Nuovo ospite per Drive Inter, in viaggio. Dejan Stankovic è al fianco di Nagaja Beccalossi su Inter Channel, per raccontarsi. Ecco quanto FcInterNews.it ha raccolto, a partire dalle discussioni sulla sua routine: "Ogni giorno un allenamento, quando esci dal cancello della Pinetina comincia la giornata. I pensieri dipendono da quanto è successo prima, possono essere legati alla famiglia o al calcio. L'adrenalina si fa sempre sentire, specialmente quando si gioca la sera. Vivo sempre la mia routine allo stesso modo, è giusto così perché la passione e la grinta ti tengono la testa sempre impegnata. Così affronto tutto con concentrazione massima, non riesco a fingere. Io do tutto, il cuore, l'anima e il massimo che ho. Poi a volte riesco e a volte meno, quello che conta è essere chiari e puliti con sé stessi e con gli altri".
Stankovic tende a criticarsi, "perché se ho giocato male lo so io prima dei giornali (sorride, ndr). Sono il primo a criticarmi, davvero. I miei figli poi seguono tutto - prosegue Deki -, tre maschi cresciuti nel calcio che sanno tutto di tutti. Si allenano all'accademia dell'Inter, sono bravini ma soprattutto bravi ragazzi. A scuola mi danno soddisfazione, devo ringraziare mia moglie che dedica loro tempo". Con l'infortunio, però, Dejan ha fatto da papà a tempo pieno: "Mi sveglio presto, li porto sempre a scuola quando posso. La mattina è bello fare le prime chiacchiere, poi dritto ad Appiano per cure e terapie. Finalmente, dopo sette mesi grazie a Dio sto facendo allenamenti importanti e ho cambiato ritmo. Sta andando bene ma non diciamo niente. Ci tengo tanto però ai miei figli e al lavoro; io so un italiano di strada, loro invece devono saperlo perfettamente come anche l'inglese".
Lasciare Belgrado fu durissima, "perché si passa da zero a cento. Belgrado è una città grossa, bella e divertente, poi sono arrivato a Roma giovanissimo, a 19 anni. Ero con mia moglie, sono passati 15 anni, siamo cresciuti e in fretta sono diventato maturo. A 16 anni ero già in prima squadra, a 18 anni capitano della Stella Rossa. Con i miei genitori c'è sempre stato un bel rapporto, io assomiglio tanto a mio papà come carattere". E la duttilità, un'arma di Stankovic: "Una fortuna, ho giocato ovunque. In tanti si lamentano, ma quella che conta è saper giocare in qualsiasi ruolo. Alla Stella Rossa, nelle giovanili, ho fatto anche il libero e l'attaccante; poi, sono diventato centrocampista. Mi spostavano sempre tra più avanti e più indietro, alla Lazio ho fatto l'ala, dietro le punte, anche la seconda punta. Zaccheroni mi sfruttava da mezzo sinistro dietro gli attaccanti, adesso anche davanti alla difesa".
Il tempo corre per Dejan, "sono stato molto fortunato in carriera. E il tempo vola. Ho cambiato solo tre squadre, ho giocato nella squadra che tifo, cioé la Stella Rossa. Dico grazie alla Lazio perché mi ha fatto fare esperienza con i più forti al mondo, e poi l'Inter. Ovvero la casa, mi sento uno di famiglia. Non mi vedo lontano dall'Inter, mi hanno chiesto mille volte se potessi andar via. Non ci sono mai cascato, sto bene qua. Ho dato abbastanza, posso dare ancora tanto dopo 7 mesi di riposo (ride, ndr). Non vedo l'ora di tornare e di dare tutto. Come fa Zanetti, un esempio impressionante, bisogna sempre andare avanti. Ho avuto alti e bassi nella mia carriera, ma l'affetto di tutti mi ha sempre fatto tenere duro. I tifosi in questo momento mi stanno dando una forza incredibile, mi conoscono come uno che non molla".
