Sul palco del Festival dello Sport in corso a Trento è presente anche Antonio Conte. Il tecnico nerazzurro, ex ct della Nazionale, ha presenziato all’evento ‘Forza azzurri’ insieme ad Arrigo Sacchi, Luca Toni e Paolo Rossi. Dopo la vittoria dell’Italia di Mancini di ieri sera contro la Grecia, valsa la qualificazione agli Europei, oggi nell’auditorium Santa Chiara di Trento, l’argomento principale è il significato rappresentato dalla maglia azzurra raccontato da

Cosa Significa la maglia azzurra? Ci ricordiamo tutti il tuo salto sulla panchina...
“Sì contro la Spagna. Penso che indossare la maglia azzurra sia il coronamento di un sogno. Per un giocatore sentire quell’inno è un’emozione unica perché significa di essere arrivati ad un certo livello. Io ho indossato la maglia azzurra da calciatore e da tecnico. Da allenatore ti dà emozioni, da commissario tecnico di carichi di una responsabilità enorme. Senti un intero Paese che soffia dietro di te e ti dà emozioni uniche e al tempo stesso tanta responsabilità. Penso di essere stato molto fortunato ad indossare la maglia da calciatore e da allenatore”.

“Infortuni? Io ho avuto due gravi infortuni con la Nazionale. La rottura del crociato rimediata contro il Galles a Perugia e ai quarti di finale dell’Europeo quando mi ruppi la caviglia, però rimangono ricordi molto belli. Per la Nazionale questo e altro”.

C’è una tua frase famosa che diceva “Datemi questi ragazzi un mese e vedrete cosa succederà”, il risultato fu un gran Europeo… Cosa era successo in quel gruppo?
“Mi ricordo benissimo che riuscimmo a lavorare tre settimane e mezzo insieme e la cosa più importante fu quella di plasmare un gruppo in cui ogni calciatore avrebbe dato la vita per l’altro. Battemmo la Spagna ai quarti, loro erano imbattuti da non so quanto tempo, erano stati campioni del Mondo e poi campioni d'Europa. Fu una grandissima partita, nonostante non ci fosse grande qualità nella nostra rosa, riuscimmo a trovare 23 uomini che avevano piacere di lavorare insieme, aiutarsi nelle difficoltà perché abbiamo avuto degli infortuni, passando con la Germania avremmo dovuto inventarci qualcosa a centrocampo. Quello che mi rimane di quell’esperienza è che tante volte ‘volere è potere’ e quella volta volevamo tutti. Mi emozionò molto. Mi ricordo che la mattina dopo prima di salutarci piangevamo tutti perché sapevamo che dal giorno dopo non ci saremmo visti. Si era creata una bellissima alchimia al di là del rapporto professionale e calcistico. Non avremmo battutto squadre come il Belgio o la Spagna se non ci fossero stati dei valori, fu molto emozionale e la ricordo con molto affetto. Non avessi già firmato col Chelsea sicuramente avrei continuato quell’esperienza con i ragazzi perché si era creata un’unità di intenti che fu difficile lasciarci”.

Un tecnico che cosa dice alla squadra prima di certe partite?
“Sicuramente cerchi di trasferire il tipo di difficoltà che ti aspetti di trovare, anche gli aspetti positivi e negativi di certe partite. Mi ricordo che prima della Spagna tutta la critica ci dava per spacciati, pensando che non ci fosse nessuna possibilità per noi. Durante la conferenza invece io dissi in maniera molto chiara che la partita ce al saremmo giocata e che la Spagna per andare avanti avrebbe dovuto batterci e dimostrare di essere più forte. Io avevo sensazioni positive, poi chiaramente devi prepararla bene dal punto di vista tattico ma anche psicologico, trasferendo ai ragazzi positività. Sai benissimo di giocare per certi versi una partita proibitiva ma se dall’altro lato l’allenatore non trasmette ottimismo diventa difficile. La Spagna veniva da trionfi in serie, vincere fu una grande gioia che ci diede più consapevolezze delle nostre potenzialità”.

Cosa ricordi di quell'Italia-Brasile? 
"All’epoca avevo 13 anni giocavo nel settore giovanile del Lecce, mi ricordo eravamo al mare a vedere tutti quanti la partita e appena finita Italia-Brasile con tripletta di Rossi, ci siamo riversati tutti sa giocare sul campetto e tutti volevamo fare Paolo Rossi. Mi ritrovo qui seduto a parlare con un idolo. All’epoca tutti avremmo fatto carte false per essere come lui".

Tu hai affrontato una partita con una rosa qualitativamente non al massimo…
“Sicuramente quando arrivi poi alla lotteria dei rigori e sei avanti, un po’ di acquolina ti viene. Dopo aver eliminato la Spagna e la possibilità di eliminare la Germania campione del Mondo, tra diverse difficoltà, avevamo avuto diversi infortuni. Prima della partita Sturaro si era infortunato al legamento collaterale e io gli dissi ‘al posto tuo posso entrare solo io’. Lui fece una grandissima partita pur avendo il legamento rotto. Ci furono poi i rigori e feci entrare Zaza dalla panchina per tirare il rigore poi lo sbagliò anche Pellè, ricordo che prima della decisione di chi doveva tirare, non so per quale motivo Graziano era in ritardo, e il quinto doveva tirarlo Giaccherini, lui arrivò e disse che se la sentiva ed Emanuele che è eccezionale ha passato il suo rigore a Pellè. Poi i rigori li sbaglia chi li calcia, è andata così e al di là di tutto rimane un gran bel ricordo”.

Che futuro può avere questa Nazionale italiana?
"Io penso che l’Italia abbia iniziato un percorso e Roberto insieme ai giocatori stanno facendo molto bene. C’è da essere ottimisti perché ci sono tanti ragazzi giovani che hanno bisogno di giocare e fare esperienza facendo le competizioni. Rimango molto ottimista perché il percorso è iniziato nel migliore dei modi con giocatori competenti. Noi Club dobbiamo accelerare questa crescita. Io nella mia squadra ne ho quattro, Sensi, Biraghi, D’Ambrosio e Barella. Noi abbiamo il compito di lavorarci sopra e farli trovare ancora più pronti per il presente e per il futuro”.

Dobbiamo aspettarci un altra grande cavalcata della Juventus o chi non tifa per la Juve può credere in una sorpresa in questa stagione?
“Io penso che credere non costi niente, né per i tifosi dell’Inter, né per il Napoli, né per chiunque. Credere non costa niente ma bisogna essere obiettivi nel guardare la realtà e vedere ciò che ci aspetta. Non penso di aver aspettato la partita con la Juventus per scoprire qualcosa, credo di essere stato chiaro preventivamente dicendo che ci sono due squadre davanti, la Juventus al top e anche il Napoli, hanno costruito e fatto molto negli scorsi anni. Oggi questo gap c’è ed è difficile da mettere in dubbio, da parte nostra c’è sicuramente il fatto che abbiamo iniziato un tipo di percorso, qualcosa che attraverso lavoro, serietà e chiarezza vogliamo che progredisca e migliori nel tempo per tornare competittivi e dare soddisfazioni ai nostri tifosi. Bisogna essere coraggiosi e avere una visione chiara del presente e di quello che può diventare il futuro. C’è un solo verbo che conosco e che dobbiamo conoscere all'Inter che è lavorare, farlo duramente per cercare di arrivare ad essere protagonisti. Non dobbiamo porci dei limiti ma essere onesti nel riconoscere certi valori che non significa non lottare".

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Sezione: Copertina / Data: Dom 13 ottobre 2019 alle 16:07 / Fonte: Dall'inviata Egle Patanè
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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