"Bisogna tornare a giocare, lo dobbiamo a noi stessi e al calcio. Noi faremo la nostra parte ma il conto non possono pagarlo solo i calciatori". Parla così Umberto Calcagno, vicepresidente dell’Aic e futuro candidato alla presidenza nella corsa a due con Marco Tardelli, intervistato dal Corriere dello Sport. "Quando si tornerà in campo? Non possiamo saperlo, ma abbiamo la responsabilità di lavorare ogni giorno per creare le condizioni per riprendere la stagione e portarla a termine regolarmente. È quello che stiamo facendo con la Fifpro, il sindacato mondiale, che è interlocutore di Fifa e Uefa, per capire quali tecnicismi adottare per programmare anche la prossima stagione". 
 
Dunque, i calciatori vogliono tornare in campo e vogliono concludere i campionati? 
"Sì. È una questione di responsabilità del sistema sportivo. Se non sarà possibile, sarà solo per colpa dell’emergenza. Ma noi ci auguriamo di uscire presto dalla crisi, quando si tornerà a parlare di calcio giocato sarà un segnale importante per il Paese". 
 
Il modello Juve, con due mensilità e mezzo spalmate sulla prossima stagione, non è replicabile altrove. Giusto? 
"Vero. Alla Juve non c’è nessun contratto in scadenza al 30 giugno, è risaputo che con alcuni calciatori (Chiellini, Buffon e Matuidi, ndr) c’era già l’accordo per il rinnovo. E comunque ricordiamoci che è difficile trovare una sintesi anche all’interno della stessa squadra: ci sono situazioni disomogenee. Il problema però è un altro". 
 
Quale? 
"C’è troppa demagogia sugli stipendi dei calciatori, da parte di tutti. Noi calciatori facciamo la nostra parte, ma tocca anche agli altri soggetti del sistema calcio che è arrivato a questa emergenza con i conti non in ordine. Questa crisi deve essere l’occasione per riequilibrare il sistema e riformarlo". 
 
Cosa chiede l’Aic? 
"Una nuova distribuzione delle risorse, visto che siamo il sistema più sperequato che ci sia in Europa. Parlo di squilibri sia all’interno della Serie A che tra la A e le altre leghe con l’attuale ripartizione stabilita dalla legge Melandri. Per questo vogliamo il Fondo di solidarietà: il 10% di una mensilità lorda deve servire a tutelare i redditi più bassi, penso a chi è al minimo federale ma anche alle ragazze di A e B, ai giocatori di calcio a 5, che sono professionisti di fatto perché vivono di calcio. Ma, ripeto: serve una riforma strutturale, non la soluzione temporanea a un’emergenza". 
 
Per lo stop si è esposto però anche più di un presidente di A, come Cellino e Cairo... 
"Solo il virus può determinare la mancata chiusura dei campionati, non certo il risparmio o la convenienza per qualcuno. Forse non ci rendiamo conto di cosa significherebbe non concludere i tornei: un dramma sportivo. E non oso immaginare la serie di ricorsi. Meglio sforare con questa stagione e concluderla in piena estate piuttosto che passare i prossimi mesi nelle aule dei tribunali e partire comunque in ritardo con la nuova annata". 

Sezione: Rassegna / Data: Ven 03 aprile 2020 alle 09:22 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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