Intanto l'Inter cresce, "e la vedevo da fuori - dice Stankovic -. Siamo più convinti, è tornata la fame. Ora siamo inciampati dopo la Juventus, ma è una cosa che ci sta. Dobbiamo continuare e non mollare, ogni tanto siamo penalizzati pure da qualche decisione arbitrale. Vedete col Cagliari, un errore evidente. Si possono sbagliare cose dubbie, l'episodio contro di loro era netto. Ma mettiamo tutto da parte. Stramaccioni? Non mi ha sorpreso nulla. Quando ci siamo presentati al primo giorno, mi ha detto tantissime cose su come sarebbe stato e come avrebbe visto la squadra per il futuro. E ha messo in campo tutto, sta rispettando le promesse. Gli faccio i complimenti, davvero. Lui è un allenatore giovane, ma è sveglio, furbo e trasparente. Sa essere diretto e con idee chiare. Queste sono le sue qualità che sottolineo sempre".
Non solo Stramaccioni, anche Montella: "Sta facendo un grandissimo lavoro, sono contento perché lo conosco e alla Fiorentina sta costruendo qualcosa di ottimo". Ma per Deki il futuro è da allenatore? "Per adesso non ci penso, l'idea è tornare a giocare. So che quando si smette bisogna decidere cosa fare, dove andare, se allenare o meno. Per ora non ci penso, ma non si sa mai. Materazzi? Un osso duro, un altro uomo diretto e trasparente. Ci sentiamo spesso con Marco, gli ho detto che potremo lavorare insieme come primo e secondo. Ma scherziamo ovviamente, lui si prende le responsabilità (ride, ndr). Mi ha detto di giocare ancora, finché non mi stanco. Materazzi è un grandissimo, più di un fratello".
Con la nazionale serba invece "è mancato pochissimo, una partita, per volare agli Europei. Ma un anno fa, a novembre del 2011, ho detto basta. Quella decisione era nell'aria. Mi dispiaceva tantissimo, ho iniziato con le nazionali under a 13 anni. I primi stage e tutto il resto, ho fatto 20 anni in nazionale e conosco tutti. E' stata dura, ma la scelta è arrivata al momento giusto. Mi dispiace solo non aver potuto lavorare con Mihajlovic. Parlando tra noi, se serve al Paese e alla Serbia e mi dicono: 'Devi tornare', allora va bene e torno indietro. Sinisa sta facendo un ottimo lavoro, porta tanti ragazzini in nazionale, gli auguro un 'in bocca al lupo' enorme". E che bravo quel Lazar Markovic del Partizan che segue l'Inter, "il più interessante di tutti. E' giovane, bravo. Gli auguro di essere sano, tranquillo e umile perché non ha ancora fatto niente. Deve pedalare tanto, ma la strada per lui che è bravissimo c'è. Non deve sbagliare all'incrocio".
I maestri della carriera, in panchina. Tantissimi, "passando da Eriksson a Mancini fino a Zoff. Con Roberto è partita la striscia vincente, poi lo Special One su cui non c'è niente da dire. Lui è lui, e basta. Il rapporto tra me e José Mourinho è stato chiarissimo. Mi avevano scaricato già tutti sui giornali, fuori con Sinisa e Mancini. Poi, il 16 luglio arrivo alla Pinetina e José mi aspetta sulle scale. Ho detto: 'Eccoci qua, è il momento di fare le valigie'. E invece mi ha detto che sarei stato parte della squadra, che mi voleva a livelli altissimi e che ci stava essere amico di Mancini. 'Nessuno può dire che tra due mesi non saremo amici', e così è stato. Poi una breve parentesi con Benitez, una bella esperienza con Leonardo. Io vado d'accordo con tanti, perché ci penso due volte prima di fare qualche caz****...", conclude Dejan. Con un sorriso, aspettando il campo: "Spero che ci vediamo presto!". Parola di Drago.
Autore: Fabrizio Romano / Twitter: @FabRomano21
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