Su un terreno a dir poco sconnesso e pieno di zone impraticabili, Inter e Genoa iniziano la loro sfida di Tim Cup con schieramenti diversi. Leonardo presenta un undici ordinato in un 4-3-1-2 con interpreti insoliti. Tra tutti, spicca la posizione di Muntari, che il tecnico ‘allontana’ dalla linea dei mediani (Zanetti-Cambiasso-Mariga) e avvicina alle punte Pandev ed Eto’o, con compiti di pressione sul portatore di palla e di inserimento negli spazi. Ruolo da jolly, dunque, per il ghanese, che lo interpreta nel modo giusto (suo l’assist del vantaggio nerazzurro). Ballardini presenta invece un Genoa inquadrato in un 4-4-2 classico, con Rudolf e Boakye in attacco, il baby Jelenic a destra e Kharja in un’insolita posizione di esterno sinistro, finalizzata a frenare le sgroppate di Maicon. Occasione importante anche per il neo acquisto Kucka, in mediana al fianco di Veloso.

Immediatamente si nota una propensione degli attaccanti nerazzurri a muoversi lontani dalla porta: Pandev arretra verso il centrocampo, Eto’o staziona largo a sinistra per sfruttare la sua velocità nell’uno contro uno con Rafinha, più bravo nell’offendere che nel coprire. Quando il camerunese torna ad accentrarsi, però, sono dolori per la retroguardia genoana, che rimedia due gol. Cambiasso è il solito collante tra i reparti, onnipresente, mentre Santon cerca sovente di salire come fa Maicon egregiamente sulla corsia opposta. Nel complesso, forte del vantaggio, l’Inter cerca di mantenere il possesso del pallone e l’avversario si limita a sfruttare gli errori di imprecisione dei nerazzurri per ripartire velocemente. Bravo Boakye a darsi da fare negli ultimi 16 metri. Nel secondo tempo Leonardo richiama lo sconcertato Muntari e manda in campo Biabiany, passando al 4-3-3 con Pandev esterno ed Eto’o punta centrale.

La replica di Ballardini si traduce negli ingressi di Mesto prima (al posto di Jelenic) e di Palacio (per Kharja) e Sculli (per Rudolf) poi: la sostanza non cambia, il Genoa si schiera sempre con il 4-4-2, ma le ali sono decisamente più offensive e il baricentro si alza, soprattutto dopo il gol dell’1-2. La rete di Mariga costringe i rossoblù a spingere e Castellazzi è bravo a non farsi sorprendere. L’ingresso di Obi al 70’ riporta l’Inter a un più ordinato 4-3-1-2 (il nigeriano veste i panni di Muntari), che si limita a contenere e quasi mai ad attaccare. Gli ultimi secondi del match, sul 3-2, vedono Dainelli in attacco per sfruttare i suoi centimetri, ma la a mossa tattica di Ballardini non fa in tempo a produrre nulla.


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Sezione: L'angolo tattico / Data: Gio 13 gennaio 2011 alle 10:55
Autore: Fabio Costantino
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