Ospite di ‘Casa Sky Sport’ per festeggiare il suo 60esimo compleanno, Walter Zenga si concede alle domande dei tifosi mediate da SkySport. Tanti i temi trattati dall’ex portiere dell’Inter ed attuale allenatore del Cagliari, a partire dagli auguri ricevuti per il compleanno: “Diciamo 59,99, come al supermercato. Dire 60 fa un po’ impressione (ride, ndr)”. 

E’ vero che per farti esordire prima c’è stato un trucchetto?
“Quando ero bambino bisognava avere 10 anni per giocare, io ne avevo 9 e quando mi hanno chiesto la data ho detto che ero nato un anno prima per firmare. Poi mio papà fece una carta di rischio, non ricorda cosa di preciso, perché mi ‘sgamarono’ subito”.

Sull’arrivo al Cagliari e lo stop per Covid-19:
“Mi piacerebbe tornare a giocare, vorrebbe dire tornare a vivere. Secondo me non ci sarebbe problema per nessuno sull’assumersi la responsabilità per giocare d’estate, anche se la preparazione sarebbe diversa: i giocatori sono mesi senza allenamenti ufficiali, è un problema difficile ma ci sono le soluzioni. Sono in contatto con i ragazzi ma non li stresso, è meglio lasciare le persone serena nel loro nucleo familiare. Li sento a giorni alterni per sapere come stanno”.

Dei tuoi ex giocatori chi ti ha fatto gli auguri? Quali ti hanno fatto più piacere?
“La cosa che mi fa piacere è che con la maggior parte sono in contatto, c’è stima reciproca e pensiamo che il nostro lavoro sia stato fatto con onestà. E’ una bella soddisfazione per un allenatore”.

Meglio giocatore o allenatore?
“Ho smesso di giocare nel ’97, fa piacere una domanda così da un bambino. Vuol dire che vieni ricordato come un’icona”.

Bergomi parla sempre bene di te, c’è molta amicizia.
“Con un compagno di squadra è più facile essere amici, poi quando resti amico con Mancini, Vialli e compagnia bella sono più intense perché si sono create nella vita e non solo nello spogliatoio. Recentemente ho parlato con Maldini, ci siamo sfidati nei derby e guardati in cagnesco, ma finita la partita finiva tutto. C’era un rispetto differente”.

Video messaggio di Cattelan: “Sei il mio idolo da piccolo, abbiamo anche giocato insieme. Porti benissimo i 60 anni. Auguri”.
“Abbiamo giocato insieme? Se lui lo dice non posso smentirlo (ride, ndr). Non ricordo in quale partita di Serie A”.

Com’è allenare il Cagliari ed essere un grande portiere dell’Inter?
“Oggi è il 28 aprile, è anche la festa dei sardi e della Sardegna. Sono dei destini strani che si incrociano, io ci credo. Ci sono cose che ritorno o coincidono. Mi è successo tante volte: io ho allenato in Italia in cinque città di mare e in tutte e due le isole, è una cosa strana. Oggi è la festa della Sardegna, il Cagliari lo sento già mio perché ho approfondito tante cose in questi giorni ad Asseminello, attraverso video e chiacchierate con il presidente e la dirigenza. Ottimizzo il periodo di stop per colmare le non conoscenze”.

Ricordi Crotone-Cagliari?
“Come faccio a dimenticarla? E’ stato il primo vero caso di Var chiaro e clamoroso, ma non ci fu solo quello (gol annullato a Ceccherini). Ma ci furono altre situazioni gestite male, poi Tagliavento disse che quello fu uno dei suoi più grossi errori in carriera. E rimane, ovvio. Io difendo sempre il mio club, quindi è ovvio che avessi preso le difese. A Crotone ho passato un’annata bellissima, spero di vederli presto in A perché la piazza lo merita”.

Cosa faresti per il campionato se dovessi decidere tu?
“Non posso entrare nel merito giuridico, i prestiti scadono al 30 di giugno. Da professionista dico che se ci sono le condizioni noi siamo a disposizione per terminare il campionato entro il 2 agosto. Il problema delle tante partite in pochi giorni esiste, i giocatori sono più esposti a infortuni. Andrebbe fatto tutto per gradi. I giocatori non vengono da una vacanza, ma da un lungo periodo in casa. La voglia c’è, tutte le task force e i ministri stanno prendendo in considerazione in fatto che il campo sia 110x65 metri e si possano fare gli allenamenti. Penso che stiano riflettendo su questi punti. Chiaro che se un Nainggolan va al parco al correre… meglio farlo al centro d’allenamento. Noi abbiamo quattro campi”.

