Inutile girarci intorno. L’Inter è entrata nel periodo clou della sua stagione, tanto in campionato quanto in Coppa Campioni. La fragilità del Napoli, dimostrata nell’ultimo scontro diretto col Milan, palesando in maniera marcata le difficoltà della banda Mazzarri con le big, ha di fatto ristretto il cerchio dello scudetto alle due milanesi, nonostante Galliani e Moratti abbiamo da subito tenuto ancora in corsa i partenopei. Milan e Inter sono, rispettivamente, prima e seconda della Serie A, un qualcosa che non accadeva dalla lontana stagione 1992-1993, quando l’Inter di Osvaldo Bagnoli insidiò i ben più quotati rossoneri di Fabio Capello, che mantennero le aspettative e, a fine stagione, fecero loro lo scudetto, con 50 punti contro i 46 dei nerazzurri, autori di un bel torneo, nonostante le aspettative iniziali di un’annata di assestamento e di passaggio. Quest’anno le ambizioni nerazzurre erano ben diverse e lo scudetto era il primo obiettivo, un obiettivo che però, per i noti motivi, stava sfuggendo gradualmente sul finire del 2010. L’arrivo di Leonardo ha dato nuova linfa e la squadra è tornata prepotentemente in lotta, scalando le posizioni e stabilizzandosi, ora, al secondo posto.
In questo mese di marzo, da poco iniziato, potrebbe succedere qualcosa di decisivo che darebbe connotazioni negative o positive alla stagione nerazzurra. Sulla carta, il calendario nerazzurro sembra essere più tranquillo, più agevole. Sarebbe facile, così, cadere nella tentazione di rilassarsi, ma l’Inter non deve farlo. Finito il periodo in cui fare gli stakanovisti era la normalità, i ragazzi di Leo si stanno godendo un’intera settimana di lavoro e preparando le future e immediate partite con Genoa, Brescia e Lecce al meglio, recuperando i giocatori fuori per infortunio. Queste settimane di lavoro serviranno al tecnico brasiliano per fare le sue valutazioni, per capire se la stanchezza avvertita dalla squadra è una stanchezza figlia degli estenuanti mesi di gennaio e febbraio, con gare da recuperare e gare di Coppa, o se si tratta di una stanchezza perpetua, che affligge l’Inter dall’inizio dell’anno e trova le sue radici nell’impresa dello scorso anno, che ha svuotato a livello fisico, oltre che mentale, con il derivato appagamento.
Il dottor Leo si è rivelato essere un ottimo psicologo, bravo nel lavorare sul fattore mentale. Egli ha risolto il primo ‘male’. Non è riuscito a mettere ancora un freno agli infortuni e alle ricadute di campioni come Milito e Cambiasso, calciatori che lo scorso anno hanno dato fondo alle loro massime energie e che quest’anno hanno pagato un enorme scotto. Le partite che aspettano l’Inter sono importantissime, non solo perché si deve recuperare lo scarto di cinque punti in campionato, ma anche per dare un forte segnale in vista della gara col Bayern, dove servirà la migliore condizione fisica per abbattere i tedeschi che non sembrano imbattibili, avendo perso due gare consecutive, con Borussia e Schalke 04. La squadra deve anche trovare nuove motivazioni e nuova coralità: troppo poco è il basarsi sulla giocata dello Sneijder o dell’Eto’o di turno. Serve ritrovare quella compattezza che contraddistingueva i successi dello scorso anno, perché Massimo Moratti, come detto alla consegna dell'Ambrogino, vuole cavalcare nuovamente l’onda del successo, essere ancora orgoglioso di questa squadra, che entra nelle sue tre/quattro settimane decisive.
Vorrei poi spendere un ultimo pensiero sulla Primavera nerazzurra, che ieri ha battuto i campioni d’Italia pari età del Genoa, guadagnandosi la semifinale del Torneo di Viareggio, storico bacino di campioni in erba. Una Primavera molto dotata tecnicamente quella di Fulvio Pea che annovera giovani di belle speranze come i vari Alibec, Dell’Agnello e Bardi, oltre ai già ‘affermati’ Biraghi, Benedetti e Natalino. Mi ricorda tanto la prima squadra, molto concreta e decisa, una squadra che, nonostante la giovane età, sa soffrire in trincea e segna quando ne ha l’opportunità e gestisce bene i ritmi della gara, segno tangibile della bontà del lavoro della coppia Pea-Manicone. Deve solo imparare a chiudere le gare prima, col colpo del ko. Denis Alibec ne è il leader: non solo per i gol ma per la capacità di sapere tenere la squadra, da capitano, nei momenti di difficoltà, salda in pugno. Questo Viareggio potrebbe essere il suo trampolino di lancio, come nel 2008 lo fu per Mario Balotelli, che da lì in poi inizio la sua ascesa. Denis spera di ripetere tale exploit e chissà che non possa entrare anche egli nelle gerarchie leonardiane, magari la prossima stagione. Intanto, però, bisogna portare a casa questo Viareggio e poi concentrarsi sul campionato di categoria, che manca dal 2007, quando, guarda caso, fu Balotelli a deciderlo. Che la storia si ripeta anche per il talento romeno?
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