San Siro candidato a Patrimonio dell'Unesco. È questa la mossa escogitata della Lega per allontanare l'ipotesi di una demolizione della Scala del Calcio: il Carroccio chiederà al Sindaco di Milano Giuseppe Sala di bollare lo stadio meneghino come un vero e proprio monumento da tutelare. Tra scambi di vedute e dibattiti politici, il Meazza di sabato sera si veste di rosso ed ospita i suoi potenziali cesaricidi: Inter e Milan. In programma la stracittadina numero 224 della storia, a 96 anni dal 6-2 nerazzurro firmato Cevenini e Bernardini. Aspettative alte da entrambe le parti, ma in fin dei conti la sfida si può riassumere in sole due parole: monologo nerazzurro. "Potete starne certi: stasera Lukaku segnerà". Parola di un certo Sandro Mazzola, detto anche Nostradamus. Il belga timbra il cartellino per la rete del definitivo 2-0 (di Brozovic il gol che apre le danze) e il Diavolo resta all'Inferno. Il finale è un tripudio: Conte non sa come nascondere la sua felicità, Barella esulta con il sorriso del più ingenuo dei tifosi. Oriali non lo contieni: c'è poco da fare, corre e abbraccia chiunque. Sarà contento anche Peppino Prisco.
Il suo primo derby, Antonio Conte lo stravince: dopo la mazzata europea rimediata contro lo Slavia Praga, la Beneamata torna a giocare il calcio di cui è in grado e per larghi tratti di gara non fa vedere palla ai coraggiosi avversari (certi, stando a diverse dichiarazioni rilasciate da alcuni tesserati, d'imporsi al cospetto dell'Internazionale). I nerazzurri fanno quel che vogliono e si rivelano assoluti padroni del rettangolo di gioco: gestiscono in maniera magistrale non soltanto l'ampiezza, ma anche la profondità del campo, occupando bene gli spazi attraverso un 3-5-2 che spesso si trasforma in un "fresco" 3-4-3. Sembra di rivedere il Barcellona di Cruijff. La difesa, oramai, è una certezza: Diego Godin potrebbe anche difendere il confine tra Usa e Messico. Possibilmente con una porta da calcio alle sue spalle. De Vrij palla al piede è un architetto e si permette anche di annientare il numero 9 avversario: piacere, io sono Krzysztof Piątek e Lei non ha bisogno di presentarsi. Skriniar neanche lo vedi: è come Facchetti ai tempi della Nazionale, fa il suo in silenzio lungo il fronte mancino senza destare lo sguardo di nessuno.
ROMAGNOLI, PERCHÉ NON SALTI? - L'Inter mette a nudo tutti i difetti dei cugini: testa alta e non saper giocare, si direbbe. In fase d'impostazione ciascuno delega i compiti al prossimo: personalità zero, inaccettabile in una vetrina così prestigiosa. Qualche strappo in profondità si registra nel primo tempo, ma centrocampo e attacco sono troppo distanziati. Il rapido Leao, dopo un paio di progressioni palla al piede, capisce che dinnanzi a Godin non è il caso di fare il giocoliere e, pian piano, si eclissa. I terzini sono forse i peggiori tra tutti i rossoneri in campo: Ricardo Rodriguez sbaglia parecchio e un fallo piuttosto ingenuo commesso da Conti su Sensi partorisce l'azione che porta al vantaggio firmato Marcelo Brozovic (una bellezza assistere alla scena del pallone che muore in rete accarezzando l'erba con Donnarumma spiazzato). Il colpo del k.o. arriva direttamente da Anversa: Barella crossa deliziosamente e Romelu Lukaku si erge con il suo fare da titano. Un metro e novantuno d'altezza, novantaquattro chili di massa. "Cosa salto a fare?", si domanda il capitano del Milan Alessio Romagnoli. Che infatti non salta. Ed è due a zero, con gol "alla Icardi" del gigante buono. Il numero 13 del Diavolo, come se non bastasse, viene anche umiliato da Lautaro Martinez con un tunnel d'autore.
BOLINGOLI BUM BUM - "Il Milan non ha fatto nulla, avremmo potuto vincere con un margine ben più ampio". In un italiano perfetto, Lukaku si esprime in questo modo a margine del suo primo derby, nel quale è già riuscito ad andare a segno. Non ha tutti i torti: D'Ambrosio scheggia un palo a porta vuota che solo lui sa come abbia potuto sbagliare; Politano sfiora il gol dalla distanza stile Salah (solo la traversa gli nega la gioia personale) e Candreva riscrive le leggi della fisica con un'occasione sciupata che grida vendetta. Rossoneri affievoliti. Iconica la punizione calciata da Lucas Biglia intorno all'80' di gioco: palla in curva, con la tifoseria milanista che intende quel che deve intendere. Tant'è che Matteo Salvini, in quel preciso istante, decide di abbandonare San Siro in largo anticipo. Onomastico infelice.
"Sentivo la pressione: vincere un derby è importante per conquistare la fiducia dei tifosi", confessa Antonio Conte nel post-gara. "Ma non ho bisogno di essere accettato da nessuno", puntualizza il nuovo Mago nerazzurro con il suo solito fare da professionista. Dopo la mezza sconfitta di Champions, il tecnico nerazzurro ha trascorso due notti insonni. Rigenerandosi, il sabato successivo, con la sua prima vittoria da allenatore della Beneamata contro il Milan. L'Inter è prima in classifica a punteggio pieno, dopo quattro giornate di campionato. Quando si dice "mentalità vincente"...
Autore: Andrea Pontone / Twitter: @_AndreaPontone
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