L’Inter esce dall’inferno del Metropolitano con le ossa rotte, dopo 120 minuti di sofferenza e resistenza all’impeto madridista e una lotteria disgraziata di calci di rigore.
L’Atletico Madrid è in una forma psico fisica devastante. E non sbaglia praticamente nulla in 120 minuti di gioco. Attacca quando deve attaccare per cercare di recuperare il risultato, si abbassa e difende compatta quando deve tenere. La chiave della vittoria madridista sta nei duelli a centrocampo e nella posizione ibrida di Griezmann. Gli uomini allenati dal Cholo si mettono a specchio con l’Inter e i 3 di centrocampo De Paul, Koke e Llorente schermano benissimo le azioni di Barella, Calhanoglu e Mkhitaryan, ripartendo con foga e cercando subito lo scarico sugli esterni Lino e Molina, che giocano molto alti e defilati, tra i quinti e i braccetti dell’Inter. Questa posizione a metà costringe Dumfries e Dimarco ad abbassarsi molto per raddoppiare le folate dell’Atletico, che sviluppa molto il gioco sulle fasce e lascia una diga a centrocampo a 3, con la difesa alta e corta quasi sulla linea dei centrocampisti, per non permettere all’Inter di ripartire velocemente, soprattutto nel primo tempo. Che il gioco su sviluppi a destra, centralmente o a sinistra, è sempre Griezmann, giocatore superiore, a venire in contro e giocare la palla con qualità, attraendo i difensori dell’Inter e liberando spazio per gli inserimenti di uno dei tre centrocampisti. La qualità del gioco dell’Atletico è alta grazie proprio al francese, che con i suoi tocchi e la sua intelligenza tattica non da punti di riferimento, svaria su tutto il fronte tra centrocampo e attacco e porta a spasso De Vrij e Pavard che provano a seguirlo a uomo. Il compito di riempire l’area quando l’Atletico gira palla velocemente è affidato a Morata, che però è troppo statico e impacciato sia quando viene incontro che quando attacca la profondità per ricevere i cross, di fatto non creando grande apprensione alla difesa nerazzurra. Con l’ingresso di Depay e Riquelme nel secondo tempo, l’Atletico diventa ancora più imprevedibile e pericoloso, con uomini di gamba e qualità sulla tre quarti e senza un vero e proprio 9, togliendo quindi un riferimento alla difesa interista che deve sempre accorciare per provare a prendere i giocatori dell’Atletico che con uno due veloci e incursioni palla al piede si rendono sempre pericolosi.
L'Inter prova a rispondere all’impeto degli avversari con compattezza negli ultimi 25 metri e ripartenze, ma tiene sempre un baricentro troppo basso. Per larghi tratti della gara i nerazzurri sono imprecisi tecnicamente e sbagliano tanti passaggi, anche a causa all’aggressione avversaria, riuscendo però in alcuni frangenti ad abbassare il ritmo con il possesso e poi pungere al momento giusto, per evitare di essere totalmente in balia della pressione dell’Atletico che, quando l’Inter comincia a far girare palla dai difensori, si avvicina piano al pallone con tutti gli effettivi, portando una pressione collettiva e bloccando così le linee di passaggio per le due mezzali Barella e Mkhitaryan che sono sempre ingabbiate tra due uomini. Anche Calhanoglu che viene spesso sulla linea difensiva a prendere palla è troppo lento e compassato e non riesce a far girare la squadra con velocità. Quando però l’Inter riesce a trovare subito Thuram, allora si aprono praterie sugli esterni. Quando il 9 riesce a giocare di sponda con qualità per la mezzala che si è riuscita a liberare e correre in avanti, anche gli esterni Dumfries e Dimarco possono correre a campo aperto e creare una sorta di 4 contro 3, scegliendo così se puntare la linea di fondo per crossare o scambiarsi di posizione con un attaccante che viene a lavorare palla fuori e così occupare l’area di rigore centralmente. Lautaro stesso quando riesce a prendere palla, resistere agli assalti di uno strepitoso Witsel e girarsi palla al piede puntando l’area, diventa molto pericoloso perché riesce a saltare la diga preparata dal Cholo a centrocampo. Ma l’Inter complessivamente gioca troppo bassa e compassata, sbaglia troppo tecnicamente e rischia tanto. L’entrata di Bisseck e Sanchez infonde un pò di coraggio e creatività alla banda nerazzurra, schiacciata dalla pressione costante dell’Atletico che con il passare dei minuti si fa sempre più insostenibile. Il tedesco da braccetto gioca da veterano, con autorità, e tenta di uscire dalla pressione con la palla, disegnando anche traccianti interessanti sulla sua verticale. Anche Sanchez con la sua posizione a metà tra in centrocampo e la difesa madrilena riesce a creare problemi, uscendo a prendere palla e facendola girare con velocità sugli esterni o cercando l’imbucata. Dopo 120 minuti di sofferenza è la lotteria dei rigori a decretare la fine dell’avventura in Champions dell’Inter.
Riccardo Despali
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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