Lunga intervista concessa da Hernan Crespo alla Gazzetta dello Sport. E non mancano gli spunti interessanti.

Il Milan che cosa rappresenta?
"Il sogno. Quando ero ragazzo, a Buenos Ai­res, tifavo per il Napoli di Maradona, come tutti gli argentini, ma ammiravo il Milan di Gullit e Van Basten. Sono cresciuto con il mito di Van Basten, lui era il massimo, l’obiettivo a cui ten­deva chiunque facesse il centravanti".

Ma  il  sogno  è  diventato  realtà,  stagione 2004­-05.
"Sono riuscito a giocare nella squadra che amavo, è vero. Ma soltanto un anno...".

Già,  poi  Galliani  decise  di  non  esercitare  il diritto  di  riscatto  e  lei  tornò  al  Chelsea. Per­ché?
"Tutta colpa della finale di Champions persa a Istanbul. Ma Galliani con me è sempre stato moto gentile e onesto. Mi ha ripetuto, più di una volta, che aveva sbagliato a non confer­marmi. Mi è dispiaciuta, quella decisione, per­ché non ho avuto la possibilità di vivere la ri­vincita di Atene contro il Liverpool nel 2007".

Torniamo a Istanbul 2005: che cosa accad­de?
"Nulla, il calcio è fatto anche di dolore. Tutto qui. Io faccio una doppietta, alla fine del primo tempo stiamo vincendo 3-­0, siamo carichi co­me le molle, Ancelotti ci dice che stiamo gio­cando alla grande, torniamo in campo e... si spegne la luce per sei minuti. Sei maledetti mi­nuti! Ma lo sa che quella partita, quei gol, i miei gol, li ho rivisti soltanto due mesi fa? Prima non ne avevo la forza, mi faceva ancora ma­le".

E ad Atene, due anni dopo, lei non c’era.
"No, però è accaduta una cosa bellissima. Subito dopo la vittoria ho ricevuto sul cellulare alcuni sms dai miei ex compagni del Milan. Ne­sta, Pirlo, Gattuso, Brocchi, lo stesso Ancelot­ti... Mi scrivevano che quella coppa, quella che avevano appena conquistato ad Atene, era an­ che un po’ mia. E pensare che allora giocavo nell’Inter... Sono testimonianze e ricordi che non si cancellano".

Modelli?
"Osservo tutti, studio, poi faccio una sintesi. Vorrei essere un po’ Ancelotti, un po’ Mourinho, un po’ Bielsa".

Da Ancelotti che cosa prenderebbe?
"La tranquillità, l’umanità e la capacità di es­sere sempre in sintonia con i giocatori".

Da Mourinho?
"La metodologia d’allenamento. È sempre all’avanguardia. E poi Mou sa come entrare nella testa dei ragazzi, è uno psicologo".

Di Bielsa che cosa vorrebbe avere?
"Lui sa migliorare le qualità dei giocatori. Se uno è al 70 per cento, stai certo che con lui arriva al 110. È magnifico in questo".

Ora lei allena i giovani, che in Italia non sono molto valorizzati. Come vive questa esperienza?
"I giovani bravi ci sono dappertutto. Quello che manca, oggi, è la cultura del lavoro. I giovani pensano più ai privilegi che agli allenamenti, e questo non va bene. Se uno fa una stu­pidata, io lo sopporto a patto che poi, in campo, quando serve, faccia il fenomeno. Altri­menti che cosa me ne faccio? Adesso, invece, i giovani fanno le stupidate, pretendono tutto, ma non hanno ancora dimostrato nulla".

Quindi lei, uno come Cassano, lo sopporte­rebbe?
"A me Cassano fa impazzire. È il calcio, quando si mette in testa di giocare. E l’anno scorso il Parma, grazie a lui, è arrivato in Euro­pa League. Mi sembra di aver detto tutto".

Sopporterebbe anche Balotelli?
"Discorso diverso. Il giudizio su Balotelli di­pende dalle aspettative che hai su di lui. Se pensi che Mario possa segnare 25 gol a stagio­ne, allora hai sbagliato tutto. Lui non ha mai avuto continuità. Può risolvere una gara con un numero da campione, ma non puoi chieder­ gli di farlo sempre".

Sezione: Copertina / Data: Ven 12 settembre 2014 alle 09:10 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
vedi letture
Print