Ospite sul canale Twitch '2010misterchip', Javier Zanetti, vice presidente dell'Inter, è stato protagonista di una lunga intervista nella quale ha spaziato tra vari argomenti, rispondendo alle domande del giornalista Alexis María Martín-Tamayo Blázquez. Pupi comincia a parlare della sua leadership in campo: "Non so se sono stato un bravo capitano, sicuramente sono stato un capitano che ha dato l'esempio. Non l'ho fatto con le parole, ma con la cultura del lavoro e i comportamenti. Quando uno si ritira, al di là dei trofei, l'importante è avere ottenuto il rispetto dai compagni, dagli avversari, dai tuoi tifosi e da quelli rivali. Questo è gratificante, ho cercato sempre di avere un certo comportamento. Sono sempre stato rispettato da tutti, da capitano non decidevo da solo ma lasciavo che anche i miei compagni risolvessero il problema con me. Per un gruppo questo è fondamentale".
Hai avuto un compagno che aiutava tanto in spogliatoio, pur non giocando tanto?
"Ce ne sono stati tantissimi, ti posso citare l'esempio di Toldo che dovette fare il secondo quando arrivò Julio Cesar ma mantenne sempre l'atteggiamento corretto. Poi Ivan Cordoba che, dopo l'infortunio al ginocchio, giocò meno, ma quando entrava in campo dava il meglio".
Si parla di Mourinho.
"José aveva una grande empatia, è un tecnico che ti convince a fare le cose per quello che ti dimostra. Ha migliorato molto l'Inter, mi ricordo che quando il primo anno vincemmo scudetto e Coppa uscendo in Champions col Manchester, in una notte triste, disse a Moratti che avremmo vinto l'anno dopo comprando 5 giocatori. Ha una grande personalità e una grande intelligenza".
Sapevate che se ne sarebbe andato dopo la finale di Champions?
"No, non lo sapevamo. C'era il dubbio che potesse andarsene, poi ci fu la conferma dopo Madrid. Furono due anni molto intensi, nei quali ognuno del gruppo diede tutto. Il club non vinceva una Champions da 45 anni, fu una stagione unica e speciale. Non fu per nulla facile, l'Inter è stata l'unica squadra a vincere il Triplete. In un mese giocammo solo finali, fummo capaci di fare la storia".
Barcellona-Inter.
"Il Barça era impressionante, avevano tutti una grande classe. Non fu per nulla facile; all'andata, andammo sotto, poi vincemmo 3-1. Sapevamo che il ritorno sarebbe stato difficile, poi si complicò ancora di più dopo l'espulsione di Motta. Era difficile in 11 vs 11, figurati in dieci. Avevamo un solo modo per vincere, quel gruppo aveva uno spirito incredibile, ci importava solo vincere la Coppa. Sapevamo di dover soffrire".
Vi ha dato motivazioni particolari Mourinho prima della gara?
"Conosceva l'ambiente, ci preparò per quello che sarebbe successo in quello stadio. Loro speravano nella famosa remuntada, noi ci preparammo per giocare una finale".
L'Inter di Gigi Simoni.
"L'Inter ha sempre avuto tanti sudamericani perché è un club che è come una famiglia. Tutti ci siamo trovati sempre bene, Simoni era un padre per noi: si era creato un bello spirito di gruppo".
Juve-Inter del '98.
"Quell'anno vincemmo la Coppa Uefa con la Lazio, poi ci fu questa famosa partita, equilibrata. Le decisioni arbitrali furono contro di noi, però fa parte del calcio. Masticammo amaro quel momento, ma si passa anche da queste tappe prima di vincere. Ci siamo rialzati. L'arbitro te lo ricordi? Ceccarini, sì, perché è molto conosciuto".
Hai avuto il privilegio di vedere il miglior Ronaldo.
"Senza dubbio era una macchina, un fenomeno per ciò che dimostrava in campo. Ronie fu impressionante il primo anno, era unico. Visse male il primo infortunio, poi quando si fece male con la Lazio ci fu un silenzio irreale allo stadio. A nessuno importò più della finale, ma solo della salute di Ronie: vederlo soffrire così ci fece male. Ronie si adattò velocemente all'Inter perché c'erano tanti sudamericani e perché era un ragazzo positivo. Sapevamo che dal Barcellona sarebbe arrivato un fenomeno, un giocatore incredibile".
Tanti fenomeni in quegli anni all'Inter, come Baggio che fu decisivo col Real in Champions.
"A San Siro vincemmo 3-1, arrivando primi nel girone. Poi fummo eliminati dal Manchester United. C'erano tanti giocatori forti come Vieri, Recoba...".
Si passa a parlare della stretta attualità: in questo week-end potete vincere lo scudetto dopo tanti anni.
"Serve l'ultimo sforzo, sono contento soprattutto per il lavoro che si sta facendo da due anni. Conte, con il suo staff e i giocatori, sta facendo un lavoro straordinario; l'anno scorso siamo andati molto vicini a vincere e, insistendo con questa cultura del lavoro, i giocatori sono cresciuti molto. E' stato un anno molto difficile per tutti per via della pandemia, c'è stato un grande sforzo. Io personalmente sono sempre agli allenamenti, vicino alla prima squadra. Io rispetto molto tutti, parlo con Conte e i giocatori quando ho occasione".
Questo spogliatoio ti ricorda quello che hai vissuto ad esempio ai tempi di Mourinho?
"C'è differenza perché c'era più esperienza nel nostro; quello di oggi ha tanti giovani, che sono cresciuti moltissimo grazie al lavoro del mister. Sono cresciuti a livello di mentalità, vincere è sempre difficile. Manca poco, solo l'ultimo sforzo: se lo meritano (lo scudetto ndr)".
La Juve viene da 9 scudetti di fila, una dinastia incredibile.
"Per questo non era facile, è un campionato complicato, equilibrato, perché ci sono tante squadre che sono migliorate. Noi abbiamo avuto continuità".
L'ultima partita a San Siro.
"Ero molto emozionato perché in quel momento mi passavano per la testa i 20 anni di carriera in cui ho difeso una sola maglia. C'era la mia famiglia, un momento unico. Credo che mi rimarrà sempre nel cuore per tutto ciò che ho vissuto".
Il tuo laterale destro preferito oggi.
"Dani Alves, poi mi piace molto Montiel. Noi abbiamo Hakimi che, per l'età che ha, può avere un gran futuro".
Vorresti fare l'allenatore?
"No, non ho mai sentito questa necessità di fare l'allenatore, il mio profilo era quello giusto per fare il dirigente. Ma non solo per la parte sportiva, ma con una visione a 360 gradi. Sono felice di questa scelta, che ho preso con molta convinzione dopo il ritiro".
Hai avuto tante offerte per andare via dall'Inter.
"Sì, però per me l'Inter è soprattutto una famiglia. Non succede in ogni club, mi sono sempre sentito a casa".
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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