Analisi interessante e ricca di spunti quella di Luigi Garlando, che scrive così sulla Gazzetta dello Sport a proposito dell'imminente passaggio in mani cinesi di Inter e Milan. "Il pallone è diventato troppo grande per un portafoglio solo e per rimbalzare nel solo giardino di casa. Richiede investimenti ingenti, capitali e strategie internazionali per sopravvivere ad alti livelli. E’ regola planetaria. Un’evoluzione darwiniana, naturale e, in quanto tale, legittima. Ci sta che Inter e Milan si ritrovino a rivolgersi alla stessa Cina nello stesso tempo. Però si può pretendere da chi acquista un minimo sindacale di passione. Thohir vende dopo 2 anni e mezzo senza aver perso soldi. Anzi. Anche per questo non piangerà. Ha realizzato che non può far fruttare il brand Inter come previsto e ci proverà altrove (Premier). Troppo ingenuo aspettarsi che non sia solo questa la motivazione d’acquisto? Non tutti i prodotti in vendita sono uguali. Un club secolare non vale una fabbrica dismessa. Una squadra di calcio è un patrimonio di valori condiviso, un deposito di affetti, un album di famiglia collettivo. Chi compra deve tenerne conto. I milanisti non sanno ancora che faccia e che nome abbiano i cinesi che trattano con Silvio; gli interisti passano in un lampo dalle promesse di Thohir all’attesa di Suning. I tifosi si guardano attorno confusi, come il «volgo disperso» dell’Adelchi. «Col novo signore si mischia l’antico». Chi comanda? Alle soglie di giugno, quando si progettano le squadre, Inter e Milan non hanno ancora la certezza di una proprietà e di un allenatore. Assurdo, per una piazza storica e innamorata come Milano che merita rispetto e chiarezza. Se non la passione di un tempo".

Sezione: News / Data: Mer 01 giugno 2016 alle 10:27 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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