"Un voto alla mia prestazione di ieri? Ero abbastanza nervoso per il gol subito, quindi mi do un 6. Non è modestia... Non è automatico giocare una bella partita quando si vince". Lo ha detto Francesco Acerbi, durante la presentazione del suo libro 'Io, guerriero', alla Libreria Rizzoli di Milano (Galleria Vittorio Emanuele II), ripensando a Inter-Sassuolo.
"Io vivo il calcio in una certa maniera, potrei stare più calmo alla mia età in certe situazioni. Do molto anche quando dovrei stare più tranquillo, ma questo è il mio carattere", ha aggiunto il difensore nerazzurro.
Parlando dei temi toccati nella sua autobiografia, Acerbi racconta il suo legame col padre: "Era molto presente, è grazie a lui che non ho mai mollato e sono diventato il giocatore che sono oggi. Poi è vero che a volte il rapporto è stato anche conflittuale".
In seguito, Acerbi tocca anche il discorso della malattia: "La mia esperienza al Milan è stata negativa per forza di cose, ma non posso neanche paragonare il Francesco di adesso a quello di prima. Ringrazio che dopo la malattia ho avuto una seconda possibilità. Non rimpiango quello che ho fatto perché ormai è il passato. Ho detto: 'Ora mi riprendo tutto quello che ho lasciato indietro'. Le chemio erano pesanti, ma mi sono detto 'proviamo questa nuova esperienza'. Non ho avuto paura di morire, non mi è mai passata per la testa questa idea. Non era una malattia terminale".
Spazio anche a una battuta sul famigerato sorrisetto dopo il gol di Tonali in quel Lazio-Milan che rilanciò le ambizioni scudetto dei rossoneri nella corsa a due con l'Inter: "Era come dire: "Quest'anno va così". Un sorriso ironico. Quando vogliono romperti le scatole, non c'è niente da fare".
Acerbi svela anche una curiosità sul suo arrivo all'Inter: "Mi dissero 'sono a posto', non c'era la possibilità. Sono stato molto vicino al Napoli, c'era anche il Marsiglia. Ero anche contento, era un motivo d'orgoglio. Poi alla fine l'Inter era in difficoltà e Inzaghi ha spinto perché venissi all'Inter. Prima di venire a Milano sono stato una settimana a casa di mia mamma. Eravamo a pranzo e ho pensato: "Vabbé, fammi chiamare Sarri'. Io sono andato via per lui, ma ho detto: 'Tanto il posto me lo riprendo'. Erano le 2 del pomeriggio e il mercato finiva alle 8".
Inevitabile il passaggio sulla vittoria dello scudetto della seconda stella: "Se non ha un gruppo forte, non porti a casa certi risultati. Il nostro è un gruppo bello, che si trova bene insieme: questo fa la differenza. Anche Inzaghi faceva stare bene tutti. Quel campionato lì è andato via liscio, vai a Napoli e vinci 3-0 con un tiro in porta nel primo tempo. Il fallo da rigore su Osimhen? Ma no, dai (sorride, ndr)".
Acerbi torna sulla stretta attualità, nello specifico parlando di Chivu: "E' diverso da Inzaghi, ma è molto preparato. Fa star bene il gruppo, ha umanità. Non pensavo nulla di lui, però è il suo primo anno in Serie A... E' un ragazzo che ci mette molta passione, si vede che ha giocato a calcio e si vede che è stato in spogliatoi vincenti. E' già pronto per questo (mestiere, ndr), poi di calcio ne capisce: siamo molto contenti di averlo".
Infine, un altro passo indietro, precisamente al 31 maggio: "Intanto il PSG era molto forte, ma noi eravamo cotti mentalmente. Col senno del poi, avendo battuto Bayern e Barcellona, avevamo addosso l'etichetta dei favoriti, avevamo l'obbligo di vincere. Abbiamo fatto un percorso faticoso, tra infortuni e robe varie. La tensione è durata fino all'ultima giornata in campionato, pensando a un passo falso del Napoli. Eravamo giù di morale (dopo lo scudetto perso, ndr), anche se dovevamo giocarci la finale di Champions. Dovevamo vincere per forza per non buttare via la stagione, siamo arrivati là troppo scarichi. Anche dopo la partita non eravamo incazzati, niente".
In coda alla chiacchierata, Acerbi ripensa al gol segnato contro il Barcellona nella semifinale di ritorno di Champions League: "Ogni tanto vado in attacco, così an caso (ride, ndr). Dopo il 3-2 mi è venuto da dire 'Bravi, loro'. Non ero incazzato, anche se avevamo subito la rimonta. Sono dei fenomeni dal centrocampo in su, Yamal non pensavo fosse così forte. Anche Raphinha... Poi ho detto 'perché devo aspettare di prendere il 4-2?'. Non ho chiesto a nessuno il permesso di salire, poi mi sono messo subito in fuorigioco aspettando la palla in area. Alla fine è arrivato Denzel, il suo cross è passato tra le gambe dell'avversario e io ho fatto il movimento verso la porta. Lì mi sono detto: 'Mal che vada sbaglio'".
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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