuto problemi all'andata, figurarsi in questo match di ritorno contro un'Inter stanca e incerottata, che eppure ha avuto due giorni di riposo in più.

Nella ripresa i nerazzurri provano ad alzare i ritmi, come spesso avviene in questi casi attaccano più di foga che con intelligenza, con il risultato di concedere nuove chance alla Juve in contropiede anziché far preoccupare Szczesny. La squadra di Allegri regge gli urti e poi torna a rendersi pericolosa con le fiammate di Kostic, Rabiot e del neo entrato (e poi uscito) Chiesa. Inzaghi manda in campo Dzeko, Correa, Mkhitaryan, D'Ambrosio, addirittura risuscita Bellanova, ma l'Inter non fa progressi e per il tecnico non regge nemmeno l'alibi dell'averle provate tutte. Bisognava vincere il derby d'Italia per chiudere una settimana "storica", con la prima qualificazione ai quarti di Champions dopo 12 anni e il sorteggio giudicato positivo con il Benfica. Invece arriva il nono ko proprio contro la rivale storica, zero gol come a Oporto e come gli zero gol d'azione a La Spezia. Ora per fortuna c'è la sosta, poi un aprile di fuoco tra campionato, Coppa Italia (semifinali ancora contro i bianconeri) e Benfica. Dall'altra parte del tabellone le avversarie sarebbero state "ingiocabili". Un aggettivo che in una diversa accezione fa al caso proprio di questa Inter.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 20 marzo 2023 alle 00:01
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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