Mercoledì si celebrava il ferragosto. Le ferie di Augusto, introdotte dal primo imperatore dell'antica Roma e poi riprese dal cattolicesimo. A ferragosto quasi tutti cercano di fare qualcosa di bello, godereccio o rilassante. Al mare, in montagna e anche nelle città che, in estate, non si trasformano più nei deserti di una volta.

Antonio Conte, l'allenatore dell'Inter, non ha seguito la massa. Dopo aver concesso 48 ore di riposo, nel giorno chiave della stagione più attesa ha deciso che la sua squadra si sottoponesse a due sedute di allenamento nel buen retiro del “Centro Sportivo Suning in memoria di Angelo Moratti”, la Pinetina per gli amanti della sintesi. Niente gite, niente pranzi abbondanti, nessun tuffo dove il mare è più blu, ma per i professionisti vestiti di nerazzurro, Ferragosto ha fatto rima con corsa, sudore e tattica. Il pallone come strumento di lavoro e non piacevole passatempo da far rotolare sulla sabbia. Abbassare l'enfasi, avete ragione. Non stiamo parlando di fatiche crudeli e impossibili per un essere umano, ma solo di lavoro per chi svolge uno dei mestieri più belli del mondo, quello del calciatore, peraltro pagato profumatamente. E nel giorno di Ferragosto il Torino è sceso addirittura in campo in quel di Minsk per una partita ufficiale internazionale.

Ma, tornando al tema del lavoro quotidiano, sappiamo che non sempre nel calcio professionistico ci si alleni con la giusta e necessaria intensità, con la giusta e necessaria voglia e concentrazione. Non possiamo sapere ora se, con Antonio Conte, l'Inter tornerà a vincere come il popolo nerazzurro si augura, quello lo dirà solo il campo, ma sappiamo con certezza che non si potrà rimproverare nulla ai giocatori in termini di impegno e dedizione alla causa. Con l'ex Ct della Nazionale non sarà possibile barare, chi non seguirà una certa linea, il campo lo vedrà molto poco. Ma non si tratta di imposizioni che i calciatori mal digeriscono. La bravura di Conte sta nel saper coinvolgere la truppa, all'insegna del motto che recita; “Io do tutto me stesso ai miei calciatori e da loro pretendo tutto, soprattutto educazione e rispetto”.

“In estate ho lavorato veramente bene e duramente con Conte”. Lo ha detto Ivan Perisic, ma dopo aver firmato per il Bayern Monaco e quindi senza aver bisogno di parole al miele per l'ormai ex tecnico. “In Inghilterra si lavora, ma mai come qui”, conferma Romelu Lukaku, il panzer tanto atteso e voluto a tutti i costi da Conte. Lavoro, lavoro, lavoro... musica per le orecchie dei tifosi dell'Inter, lo sarebbe per le orecchie dei tifosi di qualunque squadra. Ma a noi interessa che questi concetti diventino pane quotidiano alla mensa nerazzurra, e se così sarà, proprio lui, l'Antonio Conte dal passato che non piace, potrebbe rivelarsi il più “interista” di tutti.

Mancano nove giorni all'inizio del campionato della Beneamata. Esordio fissato lunedì 26 al Meazza contro il Lecce. Lo stadio sarà, naturalmente, stracolmo e soprattutto molto curioso. Curioso di vedere la prima del nuovo corso, curioso di vedere il nuovo tecnico nella casa degli interisti indossando la sacra divisa sociale. Conte ama poi giocare la sua partita da tarantolato in piedi davanti la panchina. Le sue urla, il suo andare a destra e sinistra, le sue braccia tese con lo scopo di telecomandare i movimenti dei giocatori, trascineranno il pubblico nerazzurro. Anche i più scettici, i più “intransigenti” nel rivendicare una presunta purezza ideologica contro chi un tempo stava da un'altra parte non gradita, dovranno ricredersi. Conte darà tutto se stesso per portare l'Inter al successo. E pretenderà che i giocatori, nonché la società tutta, facciano altrettanto.

Al momento le cose sembra stiano procedendo più che bene, vedasi mercato (ancora da completare) e prestazioni sciorinate nella pre-season, come dicono quelli bravi. Ma il bello deve ancora venire. Allacciate le cinture, tra poco si parte.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 17 agosto 2019 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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