"Io volevo giocare". Lo assicura Sinisa Mihajlovic, intervistato dal Corriere dello Sport pochi giorni dopo la gara fantasma del Dall'Ara contro l'Inter. "Da noi Sansone non voleva vaccinarsi. Nessuno lo obbligava. Tuttavia, se il regolamento impone le tre dosi per giocare o le fai o stai fuori - tuona il tecnico del Bologna -. Io dico che devono vaccinarsi tutti, ma dopo la terza dose eliminerei i tamponi. La terza dose riduce Omicron a poco più di un’influenza, lo ripetono gli esperti ed è nei fatti, e se hai l’influenza stai a casa fino a quando non passa, non puoi condannare gli altri a fare lo stesso".

Quando ho letto il post di Sansone, non nego di aver pensato a te, visto quello che hai passato.  
"Al Bologna ho dieci positivi, hanno fatto tutti la seconda dose e tra lunedì e martedì era programmata la terza. Ma mi è stato comunicato che martedì recuperiamo. Con il Cagliari che non ha le coppe. Perché tutta questa fretta? Non alleno i miei da una settimana, lavoro solo con dei primavera, alcuni titolari sono in isolamento fiduciario. Chi metto in campo e in quali condizioni? Che campionato è mai questo? Come si può parlare di regolarità? Capisco l’emergenza, la confusione anche, ma non è accettabile che si proceda sempre a vista".

Indica tu la soluzione.  
"Quindici giorni fa ho avuto la febbre, ma ho più di 7.000 anticorpi e al molecolare sono risultato negativo. La soluzione, lo ribadisco, è la terza dose, questa la mia opinione".

Il Mihajlovic degli ultimi due anni è il migliore di sempre?  
"Le esperienze, gli anni e il lavoro aiutano a crescere, io mi aggiorno in continuazione, e studio, ma nelle squadre in cui ho lavorato ho sempre dato e ottenuto il massimo possibile. A volte sono stato mandato via, altre me ne sono andato io. Ma ho sempre fatto meglio di chi mi aveva preceduto e anche dell’allenatore che mi ha sostituito. Non ho mai capito perché il Milan mi abbia esonerato: ero quinto o sesto e in finale di Coppa Italia. Con quella squadra, che del Milan portava solo il nome, non si poteva fare di più. La stagione seguente ne cambiarono nove su undici. Unici sopravvissuti, quelli che avevo lanciato io".

Sei stato cercato anche dall’Inter, dalla Roma, dal Napoli.  
"Sono come la bella Cecilia, tutti lo vogliono e nessuno lo piglia. Ogni tanto penso che se fossi andato alla Juve qualcosa avrei vinto anch’io, tu che dici? Da calciatore ho ottenuto tutto, da allenatore mi sono pre so qualche bella soddisfazione e sono sicuro che prima o poi arriverà anche il grande club. Il Milan è una top, ma nel mio periodo lo era un po’ meno".

 Le difficoltà di Mourinho ti sorprendono?  
"Allenare a Roma non è come allenare a Torino o Milano, è molto più difficile, è complicato controllare i giocatori, le radio e le tv romane sono presentissime e fanno opinione, talvolta determinano il clima. Roma è immensa, a Torino ci sono quattro gatti e meno distrazioni, lì è più semplice. Al Nord ci sono anche i soldi, il potere".

Due numeri a sostegno: negli ultimi 19 anni gli scudetti se li sono spartiti le due milanesi e la Juve, negli ultimi 29 si sono ripetute ben ventisette volte.  
"Io ho preso il Milan sbagliato, ma come si fa a dire di no al Milan?".



Anche tu sei convinto che quest’anno rivincerà l’Inter? 
"Mai detto. Io spero che a vincere sia il Napoli". Prego?  
"Il Napoli per la gente, mi piace la gente di Napoli. All’Inter sono stato giocatore e vice allenatore, è la mia seconda famiglia. Ma ho una passione speciale per i napoletani, un popolo di cuore, come i serbi. Ecco, forse noi siamo forse un po’ più duri... Io non c’entro un cazzo con Napoli e i napoletani, eppure li sento vicini, affini. Abbiamo la stessa attenzione ai rapporti, coltiviamo il senso dell’amicizia".

Sezione: Rassegna / Data: Dom 09 gennaio 2022 alle 09:42
Autore: Stefano Bertocchi
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