Un attaccante che ha le qualità  per diventare un campione come Totti e Del Piero?
“Esempi non semplici da prendere in considerazione, sono due totem, due fuoriclasse assoluti, due bandiere. Se un giovane è bravo dovrebbe prendere esempio da loro, perché non basta solo il talento ma devi essere professionista vero e rinunciare a determinate cose. Loro hanno allenato il talento e l’hanno portato avanti con cura del corpo e la serietà”.

All’Inter chi ti ha stupito per talento?
“Kalle Rummenigge era di una professionalità super. E’ stato uno degli acquisti più importanti della storia dell'Inter. Poi per talento dico Lothar Matthaus. Ma anche Brehme, tirava in porta una volta di destro e una di sinistro. Per gli italiani dico Ferri, Bergomi e Matteoli, poi Alessandro Bianchi era sottovalutato ma ti dava un bilanciamento. Poi anche Nicolino Berti. Potrei dirne tanti. Altobelli? Ci ho giocato. Perché, Beccalossi? Non dimenticate che negli anni ’80 in A c’erano Platini, Maradona, Zico, Gullit, Van Basten. C’erano giocatori di alto livello, la Samp dava cinque giocatori alla nazionale. Giannini dove lo lasciamo?”

L’attaccante che ti ha fatto più soffrire?
“Il pallone. Ci sono stati attaccati che mi hanno fatto gol, altri che non me l’hanno mai fatto. Mi sarebbe piaciuto ogni tanto sentire la stessa domanda fatta ad una punta, con riferimento al portiere”. 

Rivedi le tue caratteristiche in qualcuno?
“La personalità in un portiere è fondamentale. Nel 1983 ero titolare nell’Inter, uno dei più giovani di sempre. Forse Giovanni Galli alla Fiorentina aveva la mia stessa età. Oggi uno come Donnarumma ha fatto più di 100 partite con il Milan, e ti impressiona molto. Oggi lo consideriamo di un’altra categoria, ma ha solo poco più di 20 anni. Quando ero a Crotone avevo segnato i nomi di Meret e Cragno: dal vivo mi avevano impressionato entrambi per la capacità di far casa loro l’aera di rigore. A parte Sirigu a cui sono affezionato, quello che mi ricordava vagamente me stesso era Perin, tralasciando l’icona assoluta che è Buffon e sta ancora giocato. Lui è un esempio. Arrivare all’età di Gigi e mantenersi a quella forma e a quel livello di concentrazione è quello che un giovane dovrebbe prendere in considerazione”.

Interviene Bergomi.
Zenga: “La prima volta che l’ho conosciuto aveva i baffoni. A ripensarci non so come abbia fatto a sopportarmi in camera, ha avuto una bella costanza. Ne abbiamo passate tante”.

Bergomi: “Come ho fatto a sopportarlo? Prima una comunicazione di sevizio per Walter: lui prima ha parlato di amicizia, più facile in uno spogliatoio. Lo avviso che sulla chat di Italia 90’ ti stanno arrivano gli auguri di tutti, l’ultimo è stato Marocchi. In camera era insopportabile, gli dava fastidio anche la tv. Si addormentava prima di me, quindi o andavo in giro o dormivo anche io. Poi più aveva casini e più giocava meglio. Gli chiedevo sempre come facesse, è stato un compagno vero. L’amicizia non si misura mai per quante volte ti senti, ma per il feeling e la stima giusta”

Zenga: “Io la sera della partita non dormivo mai, il giorno prima non sentivo lo stress. Poi quando lo Zio urlava capivo che avevo ragionato”. 

Interviene Gianluca Pagliuca: “Ti faccio tanti auguri e complimenti anche per la tua nuova avventura. Spero possa iniziare presto con il Cagliari. Ho ricordi indelebili come compagno e avversario, ci siamo scambiati le porte di Inter e Samp con stima. Abbiamo avuto qualche bisticcio, ma la stima rimane immensa. Tanti auguri. Non dimentico la sera a Corsico quando mi hai premiato, poi a San Siro mi chiesi se fossi io. Ho ricordi indelebili, ti faccio tanti auguri e ti auguro di farne altri 60. Un abbraccio”.

Zenga: “La differenza che esiste tra me e Pagliuca o Bergomi e Pagliuca e chiunque altro è che io e lo Zio siamo nati nell’Inter, siamo interisti da quando siamo nati. Un conto è nascere, crescere in un club. L’icona che diventi per i tifosi è differente. Pagliuca non si ricorda di una cena a Milano perché stavo per tornare all’Inter da secondo, ma alla fine non se ne fece nulla”.

Bergomi: “Erano diversi. Walter rappresenta l’Inter, è il portiere più amato in assoluto. Non ci sono rivali. Sia per il ruolo che per gli atteggiamenti, si è fatto amare. In porta tutti e due hanno fatto una grande carriera, sono legato a entrambi, ma il mio cuore è sempre per Walter, ci ho passato tanti momenti belli e brutti. Ci son troppi legami”.

