"Quando ho letto sul telefonino che Diego era morto, ho pensato subito a una fake news, come probabilmente tanti di noi. Poi ho visto quante notizie stavano arrivando da tutto il mondo e ho capito che era tutto vero. Incredulo e addolorato, mi sono messo davanti alla tv. Emozioni senza fine, sono tornato indietro nel tempo. Ancora non mi rendo conto che Maradona non c’è più. Un Dio del calcio, un immortale, come Cassius Clay e Kobe Bryant". Così Roberto Mancini, che oggi compie 56 anni, commenta al Corriere dello Sport la notizia della morte di Diego Armando Maradona, suo grande avversario ai tempi delle sfide al vertice tra Samp e Napoli. 

18 novembre 1990, lei al San Paolo segnò un gol che solo Diego sapeva fare. 
"Napoli-Samp 1-4, chi può dimenticare una partita del genere? Il Napoli doveva difendere lo scudetto, noi volevamo quel titolo. Una partita spettacolare, in cui segnai uno dei gol più belli della mia carriera, forse il più bello perché il coefficiente di difficoltà era elevatissimo". 
 
Lancio di Lombardo dalla destra, semirovesciata al volo, quasi in controtempo. 
"Colpisco il pallone al momento giusto, palo e gol: quel giorno ne feci un altro e poi la doppietta di Vialli, uno spettacolo riconosciuto anche da Diego". 
 
In che senso? Le fece i complimenti? 
"Venne negli spogliatoi, 'Hai segnato un gol alla Maradona' mi disse. Fece i complimenti a tutti perché era un campione vero, che sapeva riconoscere il valore degli avversari. Il Napoli aveva già capito che saremmo stati i rivali più tosti nella difesa del titolo". 
 
In effetti la Samp vinse lo scudetto nella primavera del ‘91. 
"Sì, un anno speciale, tanto che battemmo il Napoli anche a Genova, nel ritorno". 
 
24 marzo 1991, stesso risultato del San Paolo: 4-1 per voi. 
"Non dimenticherò mai un giorno così emozionante, soprattutto adesso. Anche quella domenica Maradona venne negli spogliatoi, non avevo segnato ma mi regalò la sua maglia. L’ultima del Napoli. Era rossa, scrisse subito la dedica per mio figlio Filippo, la conservo ancora con orgoglio e passione. Diego resta sempre Diego. Dopo quella partita scappò via e non tornò più". 
 
È stato un grande avversario. 
"Sì, un bravissimo ragazzo, pur con tutti i suoi problemi. Era onesto, sincero e, soprattutto, aveva massimo rispetto degli avversari. Guardate che non è facile, non tutti sono in grado a quei livelli di essere sempre corretti. Io sono stato fortunato, come gli altri giocatori dell’epoca. Dopo una finale di Coppa Italia, a Cremona, litigammo: l’aria era tesa, scaramucce di campo. Rientrò tutto anche grazie alla sua correttezza". 
 
Mancini, finisce un’epoca, cambia la storia. 
"Ma Diego non morirà mai. Ogni immagine del suo talento lo farà resuscitare nella nostra memoria". 

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Sezione: Rassegna / Data: Ven 27 novembre 2020 alle 11:52 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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