"La prima città italiana in cui ho giocato è stata Cascia, dove c’è Santa Rita. Credo alle coincidenze. Nel 2015 Don Nino scrisse una lettera alla Sampdoria dopo avermi visto segnare al debutto in Nazionale, contro la Bulgaria, e lo invitai a Genova. Nel 2018, il giorno dopo la vittoria contro la Lazio che ci garantì la Champions con l’Inter, volai da lui in Sardegna, a Buddusò. Il campo dell’oratorio è intitolato a me". Lo racconta Eder, intervistato oggi dalla Gazzetta dello Sport. L'ex nerazzurro ripercorre tutte le tappe della sua carriera fin dagli albori.

Mai avuto piani B?
"Mai. Da piccolo giocavo a futsal, poi a 13 anni passai al calcio, come attaccante. Mamma professoressa, papà politico. Ho i loro valori: gestisco un istituto che si prende cura di più di 200 bambini malati di cancro. Nel tempo libero invece allevo cavalli con mio cognato: mi rilassa molto".

Quando arrivò la chiamata di Conte?
"Prima di un Sampdoria-Cagliari, nel 2015, Sinisa mi disse che Antonio e il suo staff sarebbero venuti a vedermi. “Oh, non è che te la fai sotto e fai una partita di merda?”, chiese scherzando. Un paio di settimane dopo, prima dell’Inter, fui informato della convocazione. Segnai su punizione".

Cosa le stregò di Conte?
"La coerenza. Tratta tutti allo stesso modo. L’ho visto incazzarsi persino con Pirlo".

La delusione più grande?
"Italia-Svezia, maledetto spareggio. Colpa di tutti, ma Ventura non fu coerente. Belotti e Immobile giocavano anche quando non erano al 100%. A San Siro ci fregò la pressione, sarei potuto entrare nella ripresa: io e Insigne in panchina, poi ci fu quella scena con De Rossi. Eravamo sullo 0-0...".

Un altro rimpianto è il Leicester? Gennaio 2016...
"Avrei giocato dietro a Vardy, era fatta, ma Mancini e Ausilio mi fecero cambiare idea. Ranieri mi rispose da signore: “Se vuoi divertirti come un bambino vieni da noi”. Andai all’Inter... e giocai pochissimo. Il Leicester vinse il campionato".

Un bilancio dei suoi anni in nerazzurro?
"Su quasi 90 partite ne avrò giocate solo una ventina da titolare, ma sono felice del tempo trascorso a San Siro. Un orgoglio. Poi davanti c’era Icardi".

Era l’epoca dei “consigli” di Wanda sui social.
"C’era imbarazzo, ma Mauro era sereno".

E lei come mai andò via?
"Per Spalletti. Non ho mai sopportato la sua ipocrisia. Allenatore top, ma come uomo... meno".

Dopo l’Inter scelse la Cina.
"Io e la famiglia Zhang eravamo amici, ma nel 2020, dopo la vittoria del campionato, sparirono tutti. Non abbiamo visto un euro per mesi".

Sezione: Copertina / Data: Ven 14 novembre 2025 alle 08:56 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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