Fate qualche riunione con la squadra dello scudetto dei record? Avete dei gruppi whatsapp?
Bergomi: “Brehme lo sento quasi tutti i giorni. Non abbiamo un gruppo whatsapp, c’è Inter forever e quando era gestito da Toldo ci si vedeva. Ora un po’ meno. Sono felice di vedere Walter con la tuta del Cagliari perché quando veniva a San Siro mi disturbava”.

Zenga: “Andavo a salutarlo sempre al momento del collegamento (ride, ndr). Ma va bene così Zio, alla grande. L’Inter da avversario? La prima volta è stata difficile, Inter-Catania con Mourinho in panchina. Sono riuscito a perdere la partita facendo tre gol a San Siro. E’ stata un’emozione unica, Zanetti mi regalò la maglia delle presenze e Mourinho fece una cose simpatica: sulle palle inattive cambiava sempre marcatura. Col Palermo è stata un’altra esperienza forte, finì 5-3. L’ultima col Crotone è stata devastante perché è stata l’emozione forse più grande della mia vita. Ti svelo un particolare. La mattina Bergomi ha visto l’allenamento e ci è venuto in partita quello che aveva provato. Poi mi ha chiamato e mi ha fatto i complimenti. Tanto dipende dai giocatori che hai, poi tutti hanno delle idee e il coraggio fa la differenza. Ci sono tanti allenatori con idee fantastiche, ma anche i top seguono una caratteristica: un allenatore si deve sempre aggiornare, stando attenti alle qualità dei giocatori. Il mio marchio di fabbrica? Non sta a me dirlo. La cosa che mi è sempre piaciuta dell’ultima annata in A è avere una squadra sempre con personalità, con il rifiuto della sconfitta”. 

Ancora Bergomi: “Da calciatore non mollava mai. Aveva la giusta convinzione e autostima, poi quando le hai dentro le trasmetti. Non ha un tratto distintivo, nel nostro mondo poi ti porti dietro delle etichette, ma bisogna vedere come lavora. E’ sempre pronto a mettersi in discussione, è uno preparato, basta vedere i suoi allenamenti”.

Soprannome preferito?
“Deltaplano nasce da Gianni Brera, l’Uomo Ragno nasce dagli 883 e dalla loro canzone: quando venni escluso dal Mondiale, uscendo dallo spogliatoio fischiettavo quella canzone. Io sono moto autoironico. Nel calcio i due ruoli sempre a rischio sono portiere e allenatore, io ho fatto en-plein”. 

Interviene Marino Bartoletti, che dopo aver fatto gli auguri ricorda che una volta “eri nella sede dell’Inter, accucciato fuori dall’ufficio della segretaria. Lì ho capito il tuo amore per l’Inter e che saresti diventato anche uno dei migliori portiere della storia”.

Zenga: “E’ una persona di spessore. Orgoglioso di avere un’amicizia con una persona di questo livello”.

Sui giovani.
“L’età non ha un senso, se uno è bravo gioca anche a 17 anni. Io ne ho fatto esordire molti sotto i 22 perché credevo nelle potenzialità, a Crotone con me Mandragora ha sempre giocato titolare fisso. Per fare un esempio”.

Il momento più bello e più brutto all’Inter?
“Semplice. Inter-Salisburgo, eh Zio? Arrivavamo da un’annata allucinante, ci guardavamo e ci dicevamo ‘la prossima la vinciamo’, ma eravamo in fondo alla classifica. In Europa stavamo facendo un percorso perfetto e siamo arrivati in finale di Coppa Uefa col Salisburgo: 15 giorni prima mi chiama Mancini e mi dice ‘guarda che Pagliuca va all’Inter e tu vieni alla Samp’. E io avevo da giocare la doppia finale. Vinciamo 1-0 a Vienna, poi vinciamo 1-0 a San Siro. Nel secondo tempo ci hanno preso a pallonate, per noi Jonk fece un grande gol. Abbiamo vinto la coppa, ma è stata l’ultima partita all’Inter: per questo la più bella e la più brutta. La parata a cui sono più affezionato è quella sul un radente di Marquinos da fuori area a fil di palo, stilisticamente perfetta. Una delle più belle che un portiere può fare”.

Bergomi: “Walter aveva fatto una grande partita, lui non vuole dirlo. Abbiamo vinto la coppa e ha lasciato da grande portiere”. 

VIDEO - LA COPPA UEFA '94: DOPPIA VITTORIA CON IL SALISBURGO, ZENGA PARATUTTO A SAN SIRO

Sezione: Copertina / Data: Mar 28 aprile 2020 alle 15:10
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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